Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 13-09-2011) 21-09-2011, n. 34395 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 1 dicembre 2010, la Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza emessa il 25 settembre 2008 dal Tribunale di Lecce – Sezione Distaccata di Gallipoli nella parte in cui affermava la penale responsabilità di R.A. per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) (in concorso con R. L., che assolveva per non aver commesso il fatto), concretatosi nella realizzazione, in assenza di permesso di costruire, di un manufatto di m. 8,00 X 5,00 X 2,00 di altezza in mattoni prefabbricati e privo di copertura all’atto dell’accertamento.

Avverso tale decisione R.A. proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge, asserendo che erroneamente i giudici del gravame avevano escluso la natura pertinenziale dell’intervento eseguito in considerazione delle sue dimensioni che erano, invece, giustificate dall’unica destinazione a legnaia e custodia di tre cani, dalla presenza di un nesso oggettivo e funzionale con l’edificio principale e dall’assenza di autonomo valore di mercato.

Con un secondo motivo di ricorso rilevava che, per le medesime ragioni, la sentenza impugnata risultava connotata da illogicità e manifesta contraddittorietà della motivazione.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

Occorre preliminarmente ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente evidenziato le differenze intercorrenti tra la nozione di pertinenza urbanistica e quella contenuta nel codice civile, che assume una portata più ampia, chiarendo, altresì, che costituisce elemento discriminante tra pertinenza urbanistica e civilistica la rilevanza che in quest’ultima assumono sia l’elemento obiettivo che quello soggettivo, diversamente dalla prima dove rileva il solo elemento oggettivo (così Sez. 3, n. 28504, 8 luglio 2007).

Le caratteristiche peculiari della pertinenza urbanistica sono state più volte indicate in vario modo (cfr. Sez. 3, n. 37257, 1 ottobre 2008, citata anche nell’impugnata decisione, ed altre prec. conf.) e possono essere così sintetizzate: – deve trattarsi di un’opera che abbia comunque una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale e non sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato;

– deve essere preordinata ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso;

– deve essere sfornita di un autonomo valore di mercato;

non deve essere valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo (non superiore, in ogni caso, al 20% di quello dell’edificio principale) tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell’edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede;

la relazione con la costruzione preesistente deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l’uso (carattere di strumentalità funzionale);

Ulteriore (ed ovvio) requisito, più volte individuato dalla giurisprudenza penale (v. per tutte, Sez. 3, n. 33657, 6 ottobre 2006), è rappresentato dalla lecita realizzazione del manufatto principale cui la pertinenza accede e ciò in quanto, ripetendo il bene accessorio le proprie caratteristiche dall’opera principale a cui è intimamente connesso, risulterebbe anch’esso in contrasto con l’assetto urbanistico del territorio.

Alla luce di tali principi, che lo stesso ricorrente dimostra di avere ben presenti, deve rilevarsi che la Corte territoriale ha correttamente escluso la natura pertinenziale dell’intervento.

Invero, con accertamento in fatto del tutto coerente e scevro da cedimenti logici e, come tale, incensurabile in questa sede di legittimità, la Corte del merito ha ritenuto che l’immobile, in ragione della volumetria svilupparle dopo la copertura, doveva ritenersi dotato di autonoma rilevanza edilizia ed urbanistica ed era senz’altro suscettibile di determinare una permanente alterazione del territorio ma, sopratutto, ha rilevato che non vi era alcun elemento atto a dimostrare qualsivoglia collegamento funzionale con l’edifico principale del quale si ignoravano le dimensioni e l’ubicazione, poichè nessuna allegazione in tal senso era pervenuta con l’atto di appello.

Il ricorrente assume, sul punto, che avrebbe dovuto l’accusa dimostrare la natura non pertinenziale dell’immobile, la cui destinazione era indicata nel permesso di costruire in sanatoria rilasciato dall’autorità comunale.

Tale affermazione è del tutto erronea, poichè oggetto della contestazione era la realizzazione di un intervento di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire ed entro tale ambito l’autorità inquirente era tenuta ad assolvere all’onere della prova, mentre la dedotta natura pertinenziale dell’intervento da parte dell’imputato richiedeva, quantomeno, l’allegazione da parte dello stesso di dati e informazioni tali da consentire ai giudici una adeguata valutazione della sussistenza dei presupposti di legge per ritenere la diversa natura dell’opera.

Nella fattispecie, oltre alla mancanza di tali indicazioni, giustamente evidenziata dalla Corte territoriale, veniva ritenuta in fatto, attraverso la documentazione fotografica, anche la obiettiva destinazione abitativa del manufatto in ragione della sagoma, della tecnica costruttiva, dell’assenza di tramezzature interne, della presenza di due porte di accesso.

Anche tale accertamento, sorretto da adeguata e logica motivazione, si sottrae a qualsiasi censura in sede di legittimità.

A conclusioni analoghe deve pervenirsi per quanto riguarda le considerazioni svolte sul permesso di costruire in sanatoria che i giudici, anche in questo caso con argomentazioni del tutto pertinenti, hanno ritenuto riferito ad altro intervento edilizio, come risulta dalla stessa descrizione delle opere riportate in sentenza: "…una recinzione in muratura da adibirsi a legnaia e custodia n. 3 cani ".

Ne consegue, pertanto, che la dedotta natura di pertinenza dell’intervento edilizio resta una mera affermazione priva di qualsivoglia riscontro.

Alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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