Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 13-09-2011) 21-09-2011, n. 34398 Competenza per territorio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 31 gennaio 2011, la Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza con la quale, il 26 febbraio 2010, il Tribunale di Brindisi aveva affermato la penale responsabilità di D.L.G. per violazione dell’art. 81 c.p. e L. n. 638 del 1983, art. 2, concretatasi nell’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti per il periodo compreso tra l’ottobre 2003 e l’aprile 2004 e per un importo complessivo di Euro 37.088,59.

Avverso tale pronuncia il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione degli artt. 21 e 23 c.p.p., rilevando di aver tempestivamente eccepito la incompetenza territoriale del Tribunale di Brindisi, ritenendo competente quello di Trani per essersi i fatti contestati verificati in (OMISSIS), luogo nel quale doveva adempiersi all’obbligazione previdenziale.

Con un secondo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge sul presupposto della mancanza di prova in ordine alla effettiva corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti.

Con un terzo motivo di ricorso deduceva il vizio di motivazione, rilevando che il giudice del gravame si era limitato alla mera ripetizione delle argomentazioni poste a sostegno della decisione del primo giudice, omettendo ogni valutazione in merito alle doglianze mosse con l’atto di appello.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

Occorre preliminarmente rilevare che, con riferimento alla eccepita incompetenza territoriale, la Corte di merito ha ampiamente illustrato le ragioni per le quali l’appello andava respinto sul punto.

Viene infatti in primo luogo apertamente biasimato il comportamento processuale tenuto dal ricorrente, rilevando come la determinazione del giudice competente fosse avvenuta accogliendo analoga eccezione sollevata, innanzi ad altra autorità giudiziaria, dallo stesso ricorrente e su sua stessa indicazione, quando già era in grado di rappresentare le medesime circostanze per le quali successivamente aveva indicato come competente il Tribunale di Trani.

In secondo luogo, i giudici del gravame evidenziano la tardività dell’eccezione sollevata, dopo l’accertamento, per la prima volta, della costituzione delle parti.

Infine, rilevavano comunque l’insufficienza della documentazione prodotta a sostegno della sollevata eccezione.

Ciò posto, deve rilevarsi che la decisione impugnata si profila, sul punto, del tutto immune da censure.

Corretta e condivisibile appare la stigmatizzazione del comportamento processuale tenuto dal ricorrente con evidenti intenti dilatori, nonchè le osservazioni in merito alla non rilevanza della documentazione depositata, consistente in una missiva proveniente dalla stessa società di cui l’imputato era legale rappresentante e nella quale veniva menzionato un provvedimento dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro di Bari che avrebbe autorizzato l’accentramento dei versamenti contribuitivi nella sede INPS di Andria ma che non veniva prodotto.

In ogni caso, appare certamente determinante la ritenuta tardività dell’eccezione.

L’art. 21 c.p.p., comma 2, dispone testualmente che l’incompetenza per territorio è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell’udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall’art. 491 c.p.p., comma 1. Entro quest’ultimo termine deve essere riproposta l’eccezione di incompetenza respinta nell’udienza preliminare.

Correttamente la Corte d’appello ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, nel giudizio di merito, l’accertamento per la prima volta della costituzione delle parti determina il momento oltre il quale le questioni di competenza territoriale non possono più essere rilevate, neanche se i presupposti per porre la questione della competenza territoriale emergono nel corso del dibattimento, fatta eccezione del solo caso in cui la questione, ritualmente proposta o rilevata, non sia stata ancora decisa (Sez. Un. 24736, 1 luglio 2010).

Alla luce di tale principio, la Corte di merito ha rilevato come l’eccezione non venne tempestivamente sollevata in occasione della prima udienza nella quale fu verificata la costituzione delle parti, dichiarando la contumacia dell’imputato.

Anche la infondatezza del secondo motivo appare di macroscopica evidenza.

Contrariamente quanto affermato in ricorso, infatti, i giudici del gravame hanno accertato l’effettivo pagamento delle retribuzioni ai dipendenti, indicando chiaramente che la circostanza trova conferma nelle dichiarazioni rese dal funzionario che aveva svolto la verifica presso la società della quale l’imputato era legale rappresentante, prendendo diretta cognizione dei prospetti paga e dall’assenza di qualsivoglia allegazione da parte del prevenuto volta a dimostrare il contrario.

Si tratta, nella fattispecie, di accertamenti in fatto che, in quanto immuni da vizi logici, non possono essere oggetto di censura in questa sede.

Del tutto generico e palesemente infondato risulta, infine, il terzo motivo di ricorso.

Il ricorrente afferma apoditticamente che il giudice del gravame avrebbe omesso ogni considerazione in ordine ai motivi di appello, incorrendo così nel vizio di motivazione. Nessuna ulteriore specificazione viene formulata in ordine alle singole doglianze che la Corte territoriale non avrebbe esaminato.

Tale assunto è peraltro smentito dai puntuali riferimenti ai singoli motivi di impugnazione riportati in sentenza e dalla precisa ed esaustiva analisi degli stessi, cui è unita la chiara indicazione del percorso interpretativo seguito per pervenire, con argomentazioni immuni da censure, ad un giudizio di infondatezza dell’appello.

Alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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