Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-01-2012, n. 1242 Litisconsorzio necessario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. – La Banca Commerciale Italiana S.p.a., creditrice dell’Hotel dell’Eremo S.r.l., convenne in giudizio M.G.M., che aveva prestato fideiussione per la società debitrice, chiedendo, ai sensi dell’art. 2901 c.c., la dichiarazione d’inefficacia dell’atto per notaio Fortini de 27 giugno 1996, rcp. 15473, con cui la M. aveva costituito in fondo patrimoniale i beni immobili di sua proprietà. 1.1. – Con sentenza del 18 marzo 2002, il Tribunale di Viterbo accolse la domanda.

2. – L’impugnazione proposta dalla M. nei confronti di Intesa Gestione Crediti S.p.a., in qualità di mandataria di Banca Intesa S.p.a. (già Intesa Bei S.p.a.), succeduta per incorporazione alla Banca Commerciale Italiana, è stata rigettata dalla Corte d’Appello di Roma con sentenza del 10 aprile 2008.

A fondamento della decisione, la Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ha ritenuto che la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di P.M., coniuge della convenuta e parte dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, non comportasse la nullità della sentenza di primo grado, in quanto il coniuge non debitore non è litisconsorte necessario nel giudizio avente ad oggetto l’azione revocatoria, la quale incide esclusivamente sulla situazione soggettiva dell’altro coniuge.

3. – Avverso la predetta sentenza la M. propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. Resiste con controricorso S.V., in qualità di procuratore di Italfondiario S.p.a., a sua volta mandataria di Intesa San Paolo S.p.a. (già Banca Intesa S.p.a.).

Le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. – Con l’unico motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 167, 168, 180 e 2901 c.c., nonchè degli artt. 101, 102 e 354 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che il coniuge non debitore assuma la posizione di litisconsorte necessario nel giudizio avente ad oggetto la dichiarazione d’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale. Sostiene infatti che. essendo la domanda rivolta contro il vincolo costituito sui beni confluiti nel fondo, la relativa sentenza incide necessariamente sulle situazioni soggettive del coniuge non debitore, in ragione della natura reale del vincolo derivante dall’atto costitutivo, la quale impone che la dichiarazione d’inefficacia faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il fondo è stato costituito. Tale provvedimento, d’altronde, danneggia anche gl’interessi del coniuge non debitore, al quale spetta l’amministrazione del fondo, di-sgiuntamente dall’altro coniuge, essendo entrambi solidalmente titolari del diritto sui beni che costituiscono oggetto della convenzione, quand’anche gli stessi siano di proprietà esclusiva.

1.1. – La questione posta con la predetta censura. avente ad oggetto la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti di P.M., coniuge della ricorrente e parte dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale che forma oggetto dell’azione revocatoria, fa apparire infondata l’eccezione d’inammissibilità o improccdibilità del ricorso sollevata dal controricorrente, il quale fa valere l’inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, osservando che la ricorrente non ha prodotto nè indicato in maniera specifica gli atti ed i documenti sui quali si fonda il ricorso.

A fondamento del motivo, la M. ha infatti richiamato l’atto per notaio Fortini del 27 giugno 1996. con il quale fu costituito il fondo patrimoniale, specificando di averlo prodotto fin dal giudizio di primo grado ed indicando il numero con cui è riportato nel foliario del relativo fascicolo di parte, nonchè trascrivendone nel ricorso i passi salienti. Tali indicazioni, unitamente all’avvenuta produzione del fascicolo di parte del giudizio di primo grado, appaiono più che sufficienti ai fini dell’osservanza delle norme invocate dal controricorrente, le quali non richiedono la separata elencazione dei documenti o l’allegazione degli stessi al ricorso. purchè dal contesto dell’atto emergano tutti gli elementi necessari per la loro individuazione ed il loro reperimento tra gli atti di causa. Gli adempimenti prescritti dall’art. 366, n. 6, e art. 369, comma 1, n. 4, mirano infatti a consentire l’individuazione dei documenti rilevanti e della fase in cui sono stati prodotti, ai tini della precisa delimitazione del thema decidendum, essendo precluso al giudice di legittimità di esorbitare dall’ambito dei quesiti che gli sono stati sottoposti e di porre a fondamento della decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente (cfr. Cass., Sez. Un., 2 dicembre 2008, n. 285476; 31 ottobre 2007. n. 23019; Cass., Sez. 3^, 25 gennaio 2010, n. 29; 12 dicembre 2008, n. 29279).

1.2. – La censura è peraltro fondata.

Questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui la natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo patrimoniale in vista del soddisfacimento dei bisogni della famiglia, e la conseguente necessità che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il fondo è stato costituito, comportano che nel giudizio avente ad oggetto l’azione revocatoria promossa nei confronti dell’atto costitutivo la legittimazione passiva spetta ad entrambi i coniugi, anche se l’atto sia stato stipulato da uno solo di essi, non potendo in ogni caso negarsi l’interesse anche dell’altro coniuge, quale beneficiario dell’atto, a partecipare al giudizio (cfr. Cass., Sez. 3^, 18 novembre 2011. n. 21494; Cass., Sez. 1, 13 luglio 2006, n. 15917).

