Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 02-08-2011) 22-09-2011, n. 34474 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – Con la sentenza impugnata la Corte d’appello ha confermato la condanna inflitta in primo grado all’odierna ricorrente accusata di non avere versato le ritenute previdenziali dei propri dipendenti per determinati periodi meglio precisati nell’imputazione.

Avverso tale decisione, l’imputata ha proposto ricorso deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in quanto, come già osservato nei motivi di appello, non vi è prova che l’imputata abbia versato le retribuzioni e tale dimostrazione avrebbe dovuto essere fornita dall’accusa. Sul punto la Corte non ha risposto limitandosi a ribadire quanto detto nella sentenza di primo grado (che cioè la corresponsioni avrebbe dovuto desumersi dalle registrazioni sul libro paga e dal difetto di segnalazioni contrarie all’ipotesi dell’avvenuto pagamento).

La ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

2. Motivi della decisione – Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.

La giurisprudenza evocata dalla ricorrente a sostegno del proprio argomentare è corretta ma non pertinente nel caso specifico visto che, al contrario, essa permette di affermare la piena validità della motivazione della decisione impugnata.

Ed infatti, è ben vero che ai fini della configurabilità del reato qui in discussione è necessaria la prova del materiale esborso, anche in nero, della retribuzione, ma è altrettanto certo – e la cosa è stata affermata proprio da questa S.C. (sez. 3, 25.9.07, Pene, Rv. 237829; conf. Sez. 3, 8.7.05, Smodile, Rv. 232393) – che l’onere probatorio sul punto (gravante sulla pubblica accusa) può essere assolto, sia, mediante il ricorso a prove documentali e/o testimoniali, che, attraverso il ricorso alla prova indiziaria.

Nel caso che occupa, è, pertanto, ineccepibile la replica che i giudici d’appello danno alla analoga questione posta dalla ricorrente. Nell’evidenziare, infatti, la genericità del principio di diritto richiamato dall’appellante, si ribatte che, già in primo grado, era stato evidenziato che il verbale di accertamento aveva fatto emergere che "la corresponsione delle retribuzioni al personale dipendente era stata registrata sul libro-paga, in difetto di evidenza d’elemento alcuno di senso contrario".

Inoltre, il teste F. (ispettore dei lavoro) a specifica domanda, aveva precisato che, non solo, non aveva ricevuto segnalazioni di mancati pagamenti ma che, al contrario, le uniche segnalazioni erano state di "qualche ritardo" (ad implicita conferma, perciò, di pagamenti effettivamente avvenuti).

Del resto, soggiungono ancora opportunamente i giudici di merito, la stessa V. "mai ha affermato, nè in fase di accertamenti ispettivi, nè in fase di indagini preliminari, nè, infine, in dibattimento che le retribuzioni non furono versate, nè ha dedotto prove in tal senso (decreti ingiuntivi in relazione al mancato pagamento, solleciti, scritti, testi…)".

E’, pertanto, fin troppo evidente la incensurabilità della decisione impugnata sia sotto il profilo della corretta applicazione della legge che di quello della motivazione sviluppata a sostegno della decisione.

Alla presente declaratoria di inammissibilità, segue, per legge ( art. 616 c.p.p.), la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000.

P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.; dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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