Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-01-2012, n. 1223 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con citazione del 3/8/2000 S.S. conveniva in giudizio B.E. chiedendo che fosse pronunciata ai sensi dell’art. 2932 c.c., sentenza di trasferimento di un immobile oggetto di una proposta irrevocabile di acquisto, accettata da controparte, che prevedeva la stipula di un preliminare e un successivo contratto definitivo; esponeva di avere appreso che la dichiarazione della successione ereditaria in forza della quale era pervenuto l’immobile alla B. era stata presentata tardivamente e siccome questo ritardo lo esponeva al rischio di un accertamento di valore e di sanzioni, tenuto conto che i relativi crediti erariali erano garantiti da privilegio speciale (D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 41 e art. 2772 c.c.), non aveva sottoscritto nè il preliminare nè il contratto definitivo perchè la venditrice si era rifiutata di fare inserire nel preliminare clausole idonee a garantirlo da future eventuali pretese dell’amministrazione finanziaria.

Tanto premesso in fatto, lo S. chiedeva che il giudice condizionasse l’efficacia dell’emananda sentenza al pagamento del prezzo pattuito, ma ridotto ad una somma non inferiore all’importo del debito di imposta da determinarsi incorso di giudizio e comunque non inferiore a L. 20.000.000.

La convenuta si costituiva e, premesso di essersi sempre dichiarata disponibile alla stipula del definitivo alle condizioni pattuite e che l’esistenza del debito verso l’erario era una mera ipotesi, chiedeva il rigetto delle domande e in via riconvenzionale la condanna dell’attore al risarcimento per essersi pretestuosamente rifiutato di concludere il contratto.

Il Tribunale di Roma con sentenza del 19/7/2002 respingeva sia la domanda principale sia la domanda riconvenzionale.

Lo S. proponeva appello formulando censure relative:

1) alla ritenuta inapplicabilità della riduzione di prezzo;

2) alla mancata considerazione di due proposte alternative sostitutive dell’adempimento dell’obbligazione di imposta della B.;

3) alla ritenuta inammissibilità della domanda di trasferimento immobiliare in quanto mancante della documentazione attestante la regolarità urbanistica invece esistente;

4) al mancato riconoscimento dei danni subiti. L’appellata si costituiva, chiedeva il rigetto dell’appello e in via di appello incidentale l’accoglimento della propria domanda risarcitoria. La Corte di Appello di Roma con sentenza del 7/12/2005 rigettava sia l’appello principale che l’appello incidentale rilevando, per quanto qui ancora interessa, che:

– non ricorrevano i presupposti per la riduzione di prezzo secondo quanto previsto dall’art. 1489 c.c., perchè la cosa promessa in vendita non era gravata da vincoli o oneri reali incidenti sul libero godimento, posto che il privilegio speciale dell’amministrazione finanziaria non incide sul godimento della cosa, ma può determinare la successiva espropriazione forzata, realizzando così la diversa ipotesi riconducibile all’art. 1482 c.c., per l’ipotesi di cosa gravata da garanzie reali o altri vincoli (norma che prevede, quali tutele del compratore, la sospensione del pagamento del prezzo e, dunque, non la riduzione, la risoluzione in mancanza di liberazione nel termine fissato o la responsabilità per evizione);

le proposte alternative formulate dal promissario acquirente non avevano formato oggetto del petitum nel processo e pertanto non potevano essere prese in considerazione;

la censura riguardante la ritenuta mancata prova della conformità urbanistica era assorbita dal rigetto del primo motivo di gravame (relativo all’inapplicabilità della riduzione di prezzo) e, comunque, la dichiarazione di conformità urbanistica, prevista in una bozza, non era mai stata formalizzata nel preliminare perchè mai sottoscritto;

la censura relativa al mancato accoglimento della domanda di risarcimento dei danni era inammissibile per la sua genericità rispetto alle specifiche ragioni di rigetto espresse dal Tribunale fondate sulla mancata prova dei danni o sulla non meritevolezza di ristoro.

S.S. propone ricorso fondato su cinque motivi; resiste con controricorso B.E..

Lo S. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., e un documento costituito da un rogito notarile di compravendita, relativo all’immobile de quo, contenente una dichiarazione della B. (di edificazione in data anteriore al primo settembre 1967) che si assume essere rilevante per escludere la necessità di una dichiarazione di conformità dell’immobile alle prescrizioni urbanistiche.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente e come richiesto dal Procuratore Generale, deve essere dichiarata l’inammissibilità della produzione dell’atto notarile avvenuta con la memoria ex art. 378 c.p.c..

