Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-01-2012, n. 1192 Opposizione all’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p.1. Nel (OMISSIS) l’Istituto Bancario San Paolo di Torino stipulava con l’Impresa Costruzioni Nuova Bessone & Dho s.r.l. un contratto di mutuo fondiario, a garanzia del quale quest’ultima concedeva un’ipoteca di primo grado su un terreno con un fabbricato in costruzione in (OMISSIS).

La mutuataria, completati i lavori di costruzione fra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), vendeva a terzi alcune delle unità immobiliari realizzate nel fabbricato.

Il (OMISSIS) la mutuataria veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Mondovì e l’istituto mutuante veniva ammesso al passivo fallimentare per il credito originante dal mutuo con decreto del giudice delegato al relativo fallimento del (OMISSIS).

Con contratto del maggio 2000, di cessione di rapporti giuridici in blocco, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58, il San Paolo cedeva pro-soluto alla Banca Morgan Stanley s.p.a. una serie di crediti, tra cui quello vantato nei confronti della Nuova Bessone & Dho e la Stanley, con successivo contratto del 4 agosto 2000, cedeva il credito alla International Credit Recovery (5) s.r.l..

Al fine di munirsi di titolo esecutivo per il credito ipotecario sulle unità immobiliari vendute, quest’ultima chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Mondovì, in data 29 dicembre 2003, decreto ingiuntivo per Euro 1.343.741, 72 oltre interessi di mora al tasso legale ed il decreto non veniva opposto.

Sulla base del decreto ingiuntivo la International Credit Ricovery (5) intimava precetto ai sensi dell’art. 603 c.p.c. alla debitrice fallita, ai terzi proprietari delle unite immobiliari e, per conoscenza alla curatela fallimentare, preannunciando in difetto di pagamento della soma precettata l’esecuzione su detti beni in danno dei detti terzi.

Costoro – cioè P.G., + ALTRI OMESSI – proponevano opposizione al precetto, notificando la relativa citazione oltre che alla creditrice procedente alla curatela del fallimento della mutuataria, mentre non notificavano alla società fallita.

All’esito dello svolgimento processuale, nella costituzione della creditrice procedente, e nella contumacia della Curatela Fallimentare, il Tribunale di Mondovì, con sentenza del 16 maggio 2008, accoglieva l’opposizione e dichiarava insussistente il diritto della International Credit Recovery (5) di procedere ad esecuzione forzata nel presupposto dell’inefficacia del decreto ingiuntivo fatto valere come titolo esecutivo, conseguente all’inesistenza della sua notificazione alla società fallita. p.2. Contro questa sentenza la s.r.l. International Credit Recovery (5), rappresentata dalla propria procuratrice s.p.a. Pirelli Re Credit Servicing e la Sagrantino Italy s.r.l., nella qualità di cessionaria del credito precettato (e, quindi, di successore a titolo particolare ai sensi dell’art. 111 c.p.c. della International Credit Recovery (5)), a sua volta rappresentata dalla detta s.p.a. Pirelli, in qualità di procuratrice, hanno proposto ricorso per cassazione contro i terzi acquirenti a suo tempo opponenti all’esecuzione e contro la curatela fallimentare.

Gli intimati non hanno resistito al ricorso. p.3. Le ricorrenti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

p.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce "nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 102, 602, 603, 604 e 615 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, a causa della mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della Bessone & Dho s.r.l., cui era indirizzata l’intimazione di pagamento nel precetto opposto e che come tale doveva essere chiamata a partecipare, quale litisconsorte necessario, nel giudizio di opposizione promosso dai terzi proprietari".

Vi si sostiene, riportando il relativo passo della sentenza impugnata, che in essa si da atto che il precetto opposto dai terzi proprietari era stato intimato formalmente solo alla società debitrice fallita, in persona dell’amministratore sig. B. C., e se ne fa discendere che il giudizio di opposizione all’esecuzione si sarebbe dovuto svolgere anche in contraddittorio di detta società, mentre essa non era stata convenuta in giudizio con la citazione in opposizione e, d’altro canto, non era stata ordinata dal Tribunale l’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti ai sensi dell’art. 102 c.p.c.. Il giudizio si era svolto nel contraddittorio della curatela, che non solo era ed è soggetto diverso dalla società fallita, ma non era il soggetto indicato nel precetto opposto come debitore esecutato.

