Cons. Stato Sez. IV, Sent., 10-10-2011, n. 5502 Opere pubbliche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con i gravami di cui in epigrafe le parti ricorrenti, proprietarie di alcune aree interessate all’intervento "de quo", impugnano la sentenza di cui in epigrafe con cui, previa la loro riunione, sono stati disattesi i loro rispettivi ricorsi, e affermata la legittimità:

– dell’ordinanza di occupazione temporanea d’urgenza e delle presupposte deliberazioni della Giunta Comunale di Pistoia di approvazione, rispettivamente, del progetto preliminare e del progetto esecutivo per la sistemazione dell’incrocio in località " La Vergine";

– degli avvisi di immissione in possesso e di redazione dello stato di consistenza delle aree rispettivamente del 10/4/2004 e del 22/4/2004.

Entrambi gli appelli, premessa una ricostruzione delle vicende amministrative e processuali, con motivi assolutamente coincidenti denunciano l’erroneità della pronuncia del TAR, che ha concluso per la legittimità della procedura espropriativa sull’affermazione della non necessarietà dell’approvazione del progetto definitivo dell’opera pubblica.

Con una relazione tecnica versata sul ricorso n.4868/2008 la società S. ha illustrato le specifiche problematiche dell’accesso al vivaio di sua proprietà, conseguenti all’opera.

Con memoria per la discussione, comune per entrambi i gravami, il Comune di Pistoia ha sottolineato, a sostegno dell’esattezza della decisione appellata, i mutamenti della giurisprudenza più recente ed il diverso conforme orientamento dell’Autorità di Vigilanza sui LL.PP..

A sua volta le parti ricorrenti hanno replicato unitariamente alle argomentazioni difensive dell’appellata amministrazione comunale.

Chiamate all’udienza pubblica di discussione entrambe le cause sono state trattenute in decisione dal Collegio.

Motivi della decisione

– 1.Par.. Ai sensi dell’art. 70 del c.p.a. deve disporsi la riunione degli appelli di cui in epigrafe, essendo evidente la connessione oggettiva e soggettiva di entrambi i gravami diretti avverso la medesima decisione del TAR del Lazio.

– 2.Par.. Sempre in linea preliminare deve affermarsi la piena legittimazione all’appello n. 4868 della Società S. A., che in qualità di proprietaria di terreno adibito a vivaio e di soggetto interessato alla viabilità, lamenta comunque gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla realizzazione dei lavori, in quanto la rotatoria precluderebbe definitivamente l’accesso al suo vivaio alle biciclette ed ai motocicli di cilindrata inferiore a 125 cm³.

– 3.Par.. Nel merito entrambi gli appelli sono affidati a quattro profili di una censura, identici tra loro che, conseguentemente, possono essere affrontati unitariamente.

– 3.1. Con un primo sostanziale motivo di appello si denuncia l’erroneità della decisione, che non ha ritenuto di condividere la censura relativa alla violazione della normativa in tema di progettazione di lavori pubblici.

In particolare le appellanti lamentano che la decisione del Tar sarebbe erronea in quanto:

– vi sarebbe un errore di fondo nell’affermazione per cui, prima si sarebbe premesso che i tre livelli di progettazione sono autonomi e distinti, e poi si sarebbe concluso per la legittimità all’approvazione, con un unico atto, sia del progetto definitivo che di quello esecutivo;

– la progettazione definitiva delle opere di sistemazione dell’incrocio in località La Vergine sarebbe stata, in realtà, sostanzialmente del tutto bypassata con l’approvazione del solo esecutivo, e la delibera della Giunta comunale avrebbe solo affermato che l’esecutivo ricomprendeva tutti gli elementi del progetto definitivo;

– il Tar avrebbe ignorato i principi affermati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato per cui qualsiasi opera pubblica necessita della redazione, in progresso temporale, di tre distinte fasi procedimentali, che non possono essere confuse tra di loro (Consiglio di Stato Sezione IV 11 maggio 2004 n. 2930);

– l’amministrazione non avrebbe potuto modificare le prescrizioni ed obliterare del tutto una fase progettuale normativamente prevista;

– la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera progettata poteva essere annessa solo all’approvazione del progetto definitivo, il quale, rispetto alla progettazione preliminare, ha proprio, per l’appunto il carattere della " definitività";

– solo il progetto definitivo sarebbe idoneo ad individuare le aree da espropriare, ed a supportare la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere. Il principio dell’inderogabilità della scansione procedimentale prevista per la progettazione dell’opera da portare a compimento sarebbe stato costantemente sancito dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sezione IV 19 marzo 2003 n.1467; idem 22 novembre 2002 n. 6436).

