Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-06-2011) 21-09-2011, n. 34394Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.S.W., tramite il difensore impugna la ordinanza 24.2.2011 con la quale il Tribunale del riesame di Torino, ex art. 310 c.p.p., ha confermato il provvedimento 18.12.2010 reiettivo della istanza di revoca e sostituzione della misura di custodia cautelare applicata al ricorrente nell’ambito del procedimento penale 11345/10 RGNRP nel corso del quale è stato condannato (con sentenza 10.12.2010) alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione.

La difesa dell’imputato censura il provvedimento impugnato perchè non sarebbe adeguatamente motivati, "risultando una ripetizione cantilenante di quella che era stata la valutazione del primo giudice avulsa dalle doglianze difensive", non essendo stata fornita spiegazione circa la valenza (modesta ad avviso della difesa) dei precedenti penali dell’imputato, non avendo il Tribunale fornito inoltre adeguata motivazione circa il tempo ormai trascorso in carcere dall’imputato, dall’inizio della esecuzione del provvedimento di privazione della libertà.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il tribunale del riesame respingendo l’appello ex art. 310 c.p.p., ha considerato le circostanze previste dall’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c); in particolare il Tribunale, senza esprimere giudizi in ordine al merito delle accuse (essendo già intervenuta sentenza di condanna di primo grado), ha apprezzato la pericolosità sociale dell’imputato, richiamando e concatenando fra loro sia le circostanze del fatto (clonazione di carte di credito, raccolta e diffusione di numeri PIN, disponibilità del computer utilizzato per la suddetta attività), sia la personalità dell’imputato, valutata alla luce dei precedenti penali (esistenza di due precedenti penali specifici e una pendenza per un reato di associazione per delinquere) e dalla sua condotta in relazione al reato per il quale è giudizio (dimostrativa dello stabile inserimento dello imputato nell’ambiente del traffico internazionale di carte di credito donate, della loro produzione e del loro realizzo).

Il Tribunale, ex art. 275 c.p.p., comma 1, ha indicato le ragioni per le quali la misura cautelare della custodia in carcere sia l’unica idonea a soddisfare le esigenze cautelari, facendo presente che la natura dello illecito, e lo inserimento dello imputato nella organizzazione non consente di ritenere adeguata la misura degli arresti domiciliari.

Da ultimo il Tribunale (conformemente alla giurisprudenza di legittimità, v. in tal senso, fra le altre e da ultimo Cass (ord.) 2.2.2010, Lurato), ha giudicato la irrilevanza del tempo ormai decorso dall’inizio dell’esecuzione della misura cautelare, in assenza di ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare.

La motivazione del provvedimento impugnato non è manifestamente illogica, non presenta contraddittorietà, nè carenze.

La difesa non ha messo in evidenza alcuno dei vizi specifici previsti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), infatti non ha dedotto in modo preciso puntuale, entro i limiti previsti dall’art. 581 c.p.p.:

contraddizioni interne nella motivazione del provvedimento, o manifeste illogicità; per contro le carenze di motivazione denunciate sono insussistenti sul piano oggettivo.

Il ricorso, in altri termini, si concreta in un’immotivata e generica censura riguardante aspetti del merito che non può essere oggetto di sindacato nella presente sede.

La difesa, inoltre, non ha messo in evidenza eventuali erroneità nella valutazione e nell’apprezzamento delle singole circostanze di fatto riconducibili ad ipotesi di travisamento delle prove, lamentando solo la circostanza che il Tribunale non avrebbe apprezzato la scarsa gravità dei precedenti, disattendo quanto contenuto nell’atto di appello e quanto affermato nel corso della udienza. In relazione alla denunciata carenza di motivazione va osservato che essa è censura generica, perchè la difesa non indica in modo preciso e puntuale quali siano gli argomenti contenuti nell’atto di appello che non siano stati presi in considerazione dal Tribunale ex art. 310 c.p.p.. Va inoltre osservato che la valutazione della gravità dei precedenti giudiziari dell’imputato è valutazione attinente ad aspetti di fatto che il Tribunale mostra di avere preso considerazione in modo diverso rispetto alla difesa che non fornisce sul piano giuridico e nell’ambito della già richiamata previsione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), argomentazioni concrete, dimostrative dell’erroneità dell’assunto del Tribunale, al di là di una diversa prospettazione soggettiva. Il ricorso è manifestamente infondato, perchè generico nel contenuto, attinente ad aspetti di fatto (insindacabili in sede di legittimità), meramente ripropositivo di questioni già dedotte avanti il Tribunale il quale ha dato risposta esauriente, non adeguatamente confutata dalla difesa con critiche che introducano aspetti di novità.

Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende attesa la pretestuosità delle ragioni del gravame.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *