Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 19 giugno 2002, il CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore, nonchè S.S., + ALTRI OMESSI convenivano, dinnanzi al Tribunale di Trento, la PIFFER UNO s.r.l., dalla quale le persone fisiche avevano acquistato unità immobiliari ubicate nella Palazzina al (OMISSIS), esponendo che l’edificio nel suo complesso era interessato da diversi fenomeni di progressivo degrado strutturale e funzionale, consistenti in infiltrazioni di acqua e umidità sui muri perimetrali e all’interno dei singoli appartamenti, con conseguente deterioramento degli intonaci;
sgretolamento del rivestimento dei balconi; rigonfiamento degli intonaci sui muri perimetrali esterni, nonchè crepe lungo questi ultimi; ristagno di acqua sulle terrazze e sui poggioli e in prossimità dei muri; percolazione di acqua dai terrazzi con deposito di sostanze cementizie e rovina delle piastrelle dei balconi sottostanti. Chiedevano quindi che venisse accertata l’esclusiva responsabilità della Impresa di costruzioni Piffer Uno s.r.l. e che la stessa venisse condannata al pagamento delle somme corrispondenti al costo delle opere necessarie per l’eliminazione dei difetti riscontrati, nonchè di quelle necessarie per l’eliminazione di tutte le conseguenze dannose e ricollegabili a questi ultimi, con rivalutazione monetaria e interessi, nonchè al risarcimento dei danni conseguenti al diminuito godimento degli immobili e al rimborso delle spese sostenute e da sostenere per i fatti denunciati.
Si costituiva la convenuta, eccependo la incompetenza del Tribunale per l’esistenza di una clausola compromissoria e contestando l’esistenza dei gravi difetti lamentati. Con memoria ex art. 180 cod. proc. civ., la convenuta eccepiva altresì la prescrizione dei diritti fatti valere, essendo decorso oltre un anno dalla denunzia dei vizi avvenuta con lettera del 19 febbraio 2001.
Espletata una consulenza tecnica d’ufficio, l’adito Tribunale accertava che i vizi e i difetti lamentati, ad eccezione di quelli indicati al punto 5 della motivazione, erano da attribuirsi alla esclusiva responsabilità della Piffer Uno s.r.l., che condannava al pagamento, in favore dei singoli proprietari danneggiati, delle somme indicate nella c.t.u..
Gli originari attori proponevano appello deducendo che le somme liquidate dal Tribunale non tenevano conto del costo per l’apprestamento del ponteggio necessario per l’esecuzione dei lavori e dell’IVA, nonchè del danno da diminuito godimento degli immobili danneggiati.
Proponeva appello altresì la Piffer Uno s.r.l., riproponendo l’eccezione di incompetenza e dolendosi del mancato accoglimento di quella di prescrizione, nonchè della quantificazione delle somme ritenute dovute.
Riuniti i giudizi, la Corte d’appello di Trento, con sentenza depositata il 26 febbraio 2008, condannava la Piffer Uno al pagamento della somma di Euro 21.203, oltre alla rivalutazione monetaria dal 16 ottobre 2001 al 17 marzo 2006 e agli interessi legali dal 18 marzo 2006 e a quelli compensativi sull’importo predetto, via via rivalutato; condannava altresì la Piffer Uno al pagamento della somma di Euro 11.000,00 oltre interessi legali dal 17 marzo 2006, nonchè, in favore di A.A., della somma di Euro 3.900,00, oltre rivalutazione secondo le medesime modalità.
Affermata la legittimazione dell’amministratore del Condominio all’azione proposta, in considerazione del fatto che i danni lamentati interessavano la totalità dei balconi dell’edificio condominiale, con conseguenti infiltrazioni nelle parti comuni, la Corte accoglieva l’appello della Piffer Uno solo con riferimento ai danni quantificati dal c.t.u. per l’appartamento del condomino P., non avendo questi agito e non rientrando le voci di danno riconosciute tra quelle per le quali il Condominio poteva agire.
