Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-01-2012, n. 1186

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Sa.An.Cr. conveniva, davanti al tribunale di Rovigo, S.R. chiedendone la condanna al rilascio del fondo di sua proprietà, affittato al convenuto, con il risarcimento dei danni per la ritardata restituzione e con l’obbligo dello stesso di trasferire ad essa ricorrente i titoli per usufruire dei contributi comunitari.

Si costituiva il convenuto contestando la fondatezza delle domande proposte, proponendo, a sua volta, domanda riconvenzionale.

Il tribunale, con sentenza del 12.10.2007, rigettava le domande attoree escludendo l’obbligo del trasferimento dei titoli abilitativi alla corresponsione degli aiuti comunitari.

La Corte d’Appello, investita dell’appello proposto dalla Sa., in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava cessato il rapporto di affitto agrario al 31.10.2005, con la conseguente condanna alla restituzione del fondo.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi il S..

Resiste con controricorso la Sa..

Le parti hanno anche depositato memoria.

Motivi della decisione

Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo I. Secondo l’art. 366 – bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 18 luglio 2007, n. 16002).

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. S.U. 11 marzo 2008, n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo). La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass. 7 aprile 2009, n. 8463; v. anche Sez. Un. ord. 27 marzo 2009, n. 7433).

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione alla L. n. 203 del 1982, art. 45.

– Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio – Fatto come riportato dall’unica deposizione resa dall’unico teste S.E. nel giudizio di primo grado a verbale di udienza 12 gennaio 2007 sul tipo di accordo intervenuto tra le parti. Il motivo è inammissibile.

La funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena d’inammissibilità del motivo proposto, è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (Cass. 7.4.2009 n. 8463).

Il quesito formulato in relazione alla violazione L. n. 203 del 1982, art. 45 (pag. 23 ric.) non rispetta le condizioni riferite.

Pecca, infatti, di genericità e si risolve in una enunciazione di carattere generale, non contenendo alcun riferimento al caso concreto.

In tal modo, la Corte di legittimità si trova nell’impossibilità di enunciare un o i principii di diritto che diano soluzione allo stesso caso concreto (Cass. ord. 24.7.2008 n. 20409; S.U. ord. 5.2.2008 n. 2658; Sez. Un. 5.1.2007 n. 36, e successive conformi).

Nè il quesito, correttamente posto, può essere desunto dal contenuto e dall’illustrazione del motivo che lo precede, e neppure può essere integrato il primo con il secondo. Diversamente, si avrebbe la sostanziale abrogazione della norma dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis nella specie (Sez. Un. 11.3.2008, n. 6420 e successive conformi).

Sotto il profilo del vizio motivazionale, poi, anche a ritenere il momento di sintesi quello indicato come quesito ex art. 366 bis c.p.c. (pag. 22 del ricorso), difetta la chiara illustrazione del supposto fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria -, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (Cass. 25.2.2009 n. 4556). Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione al disposto della L. n. 203 del 1982, artt. 58 e 45; Violazione altresì in relazione all’art. 2900 c.c. e art. 324 c.p.c. – giudicato interno. Il motivo è inammissibile.

I quesiti di diritto proposti, da un lato sono generici, difettando il collegamento con il caso concreto, dall’altro, non indicano, nè la regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, nè il diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, con la conseguente inammissibilità del motivo (v. anche Cass. 30.9.2008 n. 24339).

Quanto al supposto vizio motivazionale, difetta, sia il momento di sintesi, sia la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (Cass. 25.2.2009 n. 4556).

Con il terzo motivo denuncia la Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione all’art. 1337 c.c., con riferimento al disposto della L. n. 203 del 1982, art. 46; Errore di diritto e contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia. Il motivo è inammissibile.

Il quesito posto in relazione al motivo è generico e privo del riferimento al caso concreto, con la conseguente impossibilità per la Corte di legittimità di enunciare il principio di diritto risolutivo del dello stesso caso concreto.

Quanto al profilo motivazionale, difettano le condizioni richieste, a tal fine, dall’art. 366 bis c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5 (momento di sintesi, chiara indicazione del fatto controverso, indicazione delle ragioni di inidoneità della motivazione a giustificare la decisione).

Con il quarto motivo denuncia la Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione al disposto dell’art. 1591 c.c. – Errore di diritto ed insufficiente contraddittoria motivazione su fatto controverso.

Il motivo è inammissibile.

Anche in questo caso, il quesito è generico, non indicando neppure quali siano le supposte violazioni imputate alla Corte di merito nel caso concreto.

Con riferimento al vizio motivazionale valgono le precedenti osservazioni, qui richiamate.

Conclusivamente, il ricorso è inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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