A sostegno di tali deduzioni si invoca la giurisprudenza di questa Corte secondo cui nel giudizio di opposizione promosso contro il creditore procedente dal terzo assoggettato all’esecuzione ai sensi degli artt. 602-604 c.p.c., il debitore si trova in posizione di litisconsorte necessario e si sollecita la cassazione della sentenza impugnata adducendone la conseguente nullità per essere stata pronunciata a contraddittorio non integro e per essere tale nullità rilevabile anche d’ufficio in sede di legittimità.

Il motivo è concluso dal seguente quesito di diritto: "Dica la Suprema Corte che quando nel precetto notificato ai sensi dell’art. 603 c.p.c. l’intimazione di pagamento è rivolta a una società in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, e non del suo fallimento, in persona del curatore, è detta società, e non il suo fallimento, ad essere debitore esecutato come tale litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 1, promosso dai terzi proprietari cui il medesimo precetto è stato notificato al fine di procedere esecutivamente sui beni di loro proprietà; sicchè, ove nel giudizio di opposizione non sia stata chiamata a partecipare detta società, la relativa sentenza, in quanto resa a contraddittorio non integro, è affetta da nullità". p.2. Il Collegio rileva preliminarmente che il motivo è ammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto, pur non avendo fornito le ricorrenti in via diretta l’indicazione specifica dell’atto su cui si fonda, cioè del precetto, in particolare precisando se e dove era stato prodotto nel giudizio di merito e se e dove sarebbe stato prodotto in questa sede di legittimità, nonchè riproducendone il contenuto in parte qua (siccome richiesto dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte sull’esegesi del’indicata norma: si vedano Cass. (ord.) n. 22303 del 2008; Cass. sez. un. n. 28547 del 2008; n. 7161 del 2010 e, da ultimo, n. 22726 del 2011, con specifico riferimento al requisito quanto all’indicazione degli atti processuali), pur tuttavia hanno fornito detta indicazione in modo indiretto, là dove hanno riprodotto espressamente il passo della motivazione della sentenza impugnata in cui si dice che il precetto venne "intimato formalmente solo alla società debitrice, in persona dell’amministratore sig. B.C.".

Tale indicazione indiretta del contenuto del precetto, essendo contenuta nella sentenza, rende superfluo l’esame del precetto, al fine di verificare se esso vi trovi effettivo riscontro.

Lo scrutinio del motivo può, dunque, senz’altro avvenire sulla base del dato che la circostanza che il precetto fosse stato intimato nei confronti della società fallita, in quanto risultante dal suo contenuto e, quindi, fondata su di esso, emerge da un atto indicato specificamente nel ricorso. D’altro canto, la lettura di tale atto, cioè della sentenza, evidenzia che la circostanza vi risulta effettivamente enunciata alla pagina undici dove – proprio con il passo virgolettato riportato nel ricorso – si dice che il precetto è stato notificato anche al curatore fallimentare, ma poi si aggiunge che è stato formalmente intimato solo alla società debitrice.

Il riscontro di tale emergenza, posto a fronte del paradigma dell’art. 480 c.p.c., comma 1, (richiamato indirettamente dall’art. 603 c.p.c., comma 1), palesa allora che nel precetto l’indicazione della qualità di debitrice diretta ai fini dell’esecuzione, cioè di soggetto dell’intimazione ad adempiere l’obbligo risultane dal titolo esecutivo, era stata attribuita riferita alla società fallita.