La Corte d’appello rigettava poi la censura relativa alla asserita inesistenza dei danni sui balconi di tutti gli appartamenti del Condominio, osservando che, sulla base degli accertamenti del consulente tecnico d’ufficio, nel caso di specie non erano rilevanti solo i difetti riscontrati nei singoli appartamenti, ma il fatto che essendo i difetti costruttivi relativi a tutti i balconi e alla terrazza, solo l’esecuzione di una riparazione complessiva avrebbe potuto consentire di superare il grave difetto riscontrato. In sostanza, secondo la Corte d’appello, era la struttura dell’immobile nel suo complesso a dover essere riparata e non solo le singole porzioni immobiliari, sicchè legittimato alla proposizione dell’azione era senz’altro anche l’amministratore del condominio, peraltro a ciò espressamente autorizzato dall’assemblea condominiale. In tal senso, la Corte d’appello respingeva la censura relativa al fatto che la sentenza di primo grado aveva condannato al pagamento di somme destinate anche alla riparazione di balconi di condomini che non avevano agito espressamente.
La Corte rigettava quindi l’appello della Piffer Uno s.r.l. quanto alla eccezione concernente l’esistenza di clausola compromissoria e a quella di prescrizione della domanda, formulata sul rilievo che mentre la denuncia doveva ritenersi avvenuta il 19 febbraio 2001, l’azione giudiziaria era stata introdotta con atto di citazione notificato il 19 giugno 2002. In proposito, la Corte d’appello rilevava che l’eccezione di interruzione della prescrizione non è un’eccezione in senso stretto e che la stessa può essere dal giudice desunta dagli atti acquisiti al giudizio.
Nel merito, la Corte d’appello riteneva accertato che la causa dei danni fossero la insufficiente impermeabilizzazione dei balconi che, eseguita in modo approssimativo, aveva finito per permettere alle acque meteoriche di insinuarsi nelle pareti perimetrali, e la inadeguatezza delle piastrelle di copertura dei balconi a reggere l’usura del tempo. Qualificato il difetto come rilevante ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., la Corte d’appello condivideva la conclusione del c.t.u. quanto alle somme necessarie per rimuovere i difetti stessi.
La Corte accoglieva però l’appello del Condominio, il quale si era doluto della mancata considerazione del costo delle impalcature per la esecuzione dei lavori di ristrutturazione, che determinava in Euro 11.000,00.
Da ultimo, la Corte d’appello rigettava la censura della Piffer Uno s.r.l. concernente la statuizione relativa alla condomina A., sostenendo che la sentenza di primo grado dovesse essere confermata sia per la determinazione della somma necessaria per il ripristino della coibentazione (somma questa nella quale doveva essere ricompreso il costo dell’aspiratore), sia per il disagio conseguente al mancato godimento del bene.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso Piffer Uno s.r.l. sulla base di cinque motivi, cui hanno resistito, con controricorso, il CONDOMINIO (OMISSIS), nonchè S.S., + ALTRI OMESSI . I controricorrenti hanno altresì proposto ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi.
Poichè il ricorso principale risultava notificato a mezzo del servizio postale, oltre che alle parti ora indicate, anche a S. D. e V.B. in S., e poichè non risultavano depositati i relativi avvisi di ricevimento, veniva avviata la procedura ex art. 380 bis cod. proc. civ., finalizzata alla fissazione del ricorso in camera di consiglio onde consentire alla ricorrente di depositare gli avvisi di ricevimento, ovvero per adottare i provvedimenti necessari in ordine alla integrazione del contraddittorio.
La ricorrente depositava l’avviso di ricevimento della notificazione del ricorso a S.D., ma non anche a V.B. in S., sicchè la Corte, con ordinanza n. 16952 del 2010, disponeva la rinnovazione della notificazione e rinviava la causa a nuovo ruolo.
Espletato l’incombente, è stata fissata la trattazione dei ricorsi nella pubblica udienza dell’8 luglio 2011, in vista della quale i controricorrenti e ricorrenti incidentali hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso principale, Piffer Uno s.r.l. denuncia violazione o errata applicazione dell’art. 1669 cod. civ., in merito alla prescrizione del diritto e alla decadenza dall’azione.
