Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 23-06-2011) 22-09-2011, n. 34449

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 26.11.2009 la Corte di Cassazione, sezione 3^ penale, annullava quella in data 3.11.2008 della Corte di appello di Catanzaro, emessa nei confronti di G.C. e G. E.F. con la quale era stata confermata quella del G.I.P. del Tribunale di Lamezia Terme in data 117.1.2008 che aveva condannato i due imputati alla pena di giustizia avendoli riconosciuti colpevoli di plurimi reati di illegale acquisto, detenzione e cessione di varie quantità di sostanze stupefacenti del tipo eroina e G.C. anche di quello di evasione) limitatamente alla confisca della somma di denaro in sequestro (Euro 35.000,00), attesa la mancanza anche grafica della motivazione al riguardo e "senza curarsi di qualificare giuridicamente quanto confiscato in termini di prezzo, prodotto o profitto del reato e senza per nulla valutare l’obiezione difensiva", rinviando sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Catanzaro per il giudizio.

Tale Corte distrettuale, con sentenza In data 1.6.2010, ribadiva la conferma della sentenza del G.I.P. del Tribunale di Lamezia Terme del 17.1.2008 con riferimento alla disposta confisca delle somme di denaro in sequestro, ritenendo che il denaro rinvenuto e sequestrato fosse profitto del reato di cessione di sostanza stupefacente.

Avverso tale ultima sentenza ricorre nuovamente per cassazione il difensore di fiducia dei predetti condannati deducendo la violazione di legge in relazione all’art. 240 c.p. e l’apparenza, ovvero illogicità e contrada ittorietà della motivazione. Si assume, in particolare, che la somma in sequestro era ricollegabile direttamente alla compravendita di un terreno e che essa apparteneva a V. I., rispettivamente madre e moglie dei ricorrenti.

Il ricorso è infondato e deve pertanto essere rigettato.

Invero, questa volta la decisione della Corte territoriale in ordine alla disposta confisca è supportata da idonea e congrua motivazione che, richiamando le argomentazioni svolte dal Giudice di primo grado, ha dato conto delle ragioni per le quali il denaro rinvenuto nell’abitazione di G.C., benchè in gran parte (Euro 29.800,00) all’Interno di un tavolo assieme al contratto preliminare di vendita di un appezzamento di terreno stipulato tra V. I. e tale F.F. e la residua parte (di Euro 5.200,00) in una cassetta di legno all’interno di un ripostiglio della stessa abitazione, non potesse collegarsi a tale negozio, essendo l’atto definitivo di compravendita risalente a due anni prima della perquisizione domiciliare ed ammontando il corrispettivo reale (a fronte di quello dichiarato, ai fini fiscali, in atto di Euro 36.000,00) a Euro 90.000,00, pagato nelle mani di G.M., figlia della V., in parte presso l’abitazione della V. e in parte presso la rivendita di ortofrutticoli della V. stessa, onde la Corte ha valutato come contrario ad ogni logica ritenere che le somme ricevute in tale biennio dalla V., secondo le predette modalità, fossero state conservate all’interno del tavolo da pranzo dell’abitazione del figlio G.C..

Peraltro è stato correttamente evidenziata la stabile e continuativa attività di spaccio di stupefacenti alla quale si dedicavano i due imputati, punto di riferimento per i tossicodipendenti dell’area lamentina, come, del reato, eloquentemente manifestato dalla stessa formulazione delle imputazioni: l’entità della somma reperita era, dunque, perfettamente compatibile con i profitti ricavabili da tale stabile, illecita e lucrosa attività sicchè è stata ritenuta corretta la confisca del denaro, qualificato come profitto del reato.

E’ appena il caso di aggiungere, per altro verso, che, ovo davvero si trattasse di denaro che, come sostenuto dai ricorrenti, si apparteneva non a loro ma ad una terza persona, cioè V. I., dovrebbero essere dimostrate o almeno allegate, ai fini della legittimazione a ricorrere ( art. 591 c.p.p., comma 1, lett. a), le ragioni del possesso dell’altrui denaro, mai spiegate. Sicchè s’appalesa del tutto verosimile l’artificio, ipotizzato dai giudici di merito di primo e secondo grado, di "costruirne" la legittima provenienza, simulandone la derivazione dalla vendita del terreno tramite l’occultamento, nel medesimo posto, della maggior parte della somma assieme al contratto preliminare.

Consegue il rigetto dei ricorsi e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *