Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-01-2012, n. 1217 Donazione e legato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 3/8/1981 M.R., vedova B. conveniva in giudizio B.F.G. e i suoi figli Ca., N., R., A. e Ma. esponendo:

che il proprio figlio B.A. con testamento aveva istituito eredi universali i figli nascituri del fratello F. G. e aveva disposto il legato di usufrutto, su tutti i beni ereditar, a favore di essa attrice;

– che, invece, di tali frutti si erano indebitamente appropriati i convenuti.

Ciò premesso, chiedeva la condanna dei convenuti al pagamento di tutti i frutti dei beni relitti e al rilascio dei beni stessi.

I convenuti si costituivano chiedendo il rigetto delle domande;

B.F.G. si costituiva sia in proprio che quale procuratore della figlia R..

Dopo la morte dell’attrice riassumevano il processo le sue figlie B.C. e M., eredi testamentarie per 1/3, le quali coltivavano solo la domanda di pagamento dei 7/18 dei frutti dei beni relitti, maturati fino al decesso della madre.

Con sentenza del 22/5/1991 il Tribunale di Crotone condannava 1 convenuti in solido a pagare alla due attrici in riassunzione la somma di L. 281.215.669 ciascuna,oltre rivalutazione.

A seguito di appello dei convenuti la Corte di Appello di Catanzaro dichiarava la nullità della sentenza rimettendo la causa nuovamente al Tribunale, di fronte al quale era riassunta da B.C. e da P.C., A. e Ad., eredi di B. M..

Il Tribunale con sentenza del 24/2/1999, riteneva che M. E., nei confronti della quale non erano state formulate domande, dovesse comunque stare nel processo quale erede del convenuto B.F.G.; rigettava le eccezioni dei convenuti, accoglieva la domanda attrice e condannava al pagamento dei frutti dei beni ereditari i convenuti, figli di B. F.G. i quali proponevano appello.

Si costituivano gli appellati B.C. e i fratelli A. e Pa.Ad., eredi di M..

La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza non definitiva del 24/7/2002 rigettava l’appello di M.E., rigettava le domande attrici limitatamente alla restituzione dei frutti maturati fino al 2/8/1976 e confermava, nel resto l’appellata sentenza;

disponeva la prosecuzione del giudizio per l’espletamento di un supplemento di CTU al fine di determinare il credito non prescritto riservandosi di provvedere sulle spese alla definizione del giudizio, salvo che per le spese relative al rapporto tra gli appellati e M.E. che dichiarava compensate.

All’udienza fissata per la prosecuzione dell’istruttoria i procuratori delle parti si riservavano di proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza non definitiva.

All’esito del supplemento di consulenza, con sentenza definitiva del 30/3/2005 la Corte di Appello di Catanzaro condannava in solido i convenuti Be.Ca., N., R. e M. al pagamento della somma di Euro 96.577,44 in favore di B. C. e della stessa somma in favore di P.C., A. e Ad., eredi di B.M..

La Corte di Appello, per quanto qui di interesse in relazione ai motivi di ricorso e controricorso, rilevava:

l’infondatezza dell’eccezione di difetto di legittimazione ad causam e comunque di estraneità alla controversia ereditaria di B.F.G. e di conseguenza del successore M.E., perchè egli era passivamente legittimato in quanto anche nei suoi confronti in proprio e non quale legale rappresentante dei figli era stata proposta l’originaria domanda, con la quale M.R., tra l’altro, gli chiedeva la consegna di parte di un cespite ereditario dallo stesso convenuto posseduto; la legittimazione passiva di M.E. derivava dalla sua qualità di erede del predetto convenuto; – che la mancanza di formale accettazione di eredità da parte dei figli minori per mezzo del padre (anche per mancanza di autorizzazione del giudice tutelare), contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, non aveva dato luogo ad una ipotesi di eredità giacente perchè i chiamati, tramite il loro genitore, erano nel possesso dei beni ereditari: gravati dall’usufrutto così che erano validi, efficaci e opponibili gli atti interruttivi della prescrizione del diritto di usufrutto posti in essere nei confronti di B.F.G. quale legale rappresentante dei figli minori nella veste di chiamati all’eredità;

che i minori, tramite il suddetto legale rappresentante, esercitavano, ai sensi dell’art. 460 c.c., i poteri di amministrazione sul patrimonio e reditario;

– che i chiamati all’eredità divenuti maggiorenni, non avevano esercitato la facoltà di accettare con beneficio di inventario o di rinunciare all’eredità, con la conseguenza che erano divenuti eredi puri e semplici con effetti retroattivi, ex art. 459 c.c., sin dall’apertura della successione;

– che pertanto essi dovevano rispondere, nei confronti dell’usufruttuaria, per 1 frutti da loro indebitamente percepiti, tramite il genitore, sui beni da loro posseduti;

