Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-07-2011) 20-09-2011, n. 34370

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.F. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che ha confermato il giudizio di colpevolezza emesso dal Tribunale nei suoi confronti per il reato di furto aggravato dalla destrezza, pur riformando il giudizio di comparazione tra le circostanze, estendendo il giudizio di equivalenza della concessa attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, anche all’aggravante del furto, oltre che alla recidiva (in dispositivo, per errore, si fa peraltro improprio riferimento alle attenuanti generiche).

Con il ricorso si contesta il giudizio di responsabilità, che si ritiene non logicamente motivato, in ragione della valenza attribuita alla deposizione di una testimone, che, invece, si assume, non poteva ritenersi credibile, anche per il tempo ormai decorso dal fatto.

Si contesta poi il riconoscimento dell’aggravante della destrezza: il furto aveva avuto ad oggetto la borsetta di una dipendente di un supermercato custodita in un locale diverso da quello ove si trovava la p.o., onde sarebbe mancato l’approfittamento delle migliori condizioni per la sottrazione che presupporre la costante presenza e vigilanza della vittima sulla cosa.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Quanto alla doglianza sulla responsabilità, in realtà, il ricorrente, a fronte di una "doppia conforme" valutazione dei giudici di merito, che hanno analizzato e verificato il compendio indiziario, articola una censura che attinge il "merito" dell’apprezzamento giudiziale sulla valutazione delle prove. La valutazione del compendio indiziario, infatti, compete al giudice di merito, il quale, in proposito, nella vicenda de qua, ha sviluppato satisfattiva motivazione, facendo applicazione corretta dei principi di diritto operanti nella subiecta materia. Basta ricordare, in proposito, che il giudice di merito si è ampiamente soffermato sul punto controverso, analizzando le versione fornita dalla testimone, non solo attraverso la considerazione che le apparenti imprecisioni riguardavano circostanze marginali ed erano dovute al decorso del tempo, ma anche non trascurando di sottolineare il rilievo del riscontro della testimonianza della p.o. In tal modo, è stata fornita sull’addebito ampia e esauriente motivazione.

Quanto alla contestata aggravante della destrezza, secondo la migliore opinione, in tema di furto aggravato, la condotta di destrezza è qualificata dall’esistenza di una particolare abilità dell’agente idonea a neutralizzare le ordinarie difese della persona offesa (non a caso l’ipotesi più frequente in cui si verifica questa situazione è quella del cosiddetto "borseggio", nel quale l’agente riesce a porre in essere tutte le cautele necessarie per evitare che la persona offesa si renda conto di quanto sta avvenendo sulla sua persona o sui suoi accessori, borsa, ecc). Ne deriva che, perchè possa ravvisarsi la destrezza, è comunque necessario l’approfittamento di una qualunque situazione di tempo e di luogo idonea a sviare l’attenzione della persona offesa, distogliendola dal controllo che normalmente viene esercitato sulla cosa al fine di garantirsene il possesso (v. Sezione 4, 17 febbraio 2009, Scalise, rv. 243207).

Qui, in vero, emerge dalla ricostruzione del fatto che la res è stata sottratta in un locale- ufficio adibito a deposito-spogliatoio, all’interno di un supermercato nell’ora di punta, quando vi erano molti clienti ed il personale era particolarmente impegnato a servire l’utenza,così da far legittimamente ritenere che l’agente abbia profittato di circostanze particolarmente favorevoli e della attenuata difesa da parte del possessore della cosa e che, pertanto, ricorrano gli indicati presupposti dell’aggravante.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 (cinquecento) a titolo di sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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