Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-01-2012, n. 1240 Difformità e vizi dell’opera

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.G., con atto di citazione del 21 maggio 1999, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Ariano Irpino, L. C.A., chiedendo che venisse accertato e dichiarato che le infiltrazioni di acqua nell’appartamento di proprietà dell’attore fossero dovute alla non perfetta esecuzione delle opere d’impermeabilizzazione e di rifacimento dei sovrastanti: terrazza e balconi di copertura, che, pertanto, il convenuto venisse condannato all’esecuzione d’ogni intervento atto ad eliminare radicalmente le cause del fenomeno infiltrativo o, in alternativa, al pagamento del corrispettivo degli effettuandi lavori, nonchè al pagamento del risarcimento dei danni subiti.

Si costituiva in giudizio L.C.A. eccependo la decadenza della garanzia ai sensi dell’art. 1667 cod. civ. per l’omessa tempestiva denuncia.

Il Tribunale di Ariano Irpino con sentenza del 6 aprile 2004 respingeva la domanda e compensava le spese processuali.

Avverso questa sentenza interponeva appello, davanti alla Corte di Appello di Napoli, M.G., deducendo l’erronea valutazione delle risultanze testimoniali, avendo il Giudice negato la sussistenza del riconoscimento dei vizi da parte dell’appaltatore.

Si costituiva l’appellato, insistendo sull’eccezione di prescrizione formulata ex art. 1667 cod. civ. e chiedendo il rigetto del gravame.

La Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 1468 del 2010, accoglieva l’appello e, in riforma dell’impugnata sentenza, condannava L.C.A. a corrispondere all’appellante la somma di Euro 11.362,05, compensava per un terzo le spese del doppio grado di giudizio. A sostegno di questa decisione la Corte napoletana osservava: a) doveva ritenersi che, dal complessivo quadro probatorio, emergeva la volontà dell’appaltatore ad ammettere l’esistenza dei difetti denunziati dal M. e ciò ha reso superflua la denuncia nei termini di decadenza prescritti dall’art. 1667 cod. civ.; b).

Doveva essere respinta la domanda diretta ad ottenere il risarcimento dei danni derivati dallo svolgimento dell’attività professionale, atteso che di tali danni non risultava fornita la minima prova.

La cassazione della sentenza n. 1468 del 2010 della Corte di Appello di Napoli è stata chiesta da L.C.A. con atto di ricorso affidato a due motivi. G.M. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo L.C.A. lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto: violazione artt. 1667 e 2697 c.c. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Avrebbe errato la Corte napoletana, secondo il ricorrente, nell’aver ritenuto che l’impresa avesse riconosciuto i vizi e le difformità dell’opera. Piuttosto, la Corte napoletana, sempre secondo il ricorrente avrebbe stravolto i fatti e non avrebbe tenuto in minimo conto quanto indicato (come approfondita motivazione) dal Tribunale nella sentenza di primo grado in relazione all’attendibilità dei testi P. e B., ed erroneamente, avrebbe ritenuto di rinvenire nelle dichiarazioni rese da questi ultimi il presunto riconoscimento dei vizi da parte dell’impresa. Ciò, senza valutare in alcun modo le dichiarazioni rese dagli altri, numerosi testi e senza dare motivazione alcuna sulla loro eventuale attendibilità. Specifica il ricorrente che: a) il teste P. e il teste B. hanno riferito episodi antecedenti al verificarsi delle infiltrazioni (le infiltrazioni si sono verificate nell’inverno del (OMISSIS), mentre i fatti dai quali si vuole forzatamente far discendere il riconoscimento, si riferiscono a pochi gironi dopo la consegna dei lavori (giugno (OMISSIS)); b) la riparazione e/o la sostituzione delle mattonelle rotte non costituisce, nè esplicitamente, nè implicitamente riconoscimento di un vizio perchè quella rottura era stata causata dal sovraccarico del solaio con pesanti ed ingombranti vasi in cemento posti dall’attore subito dopo l’esecuzione dei lavori e, nonostante, l’avvertimento dell’impresa di lasciare consolidare l’opera. E, comunque, la sostituzione di quelle mattonelle era avvenuta prima dell’infiltrazioni contestate nell’atto di citazione, c) Piuttosto, l’attore avrebbe dovuto provare che la ditta Lo Conte non solo si sarebbe recata sul posto nell’inverno nel (OMISSIS), ma avrebbe, anche, riconosciuto espressamente che le infiltrazioni sarebbero state provocate dall’imperfetta esecuzione dei lavori commissionati e, comunque, avrebbe implicitamente (ma come?) riconosciuto tali vizi e che, infine, si sarebbe impegnato a rimuovere le infiltrazioni.

1.1 Il motivo è infondato e non può essere accolto perchè – come emerge dall’esplicitazione della censura, il ricorrente non lamenta una violazione di legge, ma un’errata valutazione delle prove effettuata dal Giudice di merito. A ben vedere, il ricorrente riterrebbe correttamente applicata la normativa richiamata se i fatti fossero quelli ritenuti dal giudice. Epperò, al Giudice di legittimità non può essere chiesta una nuova e diversa valutazione delle prove, nè un nuovo (e diverso) giudizio di merito salvo che la valutazione di merito presenti dei vizi logici o appare del tutto paradossale, ipotesi che non ricorre nel caso in esame, considerato che la valutazione della Corte di merito ha tenuto conto – come è detto nella sentenza impugnata del complessivo quadro probatorio.