– che nessuna rilevanza poteva assumere, per escludere l’acquisto del legato di usufrutto, il fatto che l’usufruttuaria non avesse provveduto all’inventario dei beni oggetto di usufrutto e a prestare garanzia, perchè si tratta di incombenze che attengono al conseguimento del possesso e non incidono sull’immediato acquisto del diritto, comprensivo del diritto a percepire i frutti;

che era del tutto infondato il richiamo all’art. 669 c.c., comma 2 (per il quale i frutti della cosa legata sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale) in quanto la disposizione si riferisce al legato a effetti obbligatori (per damnationem) e non al legato di specie nel quale il diritto si acquista immediatamente alla morte del testatore;

– che non era ravvisabile alcuna rinuncia al legato di usufrutto da parte di M.R., non essendo ravvisabile una rinuncia per facta concludentia, esclusa in ipotesi di beni immobili e che nessuna rinuncia al legato era stata manifestata nel corso di precedente giudizio definito con sentenza 46/1981 le cui risultanze il giudice di appello dichiara di avere valutato a tal fine;

– che gli eredi (in quanto eredi puri e semplici non essendosi avvalsi della facoltà di accettare con beneficio di inventario) erano tenuti alla corresponsione dei frutti civili e naturali o del loro equivalente in denaro;

– che il primo giudice aveva escluso la prescrizione decennale del credito di usufrutto con riferimento a crediti di valore, ma l’obbligazione in concreto accertata integrava un debito di valore di tipo risarcitorio in quanto il primo giudice aveva ritenuto che all’attrice fosse dovuto l’equivalente pecuniario dei frutti dei fondi non più esistenti, ovvero l’equivalente pecuniario del bene perduto;

– che, infatti, non rientrava nel contenuto intrinseco del diritto di usufrutto anche il diritto di ottenere il ristoro per equivalente dei frutti non percepiti;

– che pertanto, avuto riguardo alla natura risarcitoria del credito, doveva applicarsi la prescrizione quinquennale.

Propongono ricorso per Cassazione, fondato su 4 motivi B. C. e A. e Pa.Ad.. Propongono ricorso incidentale N., R., A. e B.M. sulla base di 5 motivi e con nota di udienza chiedono termine per la notifica del ricorso incidentale anche a P.C., altro erede di B.M..

T.A. e T.C. in data 11/5/2011 quali eredi di B.C. hanno depositato procura speciale ad litem e i difensori nominati hanno depositato memoria con la quale, preliminarmente, hanno eccepito l’improcedibiljtà del ricorso incidentale di B.N., R., A. e M. perchè l’atto che lo contiene è stato notificato ai ricorrenti oltre il termine stabilito dall’art. 370 c.p.c. di venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso All’udienza del 18/5/2011 la causa era rinviata a nuovo ruolo per l’intervenuto decesso dell’unico difensore dei controricorrenti e ricorrenti in via incidentale i quali hanno conferito procura speciale ad litem a due nuovi difensori che hanno depositato memoria in data 10/11/2011 senza, peraltro contestare l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale per tardività.

Motivi della decisione

Va preliminarmente disposta, ex art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.

1. Con il primo motivo i ricorrenti principali deducono violazione degli artt. 669, 981, 984, 1014 e 2909 c.c., e il vizio di motivazione lamentano che, con motivazione omessa o insufficiente e contraddittoria e in conseguente violazione delle citate norme in materia di diritto sui frutti, di decorrenza della relativa spettanza e di cosa giudicata, il giudice di appello avrebbe applicato la prescrizione quinquennale (ritenendo prescritti i crediti risarcitori venuti ad esistenza oltre cinque anni prima della proposizione della domanda), mentre il diritto ai frutti della cosa si prescrive solo se si prescrive il diritto dell’usufruttuario.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti principali deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2943, 2944, 2946 e 2947 c.c. e il vizio di motivazione; i ricorrenti lamentano che nell’impugnata sentenza non sono stati presi in considerazione gli atti interruttivi della prescrizione, idonei a interrompere anche la prescrizione dei diritti sui frutti.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti principali deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 669, 981, 984, 1014, 1073, 2943, 2944, 2946 e 2947 c.c., e il vizio di motivazione; nel motivo, in sostanza, si afferma che gli eredi, in quanto obbligati ex art. 669 c.c., a corrispondere i frutti al legatario, avevano assunto una responsabilità di natura contrattuale da inadempimento o comunque una responsabilità quasi contrattuale secondo la generale previsione dell’art. 1173 c.c.; di conseguenza doveva essere applicata la prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 c.c.; in ogni caso, siccome M.R. con atto di citazione notificato il 14/12/1975 aveva formulato domande relative ai diritti usufruttuari, idonee a interrompere la prescrizione e a sospenderla per il corso del giudizio, il termine prescrizionale avrebbe dovuto farsi decorrere dal 14/12/1975. 4. I tre motivi devono essere esaminati congiuntamente in quanto relativi all’unitaria contestazione dell’applicazione della prescrizione quinquennale. Le censure di cui al primo motivo sono inammissibili perchè non colgono la ratio decidendi della sentenza di appello: la Corte territoriale, infatti, non ha ritenuto prescritto il diritto a percepire i frutti, ma ha ritenuto che nel primo grado fosse stato definitivamente accertato che l’attrice avesse un credito risarcitorio per l’equivalente del danno derivante dalla mancata consegna dei frutti della cosa in quanto non più esistenti; questa ratio decidendi non è stata attinta dal motivo.