La produzione, non riguardando la nullità della sentenza o l’ammissibilità del ricorso o del controricorso (ma la dichiarazione di edificazione in data anteriore al primo Settembre 1967) è inammissibile ai sensi dell’art. 372 c.p.c., che espressamente preclude la produzione di documenti diversi da quelli testè indicati.

Il richiamo (contenuto nella memoria del ricorrente) al precedente di questa Corte a S.U. (Cass. S.U. 11/11/2009 n. 23825) secondo il quale la documentazione della liceità della costruzione e l’allegazione della sua esistenza si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti, è incompleta perchè questa Corte ha bensì affermato che:

la documentazione (relativa alla liceità della costruzione) è condizione non della domanda ma della delibazione (che ben può intervenire, in quanto requisito di fondatezza della domanda, in corso di causa) per cui è necessario che il documento – da poter produrre anche in secondo grado – sia stato acquisito al momento della decisione della lite, con la conseguenza che sia l’allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti;

ma ha poi precisato che allegazione e documentazione possono avvenire anche nel corso del giudizio d’appello (purchè prima della relativa decisione) con chiaro riferimento alle preclusioni relative al giudizio di merito e non alle preclusioni relative al giudizio di legittimità; il precedente non è quindi applicabile alla presente fattispecie.

Neppure è pertinente il richiamo a Cass. 17/6/2009 n. 14080 (per il quale la produzione del decreto di esproprio sopravvenuto rispetto al giudizio di appello può avvenire anche nel giudizio di legittimità) essendo relativo al diverso caso dell’azione di determinazione dell’indennità di esproprio e alla sopravvenienza del decreto di esproprio dopo la chiusura del giudizio di appello e non, quindi, ad un fatto documentabile anche nel giudizio di appello, come nella fattispecie oggetto del presente ricorso; infine la suddetta decisione è fondata sulla considerazione (del tutto inapplicabile al caso di specie) per la quale il sopraggiungere del decreto di esproprio costituisce un factum superveniens idoneo anche a modificare l’oggetto del giudizio.

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 99, 112, 113 c.p.c..

Sostiene che il giudice di appello sarebbe venuto meno al suo compito di qualificare giuridicamente la domanda sulla base dei fatti esposti e posti a base della domanda medesima essendosi limitato a rilevare che la domanda di riduzione di prezzo non poteva essere ricondotta alla fattispecie dell’art. 1489 c.c..

3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce l’omessa pronuncia in ordine all’applicabilità dell’art. 2932 c.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 104 e 112 c.p.c., e il vizio di motivazione. Sostiene che il giudice di appello non avrebbe pronunciato sulla domanda di esecuzione in forma specifica del contratto ex art. 2932 c.c., in conseguenza di una erronea qualificazione giuridica della domanda e sulla base dell’erroneo convincimento per il quale la domanda di riduzione del prezzo e quella di esecuzione in forma specifica del contratto non fossero autonome e scindibili.

4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione in relazione al rigetto del motivo di gravame per inapplicabilità del richiamo normativo sul quale era fondata la riduzione del prezzo, senza alcuna ulteriore specificazione e semplicemente richiamando la sentenza dì prime cure.

5. Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1482 e 2932 c.c.; sostiene che la Corte territoriale non riconoscendo il diritto alla riduzione del prezzo avrebbe violato o falsamente applicato gli artt. 1482 e 2932 c.c., perchè l’art. 1482 c.c., non esclude che l’acquirente di immobile gravato da garanzie reali o altri vincoli possa ottenere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., previa riduzione del prezzo; al riguardo richiama Cass. 5/6/2000 n. 7471 c.c..

6. Con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, art. 2697 c.c. e art. 2968 c.c., e il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta preclusione all’accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. derivante dalla mancanza dei documenti comprovanti la conformità dell’immobile alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 40; il ricorrente assume che la motivazione sarebbe contraddittoria perchè il giudice di appello, dopo avere ritenuto assorbito tale motivo di appello dal rigetto del primo motivo (relativo alla mancata applicazione dell’art. 1489 c.c., per la riduzione del prezzo), lo avrebbe poi esaminato ritenendolo non fondato e, quindi, non consentendo di stabilire se la ratio decidendi si fondava sulla mancanza della documentazione di regolarità urbanistico – edilizia o sulla ravvisata non riducibilità del prezzo per l’impossibilità di applicare la norma invocata dall’appellante.

