Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-05-2011) 20-09-2011, n. 34358 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del Riesame di Caltanissetta, con ordinanza del 20 gennaio 2011, ha confermato l’ordinanza del 15 dicembre 2010 emessa dal Gip presso il Tribunale di Enna, con la quale veniva disposta la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare in carcere ai sensi dell’art. 304 c.p.p., nei confronti di I.A., indagato per il reato p. e. p. dagli artt. 81 cpv. e 609 quater in relazione all’art. 609 bis c.p. e art. 573 c.p., commessi in (OMISSIS) e altre località, dal (OMISSIS).

L’indagato ha proposto ricorso per cassazione chiedendone l’annullamento per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), perchè il Tribunale, senza fornire congrua ed adeguata motivazione, avrebbe ritenuto sussistenti le condizioni per l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 304 c.p.p., comma 2 perchè il giudizio risulterebbe particolarmente complesso in quanto è stata disposta una perizia ed è sorta l’esigenza per il Gip di dover disporre l’audizione di alcuni testimoni. Questo in contrasto con la Suprema Corte, che ha affermato che al fine della individuazione della particolare complessità del giudizio che giustifica, ex art. 304 c.p.p., comma 2, la sospensione dei termini di durata massima della custodia in carcere, occorre fare riferimento alla situazione processuale oggettiva, con riguardo alle specifiche circostanze che inducono a prevedere una lunga durata del dibattimento stesso. Invece nel caso di specie si sono solo due imputati e l’imputazione attiene a fatti che, se pur delicati, non richiedono accertamenti particolarmente complessi e dispendiosi: non risulta esorbitante il numero dei testi ancora da escutere, nè si tratta di assumere le loro deposizioni attraverso rogatorie internazionali.

Il provvedimento impugnato presenterebbe pertanto una motivazione apparente.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta infondato.

1. Innanzitutto deve essere ribadito il principio che nell’ambito delle ordinanze cautelari l’ambito del controllo che la Corte di Cassazione esercita, attiene alla verifica che l’ordinanza impugnata rispetti i requisiti richiesti dalla legge, contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che hanno sorretto la decisione e sia immune da illogicità evidenti: il controllo investe, in sintesi, la legittimità del provvedimento e la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento stesso.

Il legislatore ha ipotizzato per la sospensione dei termini massimi di durata della custodia cautelare nel giudizio abbreviato in due situazioni diverse: la prima, disciplinata dal primo comma dell’art. 304 c.p.p., con riferimento alle situazioni di rinvio dell’udienza per impedimento dell’imputato e del suo difensore o su richiesta, situazioni dettagliate alle lett. a) e b) di tale comma; la seconda, relativa alla facoltà del G.I.P. di disporre la sospensione in caso si proceda per taluno dei reati indicati nell’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a) – categoria nella quale è indiscutibilmente incluso il reato per cui si procede – quando il giudizio abbreviato sia particolarmente complesso.

Il concetto di particolare complessità deve pertanto essere inteso in senso ampio, purchè la causa che ha determinato tale complessità sia oggettiva; inoltre la complessità può essere riferita non solo alla "trattazione e alla decisione del processo, in relazione all’approfondimento delle posizioni di ciascun imputato e all’assunzione di numerosi mezzi di prova, ma anche alle oggettive difficoltà e ostacoli di natura logistica, riguardanti l’organizzazione dei mezzi e delle strutture necessarie per lo svolgimento delle udienza" (in tal senso, giurisprudenza conforme, cfr. da ultimo, Sez. 5, n. 21325 del 4/6/2010, Raggi, Rv. 247308).

2. La motivazione addotta a sostegno dell’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta qui impugnata non può perciò essere tacciata di carenza od incompletezza, avendo i giudici sottolineato il fatto che, trattandosi di accertamento del reato di atti sessuali con minorenne, erano state disposte sia perizia medica collegiale sulla minore, sia l’audizione di numerosi testi e sia un’ulteriore perizia tecnica volta ad estrapolare dal telefono cellulare della persona offesa alcuni messaggi di testo, per cui il giudizio di particolare complessità espresso dal giudice procedente risulta pienamente condivisibile e perfettamente in linea con i dettami della norma. Nè in questa sede possono avere spazio gli argomenti offerti dal ricorrenti relativi alla non-complessità del giudizio, in forza di una diversa valutazione degli atti da assumere, in quanto tale prospettiva è estranea all’ambito del giudizio di Cassazione. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p.. Inoltre la Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

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