Essendo stata, dunque, la società fallita indicata come debitrice diretta di quanto consacrato nel titolo, nell’introdurre il giudizio di opposizione al precetto, i terzi proprietari, cui esso era stato notificato ai sensi dell’art. 603 c.p.c., comma 1 ai fini di procedere all’esecuzione sui beni di loro proprietà, avrebbero dovuto necessariamente evocarla in giudizio, perchè quando viene minacciata l’esecuzione al debitore diretto ed il precetto ed il titolo vengono notificati ai terzi proprietari, tenuti a subire l’esecuzione sui beni di loro proprietà in dipendenza di alcuna delle situazioni indicate nell’art. 602 c.p.c., il giudizio di opposizione all’esecuzione, tanto se introdotto dal debitore diretto, quanto se introdotto dal terzo deve svolgersi con la partecipazione necessaria, oltre che del creditore procedente, di entrambi.

Ne consegue che la constatazione della mancata evocazione in giudizio della società fallita nel giudizio avrebbe dovuto dare luogo ad un ordine di integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 102 c.p.c. da parte del Tribunale di Mondovì e che l’omissione dev’essere rilevata in questa sede con la conseguenza prevista dall’art. 354 c.p.c., cioè con la rimessione della causa al primo giudice, perchè rinnovi il giudizio nel contraddittorio della parte pretermessa. Il rilievo dell’omissione sarebbe stato anzi possibile indipendentemente dalla proposizione del motivo di impugnazione da parte delle ricorrenti, essendo la violazione della regola dell’art. 102 c.p.c. rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, salva la formazione sul punto della sua inesistenza di un giudicato interno.

Viene in rilievo il seguente principio di diritto:

"Nell’espropriazione promossa dal creditore contro il terzo proprietario nei casi e nei modi di cui agli artt. 602 e seguenti cod. proc. civ., sono parti tanto il terzo assoggettato all’espropriazione, quanto il debitore, per cui nel giudizio di opposizione all’esecuzione, promosso contro il creditore procedente dal terzo assoggettato all’esecuzione, il debitore, assieme al creditore, assume la veste di legittimo e necessario contraddittore, quale soggetto nei cui confronti l’accertamento della ricorrenza o meno dell’azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti; ne consegue che le sentenze rese in un giudizio di opposizione all’esecuzione promossa nei confronti di beni del terzo in cui non sia stato evocato in causa anche il debitore necessario sono inutiliter datae e tale nullità, ove non rilevata dai giudici di merito, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice di legittimità con remissione della causa al giudice di primo grado, i terzi l’opposizione o contro di loro acquirenti" (Cass. n. 19652 del 2004; in precedenza Cass. n. 4607 del 1994, secondo cui; "Nel giudizio di opposizione promosso contro il carattere procedente dal terzo assoggettato all’esecuzione, ai sensi degli artt. 602-604 cod. proc. civ., il debitore si trova in posizione di litisconsorte necessario col creditore procedente, trattandosi, nella specie, di un accertamento concernente una situazione giuridica unica per il creditore, per il debitore e per il terzo, non potendo essa sussistere che nei confronti di tutti e tre, dato che il titolo esecutivo ed il precetto non possono restare in piedi o venir meno se non per i tre soggetti congiuntamente").

Lo stesso principio è stato da ultimo ribadito da Cass. n. 6546 del 2011, secondo la quale: "In sede di espropriazione promossa dal creditore contro il terzo proprietario, nei casi e modi di cui agli artt. 602 e seguenti cod. proc. civ., sono parti tanto il terzo assoggettato all’espropriazione, quanto il debitore, per cui, nel giudizio di opposizione all’esecuzione, promosso contro il creditore procedente dal terzo assoggettato all’esecuzione, il debitore, assieme al creditore, assume la veste di legittimo e necessario contraddittore, quale soggetto nei cui confronti l’accertamento della ricorrenza o meno dell’azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti; ne consegue che le sentenze rese in un giudizio di opposizione all’esecuzione promossa nei confronti di beni del terzo in cui non sia stato evocato in causa anche il debitore necessario sono inutiliter datae e tale nullità, ove non rilevata dai giudici di merito, va rilevata d’ufficio dal giudice di legittimità con remissione della causa al giudice di primo grado". 3. Quest’ultima decisione, per la verità, ha fatto applicazione del riportato principio in relazione ad una vicenda parzialmente similare a quella di cui è processo, affermando, altresì, che "Il principio trova applicazione anche nel caso di fallimento del debitore diretto, dovendo la predetta opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. essere, pertanto, promossa altresì contro di questi, in proprio e per l’eventualità che ritorni o sia ritornato in bonis, allorchè il creditore opposto adduca l’insufficienza dei pagamenti conseguiti in sede fallimentare, a fronte del più ampio oggetto del proprio credito rispetto ai limiti della pretesa azionabile verso il curatore e, dall’altro lato, il terzo esecutato opponga il carattere pienamente satisfattivo dei pagamenti conseguiti nella predetta sede".