Dopo aver ricordato che parte attrice aveva sempre sostenuto che la denuncia sarebbe avvenuta soltanto in data 25 giugno 2001 e che quindi l’azione giudiziaria promossa con citazione notificata il 19 giugno 2002 doveva considerarsi tempestiva, la ricorrente rileva che aveva sin dall’atto di costituzione eccepito l’intervenuta prescrizione del diritto, atteso che la prima denuncia consisteva in una lettera del 19 febbraio 2001. Tuttavia, pur non avendo parte attrice allegato l’intervenuta interruzione della prescrizione, la Corte d’appello aveva d’ufficio rilevato la detta interruzione per effetto della lettera del 25 giugno 2001, a prescindere da ogni allegazione della parte sul punto.
A conclusione del motivo, la ricorrente formula il seguente quesito di diritto: "Dica Codesta Ecc.ma Corte se il giudice dell’appello poteva rilevare d’ufficio il fatto interruttivo della prescrizione del diritto azionato, anche in assenza di una sua tempestiva allegazione ad opera della parte interessata".
Il motivo è infondato alla luce del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui "poichè nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale), l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell’eccezione di prescrizione, giacchè non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l’interruzione della prescrizione" (Cass., S.U., n. 15661 del 2005; in senso conforme, v. Cass. n. 2468 del 2006, secondo cui "l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, con l’effetto che tale definizione della suddetta eccezione, pur comportando conseguenze in ordine alla rilevabilità ex officio e alla diversa configurabilita dell’onere di proposizione, non determina, tuttavia, la facoltà di produrre per la prima volta in appello il documento attestante l’avvenuta interruzione, ove una qualche prova in merito non sia stata acquisita nè il fatto interruttivo sia stato allegato in primo grado").
Nel caso di specie, non è contestato neanche dalla ricorrente che il riferimento alla lettera del 25 giugno 2001, dalla Corte d’appello ritenuto idoneo ad interrompere la prescrizione, in ipotesi iniziata a decorrere il 19 febbraio dello stesso anno, era stato introdotto negli atti di causa tempestivamente ed era stato tempestivamente prodotto dalla parte attrice. Ne consegue che del tutto correttamente la Corte d’appello ha utilizzato il suddetto documento al fine di ritenere integrata l’interruzione della prescrizione.
Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia violazione del principio di cui agli artt. 100 e 112 cod. proc. civ., sostenendo che la Corte d’appello, confermando la sentenza di primo grado nella parte in cui essa ricorrente era stata condannata a risarcire il Condominio dei costi necessari per l’impermeabilizzazione, la pavimentazione nonchè la verniciatura delle ringhiere di tutti i venti balconi dell’edificio condominiale, sarebbe incorsa nel medesimo vizio di ultrapetizione in cui era incorso il Tribunale, atteso che l’atto di citazione in primo grado era stato promosso genericamente dal Condominio e da alcuni condomini che specificamente lamentavano dei danni alle proprie proprietà esclusive.
A conclusione del motivo la ricorrente formula il seguente quesito di diritto: "Richiamando tutto quanto su dedotto, dica la Ecc.ma Corte di Cassazione se il Giudice della sentenza impugnata ha violato il principio della ultrapetizione attribuendo all’Amministratore di Condominio poteri eccedenti il mandato, andando così a concedere risarcimenti non dovuti, perchè non provati nè richiesti".
Con il terzo motivo la Piffer Uno s.r.l. lamenta violazione o errata applicazione dell’art. 2697 cod. civ., con riferimento alla condanna al rifacimento complessivo di tutti i balconi dell’edificio condominiale emessa nei suoi confronti, in mancanza di prova in ordine alla esistenza di un danno cosi diffuso ed esteso. In particolare, la ricorrente principale sottolinea che il c.t.u. non aveva visionato personalmente tutti gli appartamenti del Condominio ma solo alcuni, sicchè per gli appartamenti non oggetto di specifico sopralluogo l’affermazione della esistenza dei danni sarebbe meramente presuntiva.