1.1.a) Appare opportuno evidenziare che ai sensi dell’art. 1667 cod. civ., u.c. l’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera, purchè le difformità o i vizi siano stati denunziati entro il termine decadenziale di sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.

Tuttavia, il comma 2 dello stesso articolo equipara, alla denuncia, il riconoscimento del vizio da parte dell’appaltante pur se successivo al termine di decadenza stabilito per la denuncia stessa, con la conseguenza che il committente non perde il diritto alla garanzia, non essendo normativamente prescritto che l’uno debba avvenire entro il termine stabilito per la denuncia. A sua volta, il riconoscimento dei vizi e/o delle difformità dell’opera, può risultare, anche, indirettamente e, cioè, dall’impegno che l’appaltatore assume di eliminare vizi o difformità dell’opera.

1.1.b) Ora, nell’ipotesi in esame, la Corte napoletana, ha correttamente applicato questi principi perchè ha accertato il riconoscimento da parte dell’appaltatore dell’esistenza dei difetti dell’opera lamentati da M., ed è pervenuta a questa conclusione in modo razionale e in conseguenza di una valutazione ponderata ed approfondita delle risultanze processuali. In particolare, la Corte napoletana ha avuto modo di specificare che le dichiarazioni dei testi B. e P., dai quali risultava la volontà dell’appaltatore di ammettere l’esistenza dei difetti denunciati dal M., erano convincenti proprio perchè trovavano oggettivo riscontro nella relazione peritale in cui è affermato dal CTU, che, fin dal primo sopralluogo, l’impresa;

riconobbe l’esistenza della difettosa esecuzione dei lavori.

2 Con il secondo motivo L.C. lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto: violazione art. 1667 e 2697 cod. Civ. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Specifica il ricorrente che l’evidente errore di diritto in cui è incorso il Giudice di Appello e già evidenziato con il primo motivo ha influenzato la sua errata ed immotivata decisione, anche in ordine all’eccezione di prescrizione ai sensi dell’art. 1667 c.c., comma 3. Infatti, se anche si volesse ammettere il riconoscimento dei vizi da parte dell’impresa "da esso non deriva automaticamente, in mancanza di un impegno in tal senso, l’assunzione in capo all’appaltatore dell’obbligo di emendare l’opera,che, ove configurabile, è una nuova e distinta obbligazione soggetta al termine di prescrizione decennale; ne consegue che il predetto riconoscimento non impedisce il decorso dei termini brevi della prescrizione previsti in tema di appalto (Cass. n. 15283 del 2005)". Nel caso di specie, è incontestato che i lavori sono stati consegnati dall’impresa nel mese di giugno 1996, l’atto di diffida risale al 7 dicembre 1998, mentre l’azione è stata iniziata con atto di citazione del 21 maggio 1999 risulta pertanto inutilmente decorso il termine di due anni prevista dalla norma indicata per la proposizione dell’azione.

2.1 Anche questo motivo è infondato e non merita di essere accolto perchè la Corte napoletana ha correttamente applicato la normativa di cui all’art. 1667 c.c., comma 3 e all’art. 2697 cod. civ.. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il riconoscimento dei vizi e delle difformità dell’opera e l’assunzione dell’impegno ad eliminarli implicano, non soltanto l’accettazione delle contestazioni e la rinuncia a far valere l’esonero dalla garanzia previsto dall’art. 1667 c.c., ma, determinano, altresì, l’assunzione di una nuova obbligazione, sempre di garanzia, diversa ed autonoma rispetto a quella originaria che non necessita di alcuna accettazione formale della controparte; cui attribuisce il medesimo diritto di agire per i vizi ormai "ex adverso" riconosciuti e, quindi, svincolato dal termine decadenziale e soggetto al solo termine prescrizionale ordinario (da ultimo sent. n. 19560 del 2009).

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Ritiene il ricorrente che la sentenza impugnata è illegittima e carente di motivazione anche in ordine alla quantificazione del danno, considerato che le spese necessarie per il ripristino dello stato dei luogo sono stati quantificati in Euro.

11.362,05 tenendo conto della fattura versata in atti emessa il (OMISSIS) dall’impresa Russo costruzione e, a dire della corte di merito, non contestata. Piuttosto, ritiene il ricorrente non risulta vero che la fattura delle riparazioni non sarebbe stata contestata in quanto nella parte finale del verbale di udienza del 9 aprile 2002 il procuratore dell’impresa Lo Conte impugnava la documentazione prodotta, laddove è affermato "impugna la documentazione (fattura) prodotta e si oppone alla sua ammissibilità, contesta la quantificazione dell’opera eseguita da controparte", adducendo che, anche, il CTU nella prima relazione escludeva l’esistenza di danni nell’appartamento sottostante.

3.1. Anche questo motivo non coglie nel segno e non può essere accolto perchè quanto riportato nel verbale di udienza indicato da L.C. non integrava gli estremi di una vera e propria contestazione della fattura, di cui si dice, considerato che non veniva censurato il contenuto, nè venivano evidenziati elementi che avrebbero potuto smentire la valenza probatoria del documento contabile.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro.

2000,00, oltre Euro. 200,00 per esborsi e, oltre, spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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