Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 02-08-2011) 22-09-2011, n. 34472

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Ragusa in data 14.2.2007, con la quale F.E. e F.M. venivano ritenute responsabili, entrambe, del reato continuato di cui agli artt. 624 e 625 cod. pen., commesso in Ragusa il 7.5.2003 sottraendo il portafogli della commessa S. V. presso il negozio (OMISSIS), un top e un pantalone presso il negozio (OMISSIS), una maglia presso il negozio (OMISSIS) ed una canottiera presso il negozio (OMISSIS), e F. E. inoltre anche del reato di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9 per aver violato nell’occasione la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di Scicli.

2. Ricorrono le imputate deducendo:

2.1. per la sola F.E. mancanza o illogicità della motivazione sull’affermazione di responsabilità dell’imputata, osservando che a tale conclusione si perveniva a seguito di un riconoscimento fondato unicamente sugli abiti dalla stessa indossati;

2.2. mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla quantificazione della pena nei confronti di entrambe le imputate, lamentando per F.E. l’eccessività della sanzione inflitta e per F.M. l’errore nel quale incorrevano i giudici di primo grado determinando nella motivazione la pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 300 di multa per F.M. e quella di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 450 per F.E., responsabile dell’ulteriore reato di violazione della misura di prevenzione, per poi attribuire nel dispositivo a F.M. la maggiore pena stabilita per F.E. e viceversa, errore sul quale la Corte territoriale non si pronunciava nonostante lo stesso costituisse oggetto di un motivo di appello.

Motivi della decisione

1. Il motivo di ricorso presentato nell’Interesse di F.E. in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputata è inammissibile.

L’atto ricognitivo sul quale si appuntano le critiche della ricorrente, peraltro riguardanti aspetti valutativi e di merito sulla significatività probatoria del dato, costituisce invero una componente marginale della costruzione motivazionale della sentenza impugnata, fondata sui ben più pregnanti elementi rappresentati dal rinvenimento delle imputate in possesso della refurtiva e dalla sorpresa delle stesse nella flagranza dell’ultimo dei furti contestati, a seguito delle informazioni identificative fornite dalla teste S.; elementi, questi, ai quali il ricorso non oppone alcuna censura specifica.

2. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse dell’imputata F.M. in ordine alla determinazione della pena è fondato.

La sentenza di primo grado, dopo aver coerentemente stabilito nella motivazione il trattamento sanzionatorio nella misura di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 300 di multa per F.M. e di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 450 per F. E., tenuto conto dell’essere stata quest’ultima ritenuta responsabile di un ulteriore reato rispetto alla coimputata, invertiva poi nel dispositivo le pene così individuate rispetto alle posizioni delle prevenute, attribuendo in particolare a F. M. la maggiore ed ingiustificata pena attribuita nel dispositivo a F.E.. La circostanza, evidentemente dovuta ad un errore indotto dall’identico cognome delle imputate, non trovava considerazione nella sentenza di secondo grado pur risultando segnalata con specifico motivo di appello; a questa Corte è peraltro consentito, ai sensi dell’art. 619 c.p.p., comma 2, procedere direttamente alla rimozione dell’erronea disposizione, riconoscendo nei confronti di F.M. la correttezza della pena irrogata nella motivazione della sentenza di primo grado e rettificando la diversa previsione di quest’ultima nel dispositivo e la corrispondente pronuncia della Corte territoriale.

Inammissibile è invece il motivo di ricorso presentato su questo aspetto nell’interesse dell’imputata F.E.; a fronte di una pena già determinata, per effetto dell’errore appena segnalato, in misura inferiore a quella in effetti valutata come congrua nella motivazione della decisione di primo grado, con un risultato non rimediabile senza incorrere in un’inammissibile reformatio in pejus, e di un’argomentazione della sentenza impugnata esaurientemente riferita sul punto alla gravita ed alla specificità dei precedenti penali dell’imputata, la ricorrente si limita infatti ad una generica doglianza di eccessività della sanzione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso di F.E. segue la condanna di quest’ultima al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Rettifica la sentenza impugnata e quella del Tribunale di Ragusa in data 14.2.2007 nel senso che a F.M. deve ritenersi essere stata irrogata la pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 300 di multa.

Dichiara inammissibile il ricorso di F.E., che condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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