Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-01-2012, n. 1237 Condizione

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Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 28.11.1997 i coniugi D.P.L. e I.M. convenivano innanzi al Pretore di Vasto l’avv. D.C.S., deducendo che quest’ultimo, con atto in data 24 maggio 1988 aveva loro ceduto un contratto preliminare di compravendita di un terreno sito in (OMISSIS), dal convenuto in precedenza stipulato con l’arch. D.B.A.. Esponevano gli attori di avere versato all’avv. D.C. la somma di L. 6.000.000 con il patto che la stessa sarebbe stata loro restituita ove il progetto relativo al terreno in questione non fosse andato a buon fine; che nel contratto preliminare ceduto, le parti avevano stabilito che tale contratto avrebbe perso ogni efficacia nel caso in cui la lottizzazione del terreno di cui sopra non fosse stata approvata entro il 31.7.1989 e che detta lottizzazione pur essendo stata adottata dal comune non aveva ricevuto la definitiva approvazione. Chiedevano pertanto gli attori dichiararsi avverata la condizione di cui alla cessione del preliminare e quindi la risoluzione o comunque l’inefficacia del contratto, con la condanna del convenuto alla restituzione della somma di L. 6.000.000 con interessi e rivalutazione e con vittoria delle spese processuali. Si costituiva il D.C. eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva stante l’intervenuta cessione del contratto;

deduceva l’infondatezza della domanda, sostenendo che il termine contenuto ne preliminare non era essenziale; spiegava domanda riconvenzionale al fine di ottenere il ristoro dei danni che assumeva di aver subito a seguito dell’acquisto di altra porzione di terreno da cedere agli attori.

Il tribunale di Vasto con sentenza n. 497/2000, rigettava la domanda degli attori che condannava al pagamento delle spese processuali. Per la riforma di tale pronuncia proponevano appello i D.P. – I., dolendosi del rigetto della loro domanda per avere il primo giudice negato in contrasto alle risultanze documentali, la previsione di un termine all’evento condizionante; si costituiva l’appellato D.C. chiedendo il rigetto dell’impugnazione e formulando appello incidentale con riguardo al rigetto della domanda riconvenzionale proposta in 1^ grado. L’adita Corte d Appello dell’Aquila, con sentenza n. 118/05 depos. in data 22.2.2005 rigettava l’appello incidentale ed in accoglimento del principale, condannava il D.C. a restituire agli appellanti la somma di Euro 3.098,74 con gli interessi legali al saldo,oltre alle spese del doppio grado. Secondo la Corte abruzzese doveva considerarsi infondata la censura relativa all’asserita carenza di legittimazione passiva reiterata dal D.C., per non avere preso parte al giudizio in esame il contraente ceduto ( D.B.), che avrebbe dovuto essere destinatario della pretesa di restituzione, atteso che il contraente ceduto non aveva accettato la cessione del contratto, per cui lo stesso D.C. con la scrittura in data 5.8.1988 non solo aveva assunto in proprio l’obbligazione di restituire la somma ricevuta, ma si era inoltre fatto carico dell’evento risolutivo condizionante l’obbligazione medesima. Per il giudice a quo infine era infondato l’appello incidentale atteso che il lamentato e non provato danno, non era imputabile agli attori, risultando tale cessione del contratto comunque frutto della libera scelta negoziale dello stesso convenuto.

L’avv. D.C.S. ricorre per la cassazione della predetta decisione sulla base di n. 5 censure. Resistono gli intimati con controricorso.

Motivi della decisione

Con il 1^ motivo del ricorso, l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1353 c.c., nonchè omessa o/e insufficiente motivazione.

Secondo il ricorrente La Corte territoriale ha errato nel ritenere che la scrittura del 5.8.1988 contenesse una condizione risolutiva subordinata all’approvazione del progetto di lottizzazione del terreno; la stessa ha ragionato come se il termine del 31.7.89 fosse un termine essenziale, affermando, sulla base del semplice decorso di tale termine il diritto dei coniugi D.P. ad ottenere la restituzione della somma versata in sede di stipula del contratto.

La corte avrebbe trascurato inoltre la lettera dei 6.6.94 del legale dei coniugi D.P. che deduceva come causa di risoluzione del contratto non già il mancato avveramento della condizione, ma l’intervenuto fallimento del contraente ceduto; in realtà tale lettera conteneva un’implicita ma chiara rinuncia ad avvalersi della condizione.

Con il 2^ motivo, il ricorrente denuncia l’insufficiente motivazione della sentenza; sottolinea che alla data di proposizione della domanda il piano di lottizzazione in realtà era stato approvato dal Comune di Vasto, che con Delib. n. 65 aveva adottato la variante al PRG comprendente anche il terreno in questione.

Con il 3^ motivo si deduce l’insufficiente o contraddittoria motivazione: i coniugi non avevano dimostrato che il progetto" (e non il piano di lottizzazione, come sostenuto dalla controparte) non fosse andato a buon fine per cui doveva ritenersi che la prova sui mancato accoglimento della condizione (l’approvazione del progetto) non era stata da essi allegata. Secondo il Collegio le doglianze suddette – congiuntamente esaminate in quanto connesse – sono fondate. In effetti la corte distrettuale non ha motivato in merito alle circostanze di cui sopra, che dunque non sono state oggetto di un compiuto ed articolato esame; ciò vale con riferimento alla controversa questione dell’avverarsi della condizione contrattuale ovvero in merito alla previsione di un termine essenziale o meno ed ancora se in effetti il "progetto" fosse andato (o meno) a buon fine come previsto nel contratto. E’ noto che il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5 sussiste allorchè nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile – come nella fattispecie avvenuto – il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia (v. Cass. Sez. U, n. 5802 dei 11/06/1998).

Passando all’esame del 4^ motivo del ricorso , con esso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1406 c.c. e art. 102 c.p.c.; Insiste sulla questione dell’asserita carenza di legittimazione passiva da lui sollevata e la conseguente violazione del contraddittorio per non aver preso parte al giudizio il contraente ceduto. In tal caso però la Corte abruzzese ha correttamente osservato che non c’era stata alcuna valida cessione del contratto, atteso che era rimasto ad essa del tutto estraneo il contraente ceduto, che non aveva dato il suo consenso alla cessione ex art. 1406 c.c..

Con il 5^ motivo l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. con riferimento alla domanda riconvenzionale da lui erogata per ottenere il rimborso della somma di L. 10 milioni da lui spesa per l’acquisto di un’altra porzione di terreno, da cedere ai coniugi D.P.. Sostiene il ricorrente che contrariamente all’assunto della Corte 7 testi escussi … univocamente e concordemente, avevano confermato l’assunto dell’avv. D.C.." Anche tale doglianza è priva di fondamento per la sua estrema genericità, avendo peraltro la corte in merito ampiamente motivato sul punto; essa appare per altro verso inammissibile non avendo il ricorrente trascritto le dichiarazioni a verbale dei testi che assume a sè favorevole, violando il principio di autosufficienza del ricorso. In conclusione il ricorso va accolto con riferimento ai primi tre motivi; mentre devono essere disattese le residue doglianze; la sentenza dev’essere cassata in relazione a tali censure e rinviata alla Corte d’Appello dell’Aquila in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie i primi 3 motivi del ricorso, rigetta gli altri;

cassa la sentenza impugnata in ragione dei motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’Appello dell’Aquila in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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