Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-06-2011) 22-09-2011, n. 34503 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Restituito nel termine per impugnare la sentenza 14-10-2003 della Corte d’Appello di Genova, confermativa di quella del tribunale della stessa città in data 12-11-2003, H.J., riconosciuto responsabile di detenzione continuata a fini di spaccio di stupefacenti di vario tipo e di cessione continuata (una ventina di cessioni in una serata) di tali sostanze, propone personalmente ricorso avverso tale sentenza formulando tre motivi.

1) Con il primo deduce erronea applicazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, in relazione alla notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello, effettuata al domicilio eletto presso un difensore nominato otto anni prima, che aveva rinunciato al mandato.

2) Violazione di legge ed illogicità della motivazione in ordine all’entità della pena inflitta (anni nove di reclusione ed Euro 30.000 di multa), avendo la corte territoriale, nel motivare in ordine alla relativa doglianza, ritenuto che il primo giudice fosse partito da una pena base (anni otto di reclusione) superiore al minimo edittale, senza considerare che all’epoca del giudizio di primo grado quella era la pena minima edittale (che sarebbe stata ridotta ad anni sei con la novella del 2006). La pena avrebbe quindi dovuto essere ridotta in virtù del principio dell’applicazione della legge più favorevole.

3) Ulteriore violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante del fatto di lieve entità, applicabile secondo giurisprudenza di questa corte anche in caso di contestazione del reato associativo.

Si chiede quindi l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Il primo e il terzo motivo di ricorso sono infondati.

Il primo in quanto l’effettuazione della notifica del decreto di citazione per il giudizio d’appello a domicilio eletto, sia pure molti anni prima presso un difensore in seguito rinunciante al mandato, è formalmente valida e rituale, pur potendo dar luogo, come nella specie, alla restituzione nel termine per l’impugnazione.

Il terzo motivo, con il quale si censura il mancato riconoscimento dell’attenuante del fatto di lieve entità, è superato dalla congrua ed esauriente motivazione, sul punto, della sentenza impugnata, incentrata su plurimi elementi atti a dimostrare il superamento della soglia della minima offensività, quali il concorso di più persone in attività di pianificata e protratta cessione di stupefacenti, e la varia tipologia delle sostanze, in quantitativi atti a soddisfare molteplici richieste.

Fondato è invece il secondo motivo, inerente al trattamento sanzionatorio.

Avendo il primo giudice assunto quale pena base quella di anni otto di reclusione ed Euro 26000 di multa, pari, all’epoca della pronuncia, al minimo edittale, appare erroneo il ragionamento della corte territoriale che, richiamando i minimi edittali di anni sei di reclusione ed Euro 26000 di multa introdotti successivamente alla sentenza di primo grado, ha attribuito al tribunale l’individuazione di una pena base superiore al minimo, mentre avrebbe dovuto, prendendo atto della ex superveniens più favorevole e facendo applicazione del principio di cui all’art. 2 c.p., comma 4, rimodulare la pena partendo dal minimo edittale vigente.

La sentenza di secondo grado va pertanto annullata limitatamente a tale capo, con rinvio ad altra sezione del giudice a quo per nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Genova per nuovo esame; rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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