Il ricorrente censura la decisione anche per erronea applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, art. 2697 c.c. e art. 2968 c.c., sostenendo che la dichiarazione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 40, non sarebbe requisito indispensabile per la pronuncia della sentenza, costitutiva, che l’unico soggetto tenuto alle produzioni o dichiarazioni contemplate nel citato art. 40 sarebbe l’alienante cosi che non potrebbe negarsi la pronuncia di sentenza costitutiva richiesta dall’acquirente, dal quale non sarebbe esigibile l’attività probatoria o dichiarativa richiesta in quanto relativa a fatti e circostanze che non rientrano nella sua disponibilità. 6. Il motivo è infondato.

Il giudice di appello, pur rilevando l’assorbimento del motivo di appello sulla mancata prova della conformità urbanistica e/o edilizia dell’immobile, oggetto del terzo motivo di gravame, ha osservato che il motivo era infondato perchè tale prova era mancante e, quindi, nella sostanza, ha confermato la statuizione, sul punto, del primo giudice.

La normativa (L. n. 47 del 1985, art. 40, commi 2 e 3) prevede che gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali (esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti) sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell’art. 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione di cui dell’art. 35, comma 6. Per le opere iniziate anteriormente al 1^ settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti della L. 4 gennaio 1968, n. 15, art. 4, attestante che l’opera risulti iniziata in data anteriore al 1^ settembre 1967.

Nel caso in esame la domanda di adempimento in forma specifica proposta dal promissario acquirente era preclusa secondo il Tribunale (con statuizione confermata dalla Corte di Appello) anche per la mancata acquisizione della documentazione prescritta dalla L. n. 47 del 1985, art. 40.

Tale statuizione è corretta e conforme alla giurisprudenza di questa Corte perchè il giudice non può trasferire un immobile non commerciabile per omesso rispetto dei requisiti di cui alla L. n. 47 del 1985; la sentenza ex art. 2932 c.c., infatti, avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non può realizzare un effetto maggiore o diverso da quello che sarebbe stato possibile alle parti o un effetto che eluda la legge.

In caso di non collaborazione da parte del promettente venditore, come è consentita a una delle parti di un contratto definitivo di confermare l’atto carente integrandolo con i documenti mancanti o con la dichiarazione omessa, al promissario acquirente deve essere consentito produrre i documenti circa la regolarità urbanistica dell’immobile o rendere la prevista dichiarazione circa la data di costruzione dell’immobile al fine di ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c., che il giudice potrà emettere dopo aver acquisito i detti documenti o la detta dichiarazione proveniente da una qualsiasi delle parti; in tal modo vengono tutelate le ragioni del promissario acquirente e non viene lasciata al promittente venditore la possibilità di concludere il contratto definitivo o di consentire l’emanazione di sentenza ex art. 2532 c.c. (cfr. Cass. S.U. 11/11/2009 n. 23825 per in precedenza, questa Corte, con sentenza del 4/1/2002 n. 59 aveva già affermato che la L. n. 47 del 1985, art. 47, attribuisce a chi abbia diritto di prendere in visione presso gli uffici comunali di qualsiasi documento relativo all’immobile e l’art. 213 cod. proc. civ., consente alla parte di procurare l’acquisizione dei predetti documenti sollecitandone al giudice, che, pur potendolo, non è tenuto a provvedere di ufficio, la richiesta alla P.A.).

Per tali ragioni risultano del tutto destituite di fondamento le censure del quinto motivo relative alla non indispensabilità della documentazione relativa alla liceità della costruzione per la pronuncia della sentenza e all’impossibilità di richiedere al promettente acquirente la relativa attività probatoria o dichiarativa asseritamente non rientrante nella sua disponibilità o possibilità.

Il quinto motivo deve quindi essere rigettato ed essendo stata accertata, nel giudizio di merito, la mancanza della documentazione o della dichiarazione sulla liceità della costruzione che costituiscono la condizione per la pronuncia della sentenza sostitutiva dell’atto di compravendita immobiliare non concluso, il rigetto del quinto motivo comporta il rigetto del ricorso con assorbimento degli altri motivi di ricorso dovendosi, in tale senso, correggere la motivazione della sentenza impugnata perchè è la mancanza della suddetta documentazione o dichiarazione ad essere preliminare e quindi assorbente rispetto alle ulteriori ragioni di merito addotte per la reiezione della domanda attrice e non viceversa.

7. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile la produzione documentale allegata alla memoria ex art. 378 c.p.c., del ricorrente, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare a B.E. le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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