Con riferimento al caso in cui. come nella specie, l’azione revocatoria promossa dal creditore personale di uno dei coniugi abbia ad oggetto un fondo patrimoniale al cui atto costitutivo abbiano preso parte entrambi, il fondamento di tale legittimazione è stato peraltro individuato nel l’alto stesso di tale partecipazione, nonchè nella circostanza che, ai sensi dell’art. 168 c.c., la proprietà dei beni costituenti il fondo spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo (cfr. Cass., Sez. 1^, 17 marzo 2004, n. 5402).

E’ pur vero che nel caso in esame l’acquisto in favore del P. della comproprietà del bene la cui costituzione in fondo patrimoniale forma oggetto dell’azione revocatoria appare quando meno dubbio, avuto riguardo all’ambiguità della formula utilizzata nell’atto costitutivo, il quale, come si evince dalla trascrizione contenuta nel ricorso, prevedeva che la proprietà dei beni vincolati sarebbe spettata ai coniugi "ciascuno per quanto di loro spettanza", dettando, per quanto riguarda l’amministrazione e la disposizione dei beni, una disciplina che sostanzialmente ricalcava quella di cui all’art. 168 c.c., comma 3, e art. 169 c.c.. Tale circostanza non appare tuttavia sufficiente a far escludere l’interesse del P. all’esito del presente giudizio, non potendo condividersi l’orientamento espresso in alcune pronunce di questa Corte, secondo cui la revocatoria della costituzione del fondo patrimoniale può incidere soltanto sulla posizione soggettiva del coniuge debitore, rimanendo l’altro estraneo all’azione, ancorchè sia stato uno dei contraenti dell’atto costitutivo, come si desume dalla circostanza che i suoi beni non possono essere aggrediti e restano nel fondo patrimoniale (cfr. Cass., Sez. 3^, 23 febbraio 2010, n. 4341; 29 aprile 2009. n. 10052; 3 1 maggio 2005, n. 11582). L’ovvia considerazione che la revocatoria del fondo patrimoniale non può produrre effetti rispetto ai beni eventualmente conferiti dal coniuge non debitore non consente infatti di escludere che nei confronti di quest’ultimo l’accoglimento della domanda sia destinato ugualmente a produrre effetti pregiudizievoli. Anche nell’ipotesi in cui la costituzione del fondo non comporti un effetto traslativo, essendosi il coniuge o il terzo costituente riservato la proprietà dei beni, il conferimento nel fondo comporta l’assoggettamento degli stessi ad un vincolo di destinazione, con la costituzione di un diritto di godimento attributivo delle facoltà e dei doveri previsti dagli artt. 167 – 171 c.c., il cui venir meno per effetto dell’accoglimento della revocatoria rappresenta un pregiudizio di per sè idoneo a rendere configurabile un interesse del coniuge non proprietario tale da imporne la partecipazione al giudizio.

La circostanza che il P. sia stato parte dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale fa poi apparire non pertinente il richiamo della difesa del controricorrente alla sentenza del 23 aprile 2009, n. 9660, con cui le Sezioni Unite di questa Corte, a composizione di un contrasto di giurisprudenza, hanno enunciato il principio secondo cui il coniuge non debitore che non abbia partecipato all’acquisto o alla vendita di un immobile posto in essere dall’altro coniuge in regime di comunione legale non è litisconsorte necessario nel giudizio avente ad oggetto la revocatoria fallimentare dell’atto.

Tale affermazione trae fondamento dal rilievo che la revocatoria fallimentare (al pari di quella ordinaria) non incide direttamente ed immediatamente sulla contitolarità del diritto di proprietà da parte dei coniugi, ma solo sull’opponibilità del negozio ai creditori, in quanto il suo accoglimento non determina un effetto restitutorio nè un effetto traslativo a favore della massa dei creditori, ma solo l’inefficacia relativa dell’atto, rendendo il bene assoggettabile all’esecuzione concorsuale, senza provocarne la caducazione ad ogni altro effetto. Rispetto ad essa, secondo le Sezioni Unite, non trova pertanto giustificazione la posizione di litisconsorte necessario del coniuge che sia rimasto estraneo alla stipulazione dell’atto, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la circostanza che egli sia divenuto parte del relativo rapporto, come effetto legale dell’atto compiuto dall’altro coniuge o dell’implicito consenso desumibile dal mancato esercizio dell’azione di annullamento nei termini di cui all’art. 184 c.c.. Il rilievo decisivo attribuito, nel predetto ragionamento, all’estraneità del coniuge non debitore rispetto all’atto posto in essere dall’altro coniuge, impedisce di estendere il predetto principio all’ipotesi in cui, come nella specie, il primo sia stato parte dell’atto, ponendosi pertanto come destinatario diretto ed immediato dei relativi effetti, non imputabili alla sua sfera giuridica in virtù del descritto meccanismo legale, ma ricollegabili senz’altro all’atto che costituisce oggetto dell’azione revocatoria. Sotto un diverso profilo, poi, non può trascurarsi l’evidente diversità della posizione del coniuge in comunione legale da quella del coniuge destinatario degli effetti del fondo patrimoniale, la cui estraneità all’atto posto in essere dall’altro coniuge non è predicabile neppure con riguardo all’ipotesi in cui l’iniziativa ed i beni provengano da quest’ultimo, avuto riguardo alla necessità del consenso di entrambi sia per la costituzione del fondo che per l’alienazione dei beni che ne fanno parte.

2. – La sentenza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 1, al Tribunale di Viterbo, il quale provvederà, in diversa composizione e previa integrazione del contraddittorio nei confronti di P. M., anche al regolamento delle spese relative alla fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Viterbo, anche per la liquidazione delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *