Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-01-2012, n. 1238 Riduzione di donazioni e di disposizioni testamentarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.E.G. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova i suoi fratelli B.G. e B.F. chiedendo la declaratoria di nullità o l’annullamento del testamento de (OMISSIS) con la quale la madre delle parti C.A. A. aveva nominato suoi eredi soltanto i figli B.G. e B.F., e non anche il figlio B.E.G.;

in subordine chiedeva la reintegrazione della propria quota di legittima.

I convenuti costituendosi in giudizio chiedevano il rigetto delle domande attrici.

Il Tribunale adito accoglieva soltanto la domanda subordinata, condannando i convenuti al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 69.836,00.

Proposto gravame da parte di B.E.G. cui resistevano B.G. e B.F. che proponevano appello incidentale la Corte di Appello di Genova con sentenza non definitiva dell’11-12-2008 annullava il suddetto testamento per errore sul motivo, dichiarava che l’eredità di C.A.A. si era devoluta per legge in parte uguale fra i tre fratelli, disponeva lo scioglimento della comunione dichiarando che l’attore non era tenuto a conferire nulla per collazione, e con separata ordinanza rimetteva la causa in istruttoria per la stima dell’immobile oggetto della divisione sito in (OMISSIS), per accertarne la comoda divisibilità e, in caso affermativo, per predisporre un progetto di divisione.

Espletato tale incombente, la Corte di Appello di Genova con sentenza non definitiva del 3-12-2010 ha dichiarato il suddetto immobile comodamente divisibile in tre porzioni ed ha disposto con separata ordinanza per il prosieguo del giudizio.

Per la cassazione di tale sentenza B.G. e B. F. hanno proposto un ricorso articolato in cinque motivi cui B.E.G. ha resistito con controricorso; le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 720 e 1114 c.c., censurano sotto un duplice profilo la sentenza impugnata per aver aderito al progetto di divisione elaborato dal CTU, che aveva ritenuto comodamente divisibile l’immobile per cui è causa in tre porzioni distinte della superficie di circa mq. 60 ciascuna.

Anzitutto i ricorrenti sostengono che, contrariamente all’assunto del giudice di appello, ai fini della verifica della comoda divisibilità di un bene comune, occorre procedere da una valutazione economica complessiva dei costi dell’operazione che tenga conto sia delle spese necessarie per i lavori di frazionamento sia del deprezzamento che deriva alla proprietà così divisa; inoltre essi ritengono erroneo il riferimento della Corte territoriale al parere del CTU secondo il quale la perdita di valore dell’8% dell’immobile per effetto del frazionamento rispetto al suo valore antecedente (oltre due milioni di Euro) sarebbe "accettabile"; in realtà la nozione di accettabilità è del tutto estranea ai criteri fissati dalla giurisprudenza in materia, trattandosi di valutare se la divisione in natura sia o meno antieconomica, cosicchè ricorre la comoda divisibilità di un bene soltanto quando il deprezzamento sia di entità minima o trascurabile, ipotesi esclusa nella fattispecie, laddove il deprezzamento del 10% era pari ed Euro 232.280,00, corrispondente ad una perdita di Euro 77.426,00 per ciascun condividente (ed anche limitando il deprezzamento all’8%, esso era pari ed Euro 186.950,00, corrispondente ad una perdita di Euro 62.316,00 per ciascun condividente).

Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando insufficiente motivazione, rilevano che il giudice di appello, essendosi limitato a ritenere accettabile una perdita di valore delle porzioni divise rispetto all’intero del solo 8%, ha trascurato di considerare il valore monetario assoluto della diminuzione di valore conseguente al frazionamento (Euro 186.950,00 complessivi corrispondenti ad una perdita di Euro 62.316,00 per ciascun condividente), giungendo così a valutare accettabile una perdita economica contraria alla logica ed al senso comune, recependo acriticamente l’opinione del CTU. Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando insufficiente motivazione, rilevano che con le sue note critiche il loro consulente di parte geometra N. aveva evidenziato che la divisione in natura non consentiva di conservare alle tre singole porzioni ricavabili dal frazionamento la funzione economica dell’intero, considerato che soltanto l’unità prospiciente la piazzetta di Portofino avrebbe potuto conservare la classificazione catastale attuale di negozio (C/1), mentre le, unità prospicienti un vicolo ((OMISSIS)) avrebbero dovuto essere classificate catastalmente come magazzini e depositi (C/2); ebbene la Corte territoriale, essendosi limitata ad affermare che la diversità di posizione tra l’unità prospiciente la piazzetta di (OMISSIS) e le due unità prospicienti il suddetto vicolo poteva essere corretta attraverso l’adozione di un diverso valore unitario e quindi con l’attribuzione di un conguaglio, non ha dato adeguata risposta alla questione sollevata dagli esponenti che non verteva sul diverso valore delle porzioni, ma piuttosto sul fatto che le unità ubicate sul retro, per le loro caratteristiche e dimensioni, non erano idonee a conservare la stessa funzione economica del bene intero, ossia la sua destinazione commerciale.