Nella specie si trattava di un caso nel quale il creditore era stato ammesso soltanto parzialmente al passivo fallimentare e aveva proceduto per il resto all’esecuzione ai sensi degli artt. 602 e ss. c.p.c. nei confronti del terzo proprietario in forza di titolo esecutivo costituito da cambiali ipotecarie.

Nel caso all’esame di questa Corte, invece, si è in presenza di un’ipotesi nella quale:

a) la creditrice era stata ammessa integralmente al passivo fallimentare ed aveva prima attivato un giudizio cognitivo nelle forme speciali del procedimento per decreto ingiuntivo per formarsi sullo stesso credito ammesso al passivo fallimentare un titolo esecutivo spendibile nei riguardi dei terzi proprietari e lo aveva fatto nei riguardi della debitrice fallita, in modo che di riflesso esso estendesse la sua efficacia nei riguardi dei detti terzi;

b) successivamente, sulla base del titolo così formatosi (per mancata opposizione al decreto ingiuntivo da parte della società fallita), la creditrice ha agito ai sensi degli artt. 602 e ss. minacciando l’esecuzione alla società fallita quale debitrice diretta e notificando ai sensi degli artt. 603 il relativo precetto ai terzi proprietari dei beni da esecutare.

Si è, quindi, in presenza di un caso nel quale l’esecuzione minacciata con il precetto alla società fallita ed opposta dai terzi proprietari, dovrebbe avvenire per lo stesso credito per cui la creditrice è stata ammessa al passivo fallimentare e sulla base di un titolo esecutivo che essa ha ottenuto nei confronti della debitrice fallita.

La questione del se tale titolo si sia correttamente formato ed esista e sia spendibile nei riguardi di terzi proprietari in questa sede viene posta dalle ricorrenti con il secondo ed il terzo motivo, ma non può essere affrontata in questa sede, perchè l’esame di tali motivi è precluso, giacchè la violazione della regola della integrità del contraddittorio, comportando la nullità della sentenza impugnata e, quindi, travolgendo la decisione da essa assunta su tali questioni, determina la conseguenza che esse dovranno essere nuovamente decise nel contraddittorio della litisconsorte pretermessa.

Sarà in quella sede, una volta integrato il contraddittorio, che:

a) dovrà e potrà essere ridiscussa la validità del precedente di questa Corte di cui a Cass. n. 3495 del 1998 (ad altri fini ripreso da Cass. n. 8678 del 2005), che è nel senso di riconoscere al creditore del fallito, pur ammesso al passivo fallimentare, la possibilità di formarsi un titolo esecutivo, dando corso ad un giudizio inteso ad ottenere una statuizione condannatoria (se del caso nella forma speciale della tutela monitoria), contro il fallito, giustificando l’azione così intentata contro tale soggetto, in funzione della successiva spendita del titolo nei riguardi dei terzi proprietari;

b) potranno essere, se del caso, rivalutate le considerazioni svolte nella sentenza qui impugnata a critica di quel precedente e sulla base delle quali essa si è da quest’ultimo discostata;