A conclusione del motivo di ricorso la ricorrente formula il seguente quesito di diritto: "Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se il Giudice dell’impugnata sentenza ha violato il principio di cui all’art. 2697 c.c., condannando la Piffer Uno s.r.l. al rifacimento di n. 20 balconi in ragione di gravi vizi costruttivi del tutto non provati quanto alle proprietà esclusive dei soggetti non intervenuti in causa".
Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ..
Nella giurisprudenza di questa Corte, si è chiarito che "il quesito di diritto imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della S.C. di cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, e non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola, jurls che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata" (Cass., n. 11535 del 2008);
In particolare, il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., deve compendiare: "a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie" (Cass. n. 19769 del 2008) e "non può essere desunto dal contenuto del motivo, poichè in un sistema processuale, che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, consiste proprio nell’imposizione, al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità" (Cass., ord. n. 20409 del 2008).
Inoltre, il motivo di ricorso per cassazione con il quale si denunzino vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto, è poi bensì ammissibile, ma esso deve concludersi "con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto". (Cass., S.U., n. 7770 del 2009).
Ciò comporta che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., n. 20603 del 2007).
Nel caso di specie, nè il secondo nè il terzo motivo rispondono alle richiamate indicazioni, risolvendosi i quesiti di diritto formulati a conclusione della esposizione dei motivi in meri interpelli alla Corte sul se il giudice del gravame abbia o no correttamente applicato le menzionate disposizioni di legge.
Difettano invece in entrambi i quesiti la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice e la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Il terzo motivo, inoltre, pur denunciando solo violazione di legge, impinge inevitabilmente nel vizio di motivazione là dove pone in discussione la prova del danno riconosciuto dal Tribunale prima e dalla Corte d’appello poi con riferimento a tutti i balconi dell’edificio condominiale, e tuttavia non si conclude con la necessaria, distinta articolazione di quesiti di diritto e momenti di sintesi. Del resto, la mancata chiara indicazione del fatto controverso e del momento di sintesi relativo alle ragioni per le quali la motivazione della sentenza impugnata sarebbe inidonea a sorreggere la decisione assunta, costituiscono il riflesso di una ulteriore ragione di inammissibilità del motivo in esame, nel senso che esso attiene alle valutazioni di merito effettuate dalla Corte d’appello, non sindacabili in sede di legittimità quando, come nel caso di specie, siano sorrette da motivazione immune da vizi logici o giuridici.
Con il quarto motivo Piffer Uno s.r.l. denuncia vizio di motivazione contraddittoria e carente quanto alla statuizione relativa al danno riconosciuto ad A.A., dolendosi del fatto che la Corte d’appello, pur volendo confermare la sentenza di primo grado sul punto, abbia poi invece emesso una statuizione di condanna ad un importo maggiore.
A conclusione del motivo la ricorrente formula i seguenti quesiti di diritto: "Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se il Giudice dell’Appello sia incorso nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 5, contraddicendosi nelle motivazioni quanto alla condanna della Società Piffer Uno al pagamento a favore di A.A. della somma di Euro 3.900,00 – in luogo degli Euro 2.500,00 – come quantificati dal Giudice di Prime Cure, cui espressamente il Giudice dell’Appello si è richiamato"; "Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se il Giudice dell’Appello sia incorso nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 5, per carenza di motivazione quanto all’imputazione all’Impresa Piffer Uno di costi inerenti alla sostituzione dell’apparecchio di aspirazione con altro più potente, nonchè alla coibentazione della parete esterna che il C.T.U. aveva espressamente attribuito al Condomino stesso A.A. senza giustificare tale decisione".
Il motivo è inammissibile.
