T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 07-10-2011, n. 7785

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone la società T.E.I. S.p.a.:

– di avere partecipato alla procedura aperta indetta dalla R.- R.I. S.p.a. per l’affidamento del servizio di manutenzione degli impianti elevatori installati presso gli insediamenti di Roma, Napoli, Milano e Torino, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso;

– di avere presentato domanda in relazione ai due lotti in cui la gara è stata suddivisa (lotto n. 1, avente ad oggetto gli insediamenti di Roma e Napoli; lotto n. 2, quelli di Milano e Torino);

– che il punto III.2.3. del bando richiedeva alla lett. a) il requisito relativo alla capacità tecnica da dimostrare con l’avvenuta esecuzione nell’ultimo triennio antecedente alla data di pubblicazione del bando di almeno 2 contratti affidati da altrettanti committenti diversi tra loro, aventi ad oggetto servizi analoghi a quelli di gara, ciascuno eseguito in due diverse città e per una capienza numerica di almeno 51 elevatori per il lotto 1 e di 40 per il lotto 2, e di 91 in caso di partecipazione ad entrambi i lotti;

– di avere, pertanto, dichiarato il possesso di tale requisito in relazione alla esecuzione di un contratto stipulato con la società A.L.E.R. di Milano e due con l’A.T.E.R. di Roma.

Sorteggiata ai fini della comprova dei requisiti ai sensi dell’art. 48, comma 1, d. lgs. 163/2006, impugna ora il provvedimento con cui la medesima è stata esclusa dalla gara per non avere dimostrato il possesso del requisito relativo alla capacità tecnica, in quanto, benché il primo dei due contratti eseguiti sia stato svolto in più comuni della Provincia di Milano e per un numero di impianti superiore a quello minimo richiesto, il secondo dei due contratti di manutenzione di impianti elevatori ha interessato il solo comune di Roma.

Ritenendo l’illegittimità di tale determinazione della stazione appaltante si affida ai seguenti motivi in diritto:

1) Violazione e falsa applicazione del punto III.2.3. lett. a) del bando di gara; violazione degli artt. 2, 42, 48, 73 e 74 del d. lgs. 163/2006; violazione della legge 241/1990; violazione dell’art. 1337, c.c., dei principi del clare loqui, di trasparenza e di favor partecipationis; violazione di legge; eccesso di potere; sproporzione; illogicità manifesta; difetto di istruttoria; contraddittorietà; perplessità; sviamento.

Illegittimamente non sono stati chiesti chiarimenti direttamente alla società ricorrente sorteggiata ma a soggetto terzo (in specie, l’Ater di Roma) che, in quanto estraneo alla procedura di gara ed inconsapevole circa la portata del requisito da dimostrare, ha fornito chiarimenti non conferenti rispetto alle verifiche da svolgere per l’occasione.

In ogni caso, è illegittima, perché errata e sproporzionata, l’interpretazione ed applicazione della clausola da parte della Stazione appaltante, che avrebbe dovuto considerare lo svolgimento, nel complesso, di almeno due contratti con committenti diversi e riferiti ad almeno due diverse città.

Inoltre, l’esclusione dalla ricorrente non può legittimamente essere riferita alla libera interpretazione del seggio di gara della clausola, in disparte della ratio alla stessa sottesa, con abnormità delle conseguenze di tale illegittima condotta, che hanno determinato l’espulsione dalla competizione di soggetto dotato ampiamente dei chiesti requisiti.

In ogni caso, attesa la non univocità e chiarezza della clausola, tenuto conto della genericità del termine "città" e della presenza del termine "complessivamente" riferito alla esecuzione di due contratti, la stessa avrebbe dovuta essere letta dalla commissione in modo da tutelare l’affidamento degli interessati in buona fede, interpretandola in modo da evitare al concorrente ricostruzioni ermeneutiche ed integrative onde appurare la presenza di significati ulteriori ed inespressi.

Ed invero, ove nel bando il requisito fosse stato chiaramente riferito a contratti riguardanti due diversi "comuni", la ricorrente avrebbe allegato a comprova dello stesso anche altri contratti stipulati con altre società per la manutenzione di impianti Inpdap in vari comuni italiani e con la Rinascente S.r.l. anch’esso riferibile a diversi comuni d’Italia.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 48, d. lgs. 163/2006; del punto III.2.3., lett. a) del bando di gara; violazione di legge; eccesso di potere; sproporzione; illogicità manifesta; difetto di istruttoria; contraddittorietà; perplessità; sviamento.

