Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-06-2011) 21-09-2011, n. 34404

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 9 dicembre 2010, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Modena, a seguito di richiesta del P.M., disponeva procedersi con rito immediato nei confronti di Z. N. per i reati di illecita detenzione di cocaina e di resistenza a pubblico ufficiale.

2. Avverso la richiesta ed il decreto suddetti, ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo il vizio di violazione di legge.

Il ricorrente eccepisce che la richiesta di giudizio immediato risulterebbe promossa fuori dei termini ivi prescritti dal codice di rito. Il P.M., una volta dichiarata nulla la richiesta di rinvio a giudizio, per evitare la scadenza del termine massimo di fase della custodia cautelare, avrebbe esercitato l’azione penale nei modi di cui all’art. 453 c.p.p..

Conseguentemente, sia la richiesta che il decreto di giudizio immediato risulterebbero atti extra ordinem abnormi e nulli, ex art. 178 e 179 c.p.p..

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Per il principio di tassatività delle impugnazioni, nè la richiesta nè il decreto che dispone il giudizio sono atti autonomamente impugnabili.

Quanto in particolare al decreto che dispone il giudizio – le cui disposizioni contenute nell’art. 429 c.p.p., commi 1 e 2, si applicano, per espresso richiamo, anche al decreto ex art. 456 c.p.p. – la giurisprudenza di legittimità ha infatti stabilito che è provvedimento inoppugnabile, trattandosi di un atto di mero impulso processuale, diretto a fondare la competenza del giudice del dibattimento a conoscere del merito e di tutte le questioni connesse (tra le tante, Sez. 2, n. 40408 del 08/10/2008, Leggieri, Rv.

241869).

Peraltro, il decreto che dispone il giudizio può dirsi immediatamente impugnabile quando presenti le caratteristiche dell’atto abnorme, per la cui sussistenza non è sufficiente che il provvedimento sia inficiato da una qualsivoglia violazione di legge, ma è necessario che lo stesso, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ovvero, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di la1 di ogni ragionevole limite. L’abnormità dell’atto può riguardare infatti sia il profilo strutturale, allorchè l’atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, sia il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo, potendosene ravvisare un sintomo nel fenomeno della c.d. regressione anomala del procedimento ad una fase anteriore (tra le tante, Sez. U n. 26 del 24/11/1999, dep. 26/01/2000, Magnani, Rv.

215094).

Nessuna di tali situazioni è riscontrabile nel caso in esame, avendo il ricorrente soltanto dedotto profili che si risolvono nell’eventuale irritualità del decreto impugnato, ma che non conferiscono allo stesso le caratteristiche di atto geneticamente o funzionalmente anomalo, non inquadrabile nei tipici schemi normativi ovvero incompatibile con le linee fondanti del sistema (in tal senso, cfr. per l’ipotesi di decreto di giudizio immediato emesso dal G.i.p. a seguito del decorso del termine di centottanta giorni dall’esecuzione della misura cautelare nei confronti dell’imputato, stabilito dall’art. 453 c.p.p., comma 1 bis, Sez. 6, n. 47348 del 01/12/2009, Morello, Rv. 245490).

Nè può definirsi abnorme il decreto che ha disposto, su richiesta del P.M., il giudizio immediato, a seguito della declaratoria di nullità dell’atto con cui era stata esercitata l’azione penale. Tale declaratoria attribuisce infatti al P.M. ricevente piena libertà di determinazione, ripristinando le facoltà dell’organo di iniziativa penale, svincolandolo dal precedente atto, che, in quanto nullo, non ha più alcuna valenza, tant’è che, se il P.M. intende confermare la sua precedente scelta, deve esercitare di nuovo l’azione penale.

Nel caso di specie, non viene neppure in considerazione il principio di irretrattabilità dell’azione penale ( art. 50 c.p.p.), evocato in ricorso, posto che l’azione penale è stata nuovamente esercitata dal P.M., se pur con rito diverso.

3. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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