Per le stesse ragioni sono inammissibili le censure di cui al secondo motivo, ossia per estraneità del motivo rispetto alla ratio decidendi; il giudice di appello, infatti, non ha ritenuto prescritto il diritto sui frutti, ma il diritto al risarcimento spettante in conseguenza dell’impossibilità di consegna dei frutti spettanti alla legataria, come risulta dalla semplice lettura della sentenza (pag.

22 sentenza non definitiva di appello).

In ordine alla natura della responsabilità (di tipo risarcitorio con prescrizione quinquennale) degli eredi per i frutti non consegnati la censura è inammissibile perchè, a seguito della statuizione sulla qualificazione della responsabilità da parte del primo giudice, si è formato il giudicato interno circa la natura risarcitoria ed extracontrattuale dell’obbligazione come correttamente rilevato dal giudice di appello (pag. 22, 24 e pag. 26 della sentenza non definitiva di appello) il quale, in particolare, ha rilevato che "l’operato accertamento delle pretese creditorie di B. R. come sopra qualificate e di fatto ricondotte… al ristoro per equivalente dei frutti percipiendi… non è stato impugnato da alcuna delle parti, avendone gli appellanti (odierni resistenti) eccepito sol tanto la prescrizione e gli appellati (odierni ricorrenti espressamente chiesto la conferma) sicchè deve ritenersi che sul punto si è ormai formato il giudicato" (pag. 24 della citata sentenza).

Nè è stata specificamente contestata l’interpretazione (e i motivi addotti a sostegno) del giudice di appello in punto qualificazione del tipo di responsabilità riconosciuta in primo grado, qualificazione che scaturisce secondo il giudice di appello dal fatto che in prime cure si era ritenuto che i frutti non fossero più esistenti (v. il riferimento a pag. 22 della sentenza non definitiva di appello); ne discende che l’erede non era tenuto ad alcun adempimento nè di tipo contrattuale nè di tipo "paracontrattuale" nei confronti del legatario, ma, non potendo consegnare i frutti perchè perduti, era tenuto al relativo risarcimento per il loto equivalente pecuniario.

In ordine all’ulteriore argomento relativo ai pretesi atti interruttivi della prescrizione occorre ribadire che tali atti riguardavano i dirrtti usufruttuari e non il credito risarcitorio.

5. La richiesta di caducazione della sentenza definitiva per effetto della cassazione della sentenza non definitiva resta travolta dal rigetto dei motivi diretti alla caducazione della sentenza non definitiva.

6. Il ricorso incidentale è inammissibile per tardività e di conseguenza è inammissibile la richiesta dr un termine per la notifica di tale ricorso ad una parte. Per il principio dell’unicità del processo di impugnazione, in conformità con l’orientamento giurrsprudenziale di questa Corte Cass. S.U. 13/11/1997 n. 11219, Cass. 17/10/2007 n. 21829) la proposizione dell’impugnazione principale determina, nei confronti di tutti coloro cui il relativo atto venga notificato, l’onere,a pena di decadenza, di esercitare il proprio diritto di impugnazione, nei modi e nei termini previsti per l’impugnazione incidentale ( art. 333 c.p.c.) e, quindi, nel caso di ricorso per cassazione, nel termine di 40 gg. dalla suddetta notificazione ( art. 370 c.p.c.).

Il ricorso principale è stato notificato il 26/11/2005 e, quindi, il termine di venti giorni per il deposito scadeva il 16/12/2005; da tale data decorreva, ex art. 370 c.p.c., il termine di 20 giorni per la notifica del controricorso; tale termine è scaduto il 6/1/2006 mentre il ricorso incidentale risulta notificato il 18/1/2006 e non risultano in atti date anteriori.

Essendo stato rigettato il ricorso e dichiarato inammissibile quello incidentale devono compensarsi tra le parti le spese di questo giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale.

Compensa tra tutte le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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