L’assunto va complessivamente respinto.

L’art. 16 della L. 11 febbraio 1994 n. 109 (oggi abrogata dal d.lgs.12 aprile 2006 n.163), nell’introdurre i tre livelli di progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, conferisce al progetto definitivo l’individuazione compiuta dei ".. lavori da realizzare nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni ed approvazioni".

Come è noto, la disciplina dell’attività di progettazione, nell’ambito di un contratto d’appalto di opera pubblica, risponde a finalità squisitamente pubblicistiche, essendo diretta a tutelare rispettivamente la funzionalità delle opere, l’erario, la massima fruibilità e la pubblica incolumità.

Ciò non esclude però che le attività di progettazione possano essere funzionalizzate alla natura, alla difficoltà tecnicocostruttiva ed all’importo delle opere stesse.

Il legislatore ha infatti espressamente fatto luogo ad un’ampia facoltà di derogare alla struttura trifasica della progettazione. Il secondo comma del predetto 16 l. n. 109 cit. (oggi peraltro integralmente trasfuso nell’art. 93 II co. del Codice dei Contratti d.lgs.n n.163/2006) dispone infatti che: "Le prescrizioni relative agli elaborati descrittivi e grafici contenute nei commi 3, 4 e 5 sono di norma necessarie per ritenere i progetti adeguatamente sviluppati. Il responsabile del procedimento nella fase di progettazione qualora, in rapporto alla specifica tipologia ed alla dimensione dei lavori da progettare, ritenga le prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 insufficienti o eccessive, provvede a integrarle ovvero a modificarle".

In linea di principio, la regola dell’ordinario sviluppo della progettazione su tre livelli progressivi di specificazione non deve essere formalisticamente intesa e, come tale, non è inderogabile, in quanto la legge consente espressamente alla stazione appaltante del procedimento di calibrare gli elaborati progettuali in rapporto alle necessità concrete del caso, disponendo quindi un maggiore o minore approfondimento degli stessi in relazione alla tipologia ed alle dimensioni delle opere.

La predisposizione di un progetto esecutivo deve però contenere, quando è necessario, gli elementi fondamentale per l’individuazione delle problematiche preliminari alla cantierizzazione (ma al riguardo vedi anche il punto che segue).

In ossequio al cardine generale dell’economia dei mezzi giuridici, la norma consentiva (e consente tutt’ora), al R.U.P. di modificare discrezionalmente le prescrizioni in materia di progettazione se le ritiene eccessive rispetto all’opera da realizzare.

La riduzione degli elaborati — in via di eccezione rispetto alle opere pubbliche di apprezzabile complessità – può spingersi senz’altro fino all’accorpamento dei diversi livelli, ma solo per gli interventi minori.

In sostanza, l’Amministrazione può motivatamente far luogo all’adozione unitaria del definitivo e dell’esecutivo quando l’intervento concerne un’opera di relative dimensioni o di modesta complessità tecnica (come nei casi di semplice modifica di opere già esistenti).

In tali ipotesi può infatti non essere necessario redigere lo studio dell’impatto ambientale, le indagini preliminari sugli aspetti geognostici, idrologici, sismici, agronomici, biologici e chimici (che sono normalmente il portato contenutistico concreto della progettazione di secondo livello indispensabile per lo sviluppo della fase successiva), e comunque tali elaborati possono essere acclusi al progetto esecutivo.