c) potrà essere ridiscussa l’opzione ermeneutica di Cass. n. 6546 del 2011, che parrebbe – pur senza consapevolezza di Cass. n. 3493 del 1995 – restringere quella possibilità di azione contro il fallito ai soli casi dell’ammissione al passivo fallimentare parziale e dell’ammissione pur totale per l’ipotesi che essa si riveli poi non satisfattiva, in quest’ultimo caso – sembrerebbe – in vista della consecuzione di un titolo condizionale da valere qualora il debitore diretto fallito ritorni in bonis;

d) potrà anche verificarsi – sia pure ai fini della decisione sull’opposizione all’esecuzione – una diversa opzione ermeneutica, la quale, in situazioni come quella di cui è processo, cioè di ammissione al passivo fallimentare di un credito nella sua integralità, ipotizzi che il titolo esecutivo spendibile dal creditore ammesso in funzione di un’esecuzione ai sensi degli artt. 602 e ss. c.p.c. in danno dei terzi proprietari tenuti per il debitore fallito possa essere rappresentato dallo stesso provvedimento di ammissione al passivo fallimentare, per cui tale provvedimento potrebbe essere notificato con il precetto al debitore fallito ed alla curatela fallimentare (con assunzione da parte del precetto di un contenuto particolare, concretantesi nella enunciazione non del contenuto di intimazione di pagamento, ma di enunciazione dell’ammissione al passivo), in funzione di un’esecuzione nei confronti dei terzi proprietari, ferma naturalmente la possibilità per i terzi di sollevare con l’opposizione all’esecuzione ogni contestazione sulla loro posizione e sulla sussistenza del credito. Di tale ipotesi interpretativa potrebbe apparire opportuna la verifica, considerando che l’ammissione al passivo è l’atto con cui il creditore viene ammesso all’esecuzione concorsuale e, dunque, forma a questi fini titolo per tale esecuzione, che coinvolge il patrimonio del debitore principale.

Onde, se è resa possibile l’aggressione a patrimonio di costui sia pure nella forma concorsuale, potrebbe postularsi che, per ottenere soddisfazione sul bene del terzo proprietario, il creditore non abbia necessità della formazione di un titolo esecutivo contro il debitore principale non più in bonis. La verifica di tale ipotesi dovrebbe farsi sulla base del valore che all’ammissione a passivo assegnava implicitamente il vecchio testo dell’art. 120 della L.F. ed assegna espressamente il nuovo, secondo che nella specie sia applicabile l’uno o l’altro. Naturalmente, al terzo dovrebbe riconoscersi rispetto al titolo esecutivo così individuato ogni più ampia possibilità di contestazioni, non avendo egli partecipato alla sua formazione.

Queste notazioni il Collegio formula per mere ragioni di nomofilachia e sulla base della considerazione del precedente da ultimo citato, con espressa avvertenza che nell’economia del disponendo rinvio le tre opzioni si intendono poste sullo stesso piano, cioè di mere ipotesi di cui potrà apparire opportuna la verifica, essendo esclusa ogni valenza di alcuna di esse come principio di diritto. p.4. Conclusivamente, va accolto il primo motivo di ricorso e la sentenza va cassata in relazione con rimessione del procedimento al primo giudice ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3, affinchè integri il contraddittorio nei confronti della Bessone e Dho s.r.l. ed all’esito rinnovi la decisione. p.5. Le spese del procedimento possono compensarsi dovendosi ravvisare giusti motivi nella circostanza che le parti ricorrenti (o meglio quella da esse rappresentata) avrebbero potuto evidenziare la non integrità del contraddittorio a giudice di merito e, quindi, è da ritenere abbia concorso alla causazione della nullità della sentenza impugnata, qui rilevata.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso. Dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata a norma dell’art. 383 c.p.c., comma 3, e rinvia al Tribunale di Mondovì in persona di diverso magistrato addetto all’ufficio, affinchè provveda, previa integrazione del contraddittorio nei confronti della s.r.l. Nuova Bessone & Dho alla rinnovazione del giudizio. Compensa per giusti motivi le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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