Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-06-2011) 20-09-2011, n. 34364 Determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ariano Irpino, nel confermare la responsabilità di L.G. e L.M. per il furto di 1.150 Euro commesso in abitazione, escludeva l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7 nonchè la rilevanza della contestata recidiva e rideterminava la pena in anni tre di reclusione ed Euro 300,00 di multa.

4. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore degli imputati. Deduce mancanza e illogicità di motivazione in merito alla ritenuta credibilità del teste che aveva riferito i fatti, non avendo la Corte di appello indicato le ragioni per le quali ha prestato fede a quanto dal medesimo riferito nonostante le incongruenze e le contraddizioni che erano state segnalate con l’appello. Con un secondo motivo deduce violazione di legge per inosservanza del divieto di "reformatio in peius". Al riguardo fa presente che in primo grado il Tribunale aveva determinato la pena base nella misura di tre anni, corrispondente al minimo previsto per il reato l’art. 624 bis, comma 3 (aggravato da una delle circostanze di cui all’art. 625 c.p., comma 1 e da quella di cui all’art. 61, n. 7) poi aumentata di due anni per la recidiva ;

essendo stata esclusa l’aggravante di cui all’art. 61, n. 7 e la recidiva, la Corte di appello doveva determinare la pena nel minimo edittale previsto per l’art. 624, comma 1 e cioè la reclusione di un anno e la multa di 103,00 Euro. Con un terzo motivo si lamenta del difetto di motivazione in ordine alla determinazione della pena.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è infondato. La deposizione del teste oculare è stata oggetto di attenta valutazione da parte dei giudici di merito e la corte di appello, cui la questione era stata già devoluta, ha ribadito come il teste sia stato nella condizione di ben osservare gli imputati e di riconoscerli senza che le sue dichiarazioni fossero inficiate da motivi di astio o intenti calunniatori che se potessero inficiare la attendibilità. Le censure formulate in questa sede al riguardo si appalesano dunque come l’inammissibile tentativo di ottenere da questa Corte una diversa valutazione al riguardo.

2. Il secondo motivo di ricorso è fondato nei limiti appresso specificati, che attengono alla necessità di tenere conto, nella nuova determinazione della pena, della esclusione di una delle due aggravanti contestate.

Tale necessità è imposta dall’art. 597 c.p.p., comma 4, che, nel confermare il divieto di "reformatio in peius", ma ne rafforza l’efficacia sotto il profilo del contenuto, stabilendo che se viene accolto l’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati dalla continuazione, la pena complessiva irrogata deve essere "corrispondentemente" diminuita.

3. Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere annulla con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Napoli.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla quantificazione della pena come operata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *