Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-06-2011) 20-09-2011, n. 34362 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Rovigo, resa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale era stata accertata la responsabilità di G.I. per il reato di cui all’art. 81 cpv. cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 in relazione alla cessione di gr.0,940 di cocaina a F. F. e alla detenzione di stupefacenti, essendo stati rinvenuti, nascosti nella leva del cambio dell’autovettura, vari involucri contenenti 21 pastiglie di ecstasy, eroina e marijuana; ritenuta la continuazione tra i due fatti contestati, l’imputato è stato condannato ad anni 4 e mesi 8 di reclusione ed Euro 20000,00 di multa.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato. Deduce i seguenti vizi: 1) omessa pronuncia in ordine alla eccepita, con i motivi di appello, mancanza di accertamento della capacità drogante della sostanza trovata in suo possesso, sulla quale era stato effettuato solo il narcotest, che ha valore ricognitivo ma non valutativo; 2) come conseguenza di tale omesso accertamento non è stato possibile accertare correttamente la qualificazione giuridica del fatto contestato, rilevando l’accertamento in questione specie in ordine alla concedibilità della attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5;

3) mancata specificazione della ragione per cui non sono state concesse le attenuanti generiche; apodittico è il riferimento alla vita criminale anteatta e lo stabile inserimento nel circuito criminale, dal momento che il certificato penale non riporta alcuna condanna; e così pure il riferimento al comportamento processuale ostativo, essendosi egli limitato a chiedere il giudizio abbreviato;

4) violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza della continuazione per la diversa natura delle sostanze detenute.

Motivi della decisione

1. Il ricorso merita parziale accoglimento.

2. Osserva il Collegio, relativamente ai primi due motivi di ricorso tra loro strettamente collegati, che già la sentenza di primo grado, integralmente richiamata dal giudice di appello, ha precisato la assenza di ogni dubbio circa la capacità drogante delle rinvenute sostanze stupefacenti, accertata dal narcotest e confermata dalle dichiarazioni del F. (che dichiarò di aver appena acquistato una dose dall’attuale ricorrente) e dal ritrovamento nell’abitazione di quest’ultimo di sostanza da taglio. Se a ciò si aggiunge che il processo è stato celebrato con il rito abbreviato, risulta evidente come l’imputato non abbia ragione alcuna di lamentare l’assenza di approfondimento probatorio, neanche sotto il profilo della valutazione ai fini della concessione dell’attenuante di cui al comma 5. I giudici hanno infatti correttamente escluso la concessione di tale attenuate facendo riferimento, oltre che al dato quantitativo anche alla diversità delle sostanze detenute, al nascondiglio delle stesse dove venne rinvenuto anche del denaro, al ritrovamento di sostanze da taglio, tutte circostanze che hanno indotto a ritenere, con valutazione del tutto congrua, che lo spaccio avesse caratteristiche di abitualità e pericolosità tali da essere incompatibili con l’attenuante in parola. Considerazioni che hanno trovato ampia illustrazione da parte del primo giudice anche al fine di motivare la negativa valutazione delle circostanze attenuati generiche, ed alle quali il giudice di appello si è correttamente richiamato.

Merita invece accoglimento il motivo attinente alla ritenuta continuazione.

La Corte di appello ha ritenuto che nella fattispecie ricorressero due ipotesi di reato rilevando che si trattava di detenzione di varie tipologie di sostanze stupefacenti che, per essere detenute in unico contesto temporale ben potevano far ritenere la esistenza di un medesimo disegno criminoso. Si tratta di una valutazione superata dalla giurisprudenza di questa Corte anche a seguito della riforma intervenuta nel 2006. E’ infatti ormai pacifico (per tutte sez. 4 17.7.2009 n. 42485 Rv. 245458) che a seguito della soppressione della distinzione tabellare tra "droghe leggere" e "droghe pesanti" operata dalla L. n. 49 del 2006, la detenzione contestuale di sostanze stupefacenti di natura e tipo diversi integra un unico reato e non più una pluralità di reati in continuazione tra loro.

Deve inoltre ricordarsi che, come già questa Corte ha avuto modo di osservare, il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, costituisce norma a più fattispecie tra loro alternative. Con la duplice conseguenza: da un lato, della configurabilità del reato allorchè il soggetto abbia posto in essere anche una sola delle condotte ivi previste; e, dall’altro, per quanto qui interessa, dell’esclusione del concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative, nel qual caso le condotte illecite minori perdono la loro individualità e vengono assorbite nell’ipotesi più grave. Tuttavia, per assunto pacifico, perchè ciò si verifichi occorre la presenza di queste circostanze:

a) che si tratti dello stesso oggetto materiale; b) che le attività illecite minori siano compiute dallo stesso soggetto che ha commesso quelle maggiori o dagli stessi soggetti che ne rispondono a titolo di concorso; c) che le condotte siano contestuali e cioè si verifichi il susseguirsi di vari atti, sorretti da un unico fine, senza apprezzabili soluzioni di continuità (da ultimo sez. 4 26.6.2008 n. 36523 Rv. 242014; sez. 6 11.12.2009 n. 9477 Rv.246404). Qualora, invece, le differenti azioni tipiche siano distinte sul piano ontologico, cronologico e psicologico, esse costituiscono più violazioni della stessa disposizione di legge e quindi distinti reati; unificabili eventualmente per la continuazione, se commessi dallo stesso soggetto o dagli stessi soggetti in concorso, in presenza del disegno criminoso unitario (v. Cass., Sez. 5, 11 aprile 2000, Spadoni ed altro). Nel caso in esame, con motivazione non aderente ai sopra enunciati principi, la Corte ha affermato la duplicità delle condotte incriminate, partendo dalla considerazione della diversità delle sostanze detenute, ormai, come si è detto, di per sè priva di significato.

Nè può ritenersi che la condotta posta in essere dall’imputato abbia dato vita a due distinte ipotesi criminose. G. è stato visto vendere ad un altro ragazzo gr. 0,940 di cocaina e la immediata perquisizione della sua autovettura ha portato al ritrovamento delle altre sostanze sopra indicate, che, come si è detto sono state ritenute parimenti destinate alla vendita. E’ di tutta evidenza che le ipotesi contestate, svoltesi in un unico contesto temporale, non hanno autonomia ed indipendenza una dall’altra, ma sono soltanto frammenti funzionali alla realizzazione di unica condotta di detenzione e vendita, senza soluzione di continuità, di sostanza stupefacente, essendo l’intero quantitativo rinvenuto destinato a tal fine. E’ quindi ravvisabile (attesa l’alternatività formale delle condotte tipiche previste dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73) una pluralità di azioni illecite nell’ambito di un solo reato, in una sorta di progressione criminosa.

4.In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla ritenuta continuazione e alla coerente misura di pena; ai sensi dell’art. 619 c.p.p., comma 2, questa Corte può rideterminare la pena stessa nella misura finale di anni quattro di reclusione ed Euro diciottomila di multa, eliminando l’aumento di pena che era stato stabilito in 4 mesi di reclusione ed Euro 2000,00 di multa.

Il ricorso è nel resto rigettato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta continuazione e alla coerente misura di pena che ridetermina nella misura finale di anni quattro di reclusione ed Euro diciottomila di multa. Rigetta nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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