Pure ritenendo che l’illegittimità del provvedimento di esclusione travolge anche gli ulteriori provvedimenti adottati, ed, in specie, l’atto di escussione della cauzione e, ove adottata, la segnalazione all’Autorità di Vigilanza, la società ricorrente li ritiene viziati in via autonoma, in quanto nel caso di specie la contestazione non dipende da omissioni o criticità imputabili alla società ricorrente, in possesso del requisito richiesto, ma va ricondotto alla interpretazione del seggio di gara della clausola del bando ed all’uso improprio del termine "città" ivi contenuto anche in relazione a Roma Capitale.

Conclude la parte ricorrente chiedendo, in accoglimento degli esposti mezzi di censura, l’annullamento del ravvedimento impugnato; chiede, altresì, il risarcimento dei danni subiti e subendi a causa della gravità del comportamento e della illegittimità dei provvedimenti adottati.

Si è costituita in giudizio la R.R.I. S.p.a. per resistere al ricorso avversario, ribadendo la legittimità dell’operato del seggio di gara, ed evidenziando, al contempo, che la società ricorrente, nella sostanza, è nel pieno possesso dei requisiti richiesti per la partecipazione, e, in definitiva, l’interesse ad avere il maggior numero di concorrenti in gara, la cui procedura è stata, frattanto sospesa.

Con ordinanza n. 1676/2011 del 5 maggio 2011, la Sezione, chiamata a pronunciarsi in sede cautelare, ha ritenuto la sussistenza di profili di fondatezza del primo motivo di ricorso, e, confermando gli effetti del decreto presidenziale n. 1537/2011 del 22 aprile 2011, ha accolto l’istanza cautelare, sospendendo, per l’effetto, il provvedimento di escussione parziale della garanzia fideiussoria prestata dalla società ricorrente, e disponendo la riammissione con riserva della medesima società alla procedura concorsuale ancora in itinere.

In vista della discussione dell’udienza di merito, fissata con la richiamata ordinanza n. 1676/2011, la parte ricorrente ha depositato memorie conclusionali con cui ha ribadito l’interesse alla decisione del ricorso in quanto, pure riammessa alla procedura di gara, che si è conclusa con una posizione non utile per l’aggiudicazione, non sono stati annullati e/o revocati i provvedimenti adottati a seguito del provvedimento espulsivo (escussione della cauzione e segnalazione all’Autorità di vigilanza).

Alla pubblica udienza del 6 ottobre 2011 la causa è andata in decisione.

Motivi della decisione

Viene all’esame del Collegio il provvedimento con cui la stazione appaltante ha escluso la società ricorrente dalla procedura per l’affidamento del servizio di manutenzione degli impianti elevatori installati presso gli insediamenti della R. di Roma, Napoli, Milano e Torino, limitatamente al lotto n. 1 (avente ad oggetto gli insediamenti di Roma e Napoli) per non avere dimostrato di possedere il requisito richiesto in relazione a tale lotto come indicato al punto III.2.3, lett. a) del bando di gara.

In particolare, il seggio di gara ha rilevato che, mentre il contratto stipulato con la SIAR di Milano ha interessato 253 impianti ed ha avuto una dislocazione territoriale in 21 comuni della Provincia di Milano, invece il contratto stipulato con l’ATER di Roma, pure relativo a ben 931 impianti elevatori, (contro i 51 minimi previsti per il lotto 1) ha riguardato servizi dislocati nel solo comune di Roma; pertanto, ha ritenuto di non ammettere la società alla gara, con riferimento al lotto 1, in quanto, ancorché il primo dei due contratti fosse stato svolto in più comuni e per un numero di impianti superiore a quello minimo richiesto, il secondo, invece, ha interessato la sola città di Roma, e non corrisponde al requisito (esecuzione di ciascun contratto in almeno due diverse città) prescritto per la partecipazione.

La ricorrente impugna tale determinazione sostenendo che il bando richiedeva lo svolgimento pregresso di analoghi servizi riferibili ad almeno due "città", e che l’utilizzo di tale termine generico, senza alcun riferimento agli enti locali comunali, né l’esplicitazione di ulteriori criteri identificativi dal punto di vista geografico, territoriale, storico e amministrativo della nozione di città, non giustifica l’attività interpretativa che ha compiuto il seggio di gara, che solo in tale sede, ad offerte già pervenute e a verifica ex art. 48, d. lgs. 163/2006 già avviata, ha precisato che il termine "città" andava inteso nel senso di "comune". Diversamente, ove la società ricorrente avesse avuto esatta contezza che il requisito avrebbe dovuto essere riferito a contratti svolti in almeno due diversi "comuni", la medesima non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad evidenziare l’avvenuta manutenzione di impianti analoghi a quelli oggetto di gara in diversi comuni italiani, circostanza questa, peraltro, pacificamente ammessa anche dalla stessa stazione appaltante.