Nella parte in cui denuncia travisamento di fatto, con riferimento al contenuto della sentenza di primo grado e della consulenza tecnica d’ufficio, il motivo denuncia un vizio revocatorio, che avrebbe dovuto essere formulato ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ., n. 4, e non anche con ricorso ordinario. Il motivo, invero, denuncia che la Corte d’appello avrebbe errato nella lettura della sentenza di primo grado e della consulenza tecnica d’ufficio, assumendo che l’una e l’altra contenessero il riconoscimento della imputazione alla Piffer Uno s.r.l. del costo concernente la sostituzione dell’apparecchio aspiratore e la coibentazione della parete esterna con idoneo materiale, laddove invece, secondo l’assunto della ricorrente, nè la sentenza di primo grado, nè la consulenza tecnica d’ufficio contenevano una simile affermazione.
Sotto altro profilo, occorre rilevare che i quesiti di diritto, con i quali si conclude l’esposizione del quarto motivo, da qualificarsi come momento di sintesi ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., comma 2, non sono formulati in senso conforme alle indicazioni della giurisprudenza di questa Corte.
In proposito, si deve ricordare che questa Corte ha affermato che l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, e che la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., S.U., n. 20603 del 2007). In particolare, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., n. 16002 del 2007).
Nella specie, il primo quesito postula una contraddizione della sentenza impugnata laddove si sostiene che mentre il primo giudice aveva riconosciuto in favore della A. un danno di Euro 2.500,00, la Corte d’appello, pur affermando di voler confermare la sentenza di primo grado, ha invece emesso una statuizione di condanna al pagamento di Euro 3.900,00. Ma tale ipotizzata contraddittorietà non tiene conto del fatto che nella valutazione della Corte d’appello il danno lamentato dalla A. era costituito di due componenti, laddove nel quesito si fa riferimento al solo danno da disagio abitativo, determinato in Euro 2.500,00. Per tale aspetto, quindi, la ricostruzione dell’iter motivazionale della sentenza impugnata è incompleta, il che comporta la inidoneità del quesito ad evidenziare la denunciata contraddittorietà.
Per quanto attiene poi al secondo quesito, oltre al rilievo, già formulato, che esso si fonda sul fatto che nella consulenza tecnica d’ufficio e nella sentenza di primo grado il danno da coibentazione della parete esterna e da sostituzione dell’aspiratore sarebbe stato imputabile al condomino e non alla Piffer Uno s.r.l., e quindi su un errore revocatorio, deve comunque osservarsi che la sentenza impugnata è sul punto coerente con la individuazione del danno nella necessità di coibentazione della parete esterna e di potenziamento dell’aspiratore che appaiono all’evidenza riferibili a problemi strutturali dell’edificio piuttosto che della singola unità abitativa di proprietà esclusiva, sicchè deve ritenersi insussistente, in questa prospettiva, la denunciata carenza motivazionale.
Con il quinto motivo Piffer Uno s.r.l. deduce ulteriore vizio di motivazione carente e contraddittoria con riferimento al capo della sentenza con il quale la Corte d’appello, nel confermare la condanna di essa ricorrente al pagamento delle somme necessarie per il rifacimento di tutti i balconi dell’edificio condominiale, la ha altresì condannata al pagamento della ulteriore somma di Euro 11.000,00 per la posa di impalcature atte a permettere l’intervento.
In particolare, la ricorrente rileva che il C.T.U. aveva già computato il costo di eventuali ponteggi nelle singole voci di spesa necessarie al rifacimento del pavimento dei balconi. A conclusione del motivo, la ricorrente formula il seguente quesito: "Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se il Giudice dell’impugnata sentenza è incorso nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 5, per l’avere condannato due volte l’Impresa Piffer Uno al pagamento di una somma rilevante per la medesima voce di spesa, contraddicendosi quanto alle risultanze della C.T.U., cui si riferisce la valutazione del danno".
Il motivo è inammissibile.