Le enunciate censure, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondate.

La Corte territoriale ha aderito alle conclusioni del CTU architetto Bi.Al., il quale nella sua relazione ha ritenuto l’immobile per cui è causa comodamente divisibile in tre separate unità immobiliari ad uso commerciale, ognuna dotata di proprio accesso indipendente ed attrezzata con i necessari locali di servizio; considerato poi che l’importo dei lavori necessari per rendere divisibile l’immobile era pari ad Euro 45.330,00 e che il valore attuale del bene ammontava ad Euro 2.372.500,00, il giudice di appello ha ritenuto non oneroso, all’esito di tale comparazione, il costo dei suddetti lavori; inoltre, preso atto che secondo il CTU il nuovo valore complessivo delle tre unità immobiliari ottenibili dalla divisione dell’immobile era pari ad Euro 2.185.550,00 (avuto riguardo alla minore appetibilità delle due nuove unità con accesso laterale da (OMISSIS)), la Corte territoriale ha affermato che la percentuale di deprezzamento del bene, pari all’8%, non era sensibile, tenuto conto che la divisione in natura degli immobili costituisce la regola, e che l’art. 720 e.e, che disciplina l’ipotesi della non comoda divisibilità, costituisce una deroga al principio generale sancito dall’art. 718 c.c., che attribuisce a ciascun coerede il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti.

Orbene deve ritenersi che in proposito il giudice di appello, avendo puntualmente indicato le fonti del proprio convincimento, ha proceduto ad un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale incensurabile in questa sede, dove in effetti i ricorrenti con le loro censure contestano la comoda divisibilità del suddetto immobile con valutazioni di merito.

Contrariamente poi all’assunto dei ricorrenti, la valutazione operata dalla sentenza impugnata in ordine alla comoda divisibilità del bene oggetto di comunione tra le parti è conforme ai criteri in proposito elaborati dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte, che invero ha affermato che il concetto di comoda divisibilità di un immobile presupposto dall’art. 720 c.c. postula, sotto l’aspetto strutturale, che i frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo e libero godimento, che possano formarsi senza dover fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi e, sotto l’aspetto economico- funzionale, che la divisione non incida sull’originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell’intero, tenuto conto dell’usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del bene stesso (vedi "ex multis" Cass. 30-7-2004 n. 14540; Cass. 29- 5-2007 n. 12498); invero il giudice di appello ha svolto correttamente tale indagine, giungendo alla conclusione che in proposito non sussistevano impedimenti alla comoda divisibilità dell’immobile per cui è causa.

Con specifico riferimento poi al terzo motivo di ricorso, si deve osservare che, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, la Corte territoriale ha rilevato, come già esposto in precedenza, che il CTU aveva enucleato nel suo progetto divisionale tre unità immobiliari tutte idonee ad essere destinate ad attività commerciale, ivi comprese quindi quelle che non affacciavano su piazza dell'(OMISSIS), ma sul (OMISSIS), cosicchè anche le unità indicate nel progetto con i numeri 2 e 3, tramite le necessarie opere edilizie, erano in grado di conservare la pregressa destinazione ed utilizzazione del bene unitariamente inteso (fatto salvo ovviamente il minor valore di esse rispetto all’unità contrassegnata con il numero 1, con la conseguente previsione dei relativi conguagli).

Con il quarto motivo i ricorrenti, deducendo violazione degli artt. 718, 726, 823, 824 e 1111 c.c. ed insufficiente motivazione, affermano che la sentenza impugnata, conformandosi alla relazione del CTU, ha considerato compresa nel progetto di divisione anche la porzione della pubblica piazza (OMISSIS) antistante l’immobile per cui è causa e concessa in uso dal Comune di Portofino in favore dell’esponente B.F. quale titolare della Galleria d’arte ubicata nel locale stesso, porzione denominata "plateatico"; in tal modo non è stato tenuto conto che quest’ultimo non era un bene ereditario e non costituiva oggetto di comunione tra le parti perchè si trattava di un bene appartenente al demanio comunale e che formava oggetto di un distinto rapporto giuridico (ovvero di una concessione demaniale) di cui erano parti soltanto il concedente Comune di Portofino ed il concessionario B. F..

Con il quinto motivo i ricorrenti, denunciando nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 102 c.p.c., rilevano la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del Comune di Portofino quale proprietario dell’area demaniale antistante l’immobile per cui è causa denominata "plateatico" compresa nel progetto di divisione approvato con la sentenza impugnata.

Le enunciate censure, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondate.

La Corte territoriale ha semplicemente ritenuto corretta la previsione nel progetto divisionale, con riferimento all’unità, del "plateatico", considerandola una potenzialità di sfruttamento che contribuiva a donare pregio a detta unità, senza quindi includerla nel progetto stesso, essendo pacifico che si tratta di superficie esterna oggetto di concessione da parte del Comune di Portofino; è quindi appena il caso di rilevare che non vi era alcuna necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di quest’ultimo.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 16.000,00 per onorari di avvocato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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