Il ricorso è fondato.

Con il bando di gara cui la ricorrente ha partecipato è stata prevista, tra le condizioni di partecipazione, una capacità tecnica il cui livello minimo, per quanto qui interessa, doveva desumersi da: "Avere complessivamente eseguito negli ultimi tre anni antecedenti alla data di pubblicazione del presente bando almeno due contratti affidati da altrettanti committenti tra loro diversi aventi ad oggetto servizi analoghi a quelli di gara, ciascuno dei quali eseguito in almeno due diverse città e per una capienza complessiva di almeno

– in caso di partecipazione al solo lotto 1 di Roma e Napoli: n. 51 elevatori;

– in caso di partecipazione al solo lotto 2 di Milano e Torino: n. 40 elevatori;

– in caso di partecipazione sia per il lotto 1 di Roma e Napoli che per il lotto 2 di Milano e Torino: n. 91 elevatori." (cfr. punto III.2.3), lett. a) del bando di gara).

La prescrizione in ordine alla dimostrazione del requisito di capacità tecnica non appare ictu oculi connotata di linearità ed inequivocabile chiarezza circa la necessità di indicare l’avvenuta esecuzione di almeno due contratti per lotto, ciascuno di essi svolto in almeno due diversi comuni, così come invece ha ritenuto necessario il seggio di gara, che, nell’escludere la società ricorrente in relazione al lotto 1, non ha ritenuto idoneo il contratto eseguito nella "sola città di Roma", ancorché relativo ad un numero di impianti di gran lunga superiore rispetto al numero minimo prescritto.

Ed invero, per "città" si intende comunemente un centro abitato piuttosto esteso, con sviluppo edilizio organizzato, che sul piano amministrativo, economico, politico e culturale rappresenta il punto di riferimento del territorio circostante; il termine "comune" ha, invece, una connotazione prettamente tecnica, e rappresenta la più piccola suddivisione territoriale amministrativa dello Stato.

Tanto precisato, non vi è dubbio che non sussista una piena e sicura sovrapposizione tra i due termini, come invece il seggio di gara ha ritenuto di fare, con una operazione che ha condotto all’aberrante conseguenza di espellere dalla gara una concorrente in possesso del requisito di capacità tecnica in misura di gran lunga superiore rispetto ai limiti minimi indicati nel bando, come, peraltro, successivamente ammesso dalla stessa stazione appaltante.

Ed invero, un comune, in senso tecnico, può non essere una città nella accezione di cui sopra, e, viceversa una città, ancorché giuridicamente non possa essere qualificata quale ente locale territoriale, può avere una estensione ben più consistente del primo.

E’ evidente, allora, l’equivoco in cui è incorsa la società ricorrente, che, a causa di una non univoca indicazione del bando di gara ha omesso di dichiarare l’avvenuta esecuzione di altri contratti in diversi comuni italiani, ritenendo ampiamente soddisfatto il requisito dall’avere svolto il servizio di cui si tratta in forza di un contratto che ha avuto ad oggetto un notevole numero di impianti dislocati non solo a Roma "città", ma anche in diverse frazioni della stessa, quali Ostia, Casal Palocco, Spinaceto, Acilia, che, per estensione territoriale, numero di abitanti, ecc, ben possono essere definite a loro volta città.

E’ principio pacifico che il potere discrezionale della stazione appaltante di prescrivere adeguati requisiti per la partecipazione alle gare per l’affidamento di appalti pubblici è soggetto ai limiti connaturati alla funzione affidata alle clausole del bando volte a prescrivere i requisiti speciali; tale funzione consiste nel delineare, attraverso l’individuazione di specifici elementi indicati della capacità economica, finanziaria e tecnica, il profilo delle imprese che si presumono idonee a realizzare il programma contrattuale perseguito dall’Amministrazione ed a proseguire nel tempo l’attività espletata in modo adeguato.

Con riferimento alla gara in controversia, é indubitabile che la ratio della richiesta capacità tecnica minima attiene, per il profilo in esame, alla dimostrazione della attitudine della impresa aspirante allo svolgimento del servizio di manutenzione in aree territorialmente diversificate ("almeno due città").