La Corte d’appello ha svolto le proprie valutazioni sul rilievo che il C.T.U., nel determinare l’importo delle somme necessarie per il ripristino dei balconi dell’intero condominio, non avesse considerato gli oneri per i ponteggi ovvero per le altre strutture utili al fine della esecuzione dei lavori. Si legge, infatti, nella sentenza impugnata: "Il c.t.u. pur prendendo atto della osservazione contenuta nella nota tecnica ha affermato che i lavori possono essere eseguiti con trabattelli mobili o con piattaforma meccanica; se ciò è vero però occorre individuare il costo relativo che il consulente di parte ha individuato nella misura di circa Euro 11.000 per il totale;
ove si consideri che per i lavori sono stati preventivati circa 21.000 Euro, la suddetta indicazione appare effettivamente congrua tenuto conto che l’intervento deve svilupparsi su due facciate per un edificio di tre piani fuori terra". La indicata valutazione di congruità viene poi dalla Corte d’appello supportata dalla ulteriore considerazione che "l’utilizzo di piattaforme mobili è estremamente costoso e la natura del lavoro richiede necessariamente l’impiego di diverse giornate lavorative tale che appare più economico l’impiego di impalcature fisse piuttosto che della piattaforma meccanica".
Orbene, tale essendo la motivazione della sentenza impugnata, deve rilevarsi che la Corte d’appello ha certamente escluso che il c.t.u. avesse considerato nel costo stimato i ponteggi o le altre strutture necessarie per la esecuzione dei lavori; una simile valutazione risulta corroborata sia dalla genericità della indicazione contenuta nella consulenza tecnica sul punto, come riferita nel ricorso (nel quale si riferisce che il c.t.u. ha indicato il prezzo di 22,00 Euro mq per "demolizione piastrelle e massetto e di almeno 30 cm di intonaci perimetrali, compreso la pulizia ed il trasporto in discarica, compresi eventuali ponteggi"), trattandosi di affermazione non articolata per singole componenti, sia e soprattutto dal fatto che in sede di chiarimenti, il c.t.u. ha invece riferito che i lavori avrebbero potuto essere eseguiti mediante trabattelli o piattaforme meccaniche, ma senza alcuna specificazione del valore di tali supporti necessari per la esecuzione dei lavori.
In sostanza, la valutazione complessiva della Corte d’appello sul punto, lungi dal dare luogo a una duplicazione di una voce di danno, appare formulata sulla premessa – in verità non altrimenti contestata dalla ricorrente se non con il generico riferimento contenuto nella originaria relazione del c.t.u. agli eventuali ponteggi, poi contraddetto in sede di chiarimenti, avendo il c.t.u. ipotizzato il ricorso a trabattelli o piattaforme – che il c.t.u. non avesse indicato il costo delle strutture necessarie per la esecuzione dei lavori e che detti costi fossero congruamente stati indicati nella consulenza di parte attrice in Euro 11.000,00. La censura della ricorrente non appare dunque idonea a contrastare la soluzione adottata dalla Corte d’appello, giacchè la condanna al pagamento della indicata somma scaturisce da una lacuna della consulenza tecnica d’ufficio, della quale la medesima Corte d’appello ha escluso fosse necessario il rinnovo, laddove il motivo di impugnazione e il relativo quesito si fondano invece sulla supposizione che vi sia stata una consulenza tecnica d’ufficio idonea a dimostrare che il danno, come liquidato, fosse comprensivo dei costi relativi alle opere provvisionali e che quindi la sentenza impugnata sia incorsa in una – peraltro non dimostrata – duplicazione di risarcimento per la medesima voce di danno.
In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato.
Consegue a tale decisione l’assorbimento del ricorso incidentale, esplicitamente condizionato, proposto dalla parte resistente e affidato a due motivi, concernenti, l’uno, l’errore nel quale sarebbe incorsa la Corte d’appello nell’escludere che la nota del legale di controparte costituisse riconoscimento dei gravi difetti lamentati con l’atto di citazione, e, l’altro, il vizio di motivazione in ordine al momento in cui insorse la consapevolezza della esistenza e della consistenza dei difetti.
In applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente principale deve essere condannata a rifondere alle parte resistente le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale;
condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.000,00, di cui Euro 2.800,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
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