Ciò premesso, nel caso di specie sussistevano i presupposti di fatto per poter legittimamente utilizzare la deroga di cui al secondo comma dell’art. 16 L. n.104, trattandosi della creazione di una mera rotatoria, indispensabile per poter procedere all’eliminazione di un semaforo su un preesistente quadrivio di strade su cui si canalizzava il traffico proveniente dalla tangenziale e dal casello autostradale.

Deve al riguardo concordarsi con il primo giudice che ha sottolineato come, il provvedimento di approvazione del progetto esecutivo, dava atto che "il presente progetto ricomprende tutti gli elementi del progetto definitivo" e che, in conseguenza, legittimamente si erano dichiarati i lavori di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti.

In definitiva sul punto, nel caso in esame, l’accorpamento dei livelli di progettazione costituiva la corretta applicazione, nel caso concreto, di una facoltà espressamente prevista dalla legge.

– 3.2. Con la seconda articolazione di censura le parti appellanti lamentano che la mancanza del progetto definitivo si sarebbe risolta in un difetto di istruttoria del provvedimento, consistente nell’omessa rappresentazione degli interessi privati coinvolti del procedimento stesso.

L’assunto va respinto.

La contestuale approvazione del definitivo e dell’esecutivo, infatti, non comporta affatto un indebolimento della qualità della progettazione stessa.

In tali casi è sufficiente che si alleghino al progetto esecutivo gli elaborati del definitivo che si appalesino utili in relazione all’intervento (es. studio di impatto ambientale; disciplinare prestazionale, censimento interferenze, piano particellare di esproprio, ecc.), ovvero si dia atto espressamente delle motivazioni tecniche alla base della loro non necessità.

Nel caso in esame poi la doglianza, posta sul piano meramente formalistico, appare alquanto generica, non indicando in che cosa si sarebbero dovute individuare le specifiche carenze istruttorie per la creazione della rotatoria.

L’assunto, in conseguenza delle considerazioni che precedono, va respinto.

– 3.3. Deve anche rigettarsi la terza censura con cui le parti appellanti lamentano l’inesistenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, conseguente alla mancata dell’approvazione progetto definitivo, al fine di determinare un nuovo decorso dei termini.

In sintonia con le precedenti considerazioni, deve ricordarsi che una volta che si riconosca la facoltà della P. A. di far luogo all’accorpamento del livello definitivo e del progetto esecutivo, deve necessariamente ritenersi che legittimamente la P.A. possa far luogo all’approvazione del progetto definitivo e dell’esecutivo di opera pubblica, con contestuale dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori, con cui si assoggetta concretamente ed immediatamente all’espropriazione i beni, individuati come occorrenti alla realizzazione dell’opera pubblica, (arg. ex Consiglio Stato, sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3684).

In tale direzione poi si concorda pienamente con il TAR quando afferma che in relazione al fatto per cui "…la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera è contenuta nell’atto deliberativo che approva, sia pure con le modalità sopra esposte, la progettazione definitiva", non possa ravvisarsi alcuna la violazione della legge n.2359/1865.

L’assunto va dunque respinto.

– 3.4. In conseguenza della riconosciuta legittimità degli atti impugnati in via principale, deve essere respinta l’ultima rubrica con cui si lamenta l’illegittimità derivata dell’ordinanza di occupazione d’urgenza dei terreni.

– 4.Par.. In conclusione entrambi gli appelli sono infondati e vanno perciò respinti.

Le spese del giudizio, ai sensi dell’art. 26 del c.p.c., seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

– 1. Dispone, ai sensi dell’art. 70 del c.p.a. la riunione dei gravami di cui in epigrafe.

2. Respinge entrambi gli appelli, come in epigrafe proposti.

3. Condanna le appellanti al pagamento in solido, in favore del resistente Comune di Pistoia, delle spese del presente giudizio, che vengono complessivamente liquidate, in ragione di Euro 3.000,00 (tremila/00) oltre ad IVA ed al contributo Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per ciascun appellante, per totale complessivo Euro 6000,00 (seimila/00) oltre ad IVA ed al contributo Cassa nazionale di previdenza ed assistenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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