Pertanto, in assenza di univocità espressiva della relativa clausola afferente il requisito di capacità tecnica, il seggio di gara, onde evitare una determinazione sproporzionata rispetto alla ratio sottesa alle stesse regole di partecipazione alla gara de qua, avrebbe dovuto valutare gli elementi forniti a supporto del requisito da parte della concorrente al di fuori di una applicazione rigidamente formalistica della stessa norma di gara, e non omettere di considerare appieno il pure rilevante interesse alla più ampia partecipazione dei concorrenti alla procedura in questione che sola consente la scelta dell’offerta maggiormente corrispondente alla esigenza da soddisfare, facendo leva sul prevalente criterio teleologico rispetto a quello prettamente formale.

Invece, l’applicazione rigida che nel caso in esame ha fatto il seggio di gara della clausola di partecipazione, peraltro sorretta da una personale e non univoca interpretazione della stessa, alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto sopra evidenziate, ha infranto la fondamentale ed immanente esigenza di ragionevolezza dell’attività amministrativa, finendo così per porsi in contrasto con le stesse finalità di tutela cui sono preordinati i generali canoni applicativi delle regole della contrattualistica pubblica.

Sul punto il Collegio ritiene, ad abundantiam, di evidenziare che la normativa in materia di contratti pubblici esprime sempre più la prevalenza dell’interesse sostanziale rispetto ai canoni meccanicamente formalistici, come può evincersi dalla recente modifica dell’art. 46, del d. lgs. 163/2006, cui il d. l. n. 70 del 13 maggio 2011 – in epoca di poco successiva ai fatti di causa – ha aggiunto il comma 1 bis, che, nell’escludere che i bandi e le lettere di invito possano contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle dalla stessa norma indicate, ha introdotto il principio di tassatività delle cause di esclusione dei concorrenti dalle procedure concorsuali, rafforzandosi, vieppiù, il principio di matrice comunitaria della prevalenza della sostanza rispetto a quella della forma.

In altri termini, la gara per l’assegnazione di un contratto con la P.A. non deve trasformarsi in una sorta di caccia all’errore (di interpretazione delle clausole dubbie o nel rispetto di meri formalismi partecipativi), ma deve garantire la massima partecipazione di coloro che, in possesso del profilo astrattamente idoneo a sorreggere l’esecuzione di un contratto con la P.A., confidano nello svolgimento di procedure concorsuali imparziali e trasparenti.

In definitiva, e in accoglimento della prima censura, è illegittima l’esclusione della società ricorrente dalla gara controversa.

Ritiene il Collegio, con riguardo invece alla seconda censura, con cui sono dedotti non solo vizi di illegittimità derivata ma anche autonome censure avverso gli ulteriori provvedimenti adottati dalla R., ossia l’atto di escussione della cauzione e la segnalazione all’Autorità di vigilanza, che nessun interesse permane in capo alla deducente in ordine alla delibazione anche di questa, in quanto tali provvedimenti sono fondati unicamente sull’esclusione dell’impresa dalla gara, disposta per asserita assenza di un requisito di partecipazione, di talché l’annullamento di tale esclusione ha portata caducante anche dei provvedimenti di escussione della cauzione e di segnalazione di cui all’art. 48, d. lgs. 163/2006, costituendo l’esclusione l’unico e dichiarato presupposto sulla cui base sono state disposte le ulteriori penalizzanti determinazioni.

Conclusivamente, il ricorso è fondato e deve essere accolto, con annullamento, per l’effetto, del provvedimento di esclusione della società dalla gara de qua; all’annullamento del provvedimento impugnato accede, quale conseguenza derivata, la caducazione dei provvedimenti allo stesso conseguenti.

Quanto, infine, alla pure introdotta istanza risarcitoria, la stessa non può trovare ingresso atteso che, a prescindere dalla genericità con cui la stessa è formulata, l’accoglimento del gravame è di per sé idoneo a soddisfare integralmente l’interesse fatto valere dalla parte ricorrente, consolidandosi gli effetti già prodottisi a seguito dell’ordinanza n. 1676/2011 di accoglimento dell’istanza cautelare con cui era stata sospeso il provvedimento di escussione parziale della garanzia fideiussoria prestata dalla società ricorrente, ed era stata disposta la riammissione con riserva della medesima società alla procedura concorsuale ancora in itinere.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate giusta quanto stabilito in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti in epigrafe recanti, rispettivamente, l’esclusione della società T.E.I. S.p.a. dalla gara, la richiesta di escussione della cauzione e la segnalazione all’Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture; respinge l’istanza di risarcimento del danno.

Condanna la resistente Società R.R.I. S.p.a. alla refusione delle spese processuali in favore della ricorrente Società T.E.I. S.p.a., liquidate nella somma di Euro. 2.000,00 (duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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