Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 13-09-2011) 21-09-2011, n. 34400

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 27 aprile 2011, la Corte d’Appello di Palermo riformava parzialmente la sentenza con la quale, in data 10 settembre 2009, il Tribunale di Agrigento condannava F.D. per il reato di cui alla L. n. 638 del 1983, art. 2, dichiarando non doversi procedere nei confronti del predetto limitatamente all’omesso versamento di ritenute assistenziali e previdenziali relative al mese di giugno 2003 per intervenuta prescrizione, rideterminando la pena e confermando nel resto l’impugnata sentenza.

Avverso tale pronuncia il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un unico motivo di ricorso deduceva la violazione di legge, la mancata assunzione di una prova decisiva ed il difetto di motivazione, rilevando che la Corte territoriale non avrebbe considerato le doglianze mosse con l’atto di appello in generale e, in particolare, l’esistenza di una sentenza resa dal Tribunale di Agrigento in sede civile.

A tale proposito, riproduceva integralmente i motivi di appello i quali riguardavano i seguenti rilievi mossi alla pronuncia del giudice di prime cure:

difetto della condizione di procedibilità per mancata notifica, da parte dell’INPS, dell’avviso di accertamento in quanto l’originale verbale (recante il n. 563) era stato annullato su sua impugnazione e sostituito da altro verbale (n. 578) che il funzionario dell’INPS escusso come teste aveva consegnato al Pubblico Ministero durante il suo esame;

mancata sospensione del procedimento ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 37 a seguito dell’avvenuta impugnazione, innanzi la Giudice del lavoro, del menzionato verbale n. 578 – mancanza di prova in ordine alla effettiva corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti ed al trattenimento delle ritenute operate sulle retribuzioni medesime.

Aggiungeva che, all’udienza del 27 aprile 2011, a seguito di rinnovazione parziale dell’istruzione dibattimentale, era stata acquisita la sentenza emessa dal Tribunale Civile di Agrigento il 2 febbraio 2011, che la Corte non aveva però preso in considerazione e neppure citato nella sentenza impugnata, rigettando l’appello con motivazione illogica e priva di fondamento giuridico.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

Contrariamente a quanto affermato in ricorso, infatti, i giudici del gravame hanno fornito puntuale risposta a ciascuna delle doglianze prospettate nell’atto di appello con motivazione del tutto coerente, priva di salti logici e pienamente conforme alle disposizioni di legge richiamate ed ai principi fissati dalla giurisprudenza di questa Corte.

In particolare, l’impugnata pronuncia evidenzia con dovizia di particolari, quanto al dedotto difetto di procedibilità, che entrambi i verbali (nn. 563 e 578) recano l’indicazione dei medesimi importi delle ritenute non versate e dei periodi di riferimento e che anche il secondo verbale risulta notificato regolarmente all’imputato presso al sede legale della sua impresa. Vengono inoltre illustrati, in modo puntuale, altri dati fattuali che portano ad escludere diverse valutazioni sul punto.

La sentenza civile del Tribunale di Agrigento, che il ricorrente, contrariamente al vero, assume non essere stata neppure menzionata dai giudici del gravame, è stata correttamente ritenuta non valutabile ai fini del giudizio in quanto mancante di una parte del dispositivo e recante comunque, nella motivazione e nella parte leggibile del dispositivo, una generica reiezione della domanda del ricorrente sul punto relativo ai contributi relativi al periodo in contestazione.

Quanto alla lamentata mancata sospensione del procedimento, altrettanto correttamente la Corte territoriale ha osservato che il riferimento alla L. n. 689 del 1981, art. 37 riguarda la diversa fattispecie di reato relativa alla omessa presentazione delle denunce obbligatorie concernenti il pagamento delle retribuzioni.

Infine, riguardo alla asserita mancanza di prova in ordine alla effettiva corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti, la Corte del merito chiariva che tale circostanza risultava dimostrata dalla documentazione in atti e, segnatamente, dalle attestazioni delle denunce contributive relative ai singoli mesi in contestazione presentate su modello informatico DM 10/2 e trasmesse all’INPS per via telematica dalla stessa impresa ed i cui contenuti non avevano neppure formato oggetto di contestazione da parte dell’imputato.

Ciò posto, deve pertanto rilevarsi come la infondatezza dei motivi di ricorso, peraltro connotati da estrema genericità, appaia di macroscopica evidenza.

Alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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