Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-07-2011) 20-09-2011, n. 34369 Ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza con la quale G.A. è stato ritenuto responsabile di aver guidato in stato di ebbrezza (tasso alcolemico accertato di 1,92 – 1,93), ha sostituito la pena dell’arresto al medesimo inflitta con quella dell’ammenda così determinando la pena complessiva in Euro 1060,00. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato. Con un primo motivo propone ex art. 609 c.p.p., comma 2, istanza per la conversione della pena pecuniaria irrogata in quella del lavoro di pubblica utilità; fa presente che dopo la presentazione dell’appello, il legislatore ha modificato l’art. 186 C.d.S., introducendo, con la L. n. 120 del 2010, art. 33 la possibilità di sostituire la pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità; si tratta di disposizione più favorevole al reo sia per le modalità di esecuzione, evidentemente meno gravose, sia per gli effetti previsti in caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, quali la dichiarazione di estinzione del reato, la riduzione della metà della sanzione amministrativa della sospensione della patente e la revoca della confisca del veicolo. Con un secondo motivo deduce la inosservanza di norme processuali in relazione all’art. 366 cod. proc. pen. per l’omesso avviso di deposito del verbale di alcoltest; nella sentenza di appello si da atto della esistenza di orientamenti contrastanti al riguardo e dunque il difensore sollecita la rimessione del ricorso alle sezioni unite.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. In ordine alla prima questione posta, quella della sollecitata applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, introdotta dalla L. n. 120 del 2010, rileva in primo luogo il Collegio che, pur trattandosi di norma sostanziale, la stessa non può trovare applicazione nel presente caso. E’ vero infatti che la legge di cui sopra è entrata in vigore dopo che l’imputato aveva appellato la sentenza del Tribunale, e dunque l’imputato non poteva sollecitare in sede di impugnazione l’applicazione della nuova norma, ma è vero anche che la sentenza della Corte di emessa in data 14 gennaio 2011, dopo l’entrata in l’imputato avrebbe potuto e dovuto sollecitare l’applicazione del nuovo trattamento da parte della Corte di appello. In ogni caso, la richiesta è comunque infondata atteso che con la L. n. 120 del 2010 è stata inasprita la pena detentiva prevista per il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. C (contestato all’imputato), pena che è passata da tre a sei mesi di arresto, e dunque il trattamento sanzionatorio per il reato stesso, da valutarsi complessivamente (Cass. 111 19.5.2004 n. 23274 rv 221728) senza poter procedere ad una combinazione delle disposizioni più favorevoli delle due leggi, è da ritenersi più grave del precedente.

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato dal momento che il ricorrente non tiene conto che la giurisprudenza di questa Corte, dal medesimo richiamata, prevede una nullità a regime intermedio che deve dunque essere eccepita prima del compimento dell’atto o immediatamente dopo il compimento dello stesso, mentre nella specie, come peraltro già è stato rilevato dalla Corte di appello, l’eccezione non è stata sollevata neppure a seguito della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, con piena preclusione.

3. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *