Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-01-2012, n. 1184 Rappresentanza della società

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 29-10-2008 la Corte di Appello di Milano ha respinto l’impugnazione proposta dalla Evonik Stockhausen GMBH, già Stockhausen GMBH, confermando la decisione del Tribunale di accoglimento della domanda proposta dalla TECNOCHEMICAL s.r.l. volta ad ottenere l’adempimento il contratto di fornitura di prodotti chimici stipulato in data 11-10-96, integrato in data 2-12-96, con conseguente condanna della Stockhausen GMBH a fornire i prodotti oggetto dell’accordo alle condizioni in esso stabilite.

La Corte di appello ha ritenuto che il documento dell’11-10-96 aveva tutti gli elementi per essere considerato contratto di fornitura e non semplice "bozza";che, anche a voler considerare inesistenti i poteri di firma in capo ai soggetti sottoscrittori dell’atto, la limitazione dei poteri di rappresentanza degli organi sociali di una società di capitali è inopponibile a terzo contraente a norma dell’art. 2384 c.c., comma 2; che comunque la società Stockhausen GMBH aveva ratificato il contenuto dell’atto con l’esecuzione dell’obbligazione a suo carico. Propone ricorso per cassazione la Evonik Stockhausen GMBH con quattro motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la TECNOCHEMICAL s.r.l. illustrato da memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denunzia la violazione della L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 25 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene la ricorrente che la Corte di appello, in relazione alle eccezioni formulate in ordine alla limitazione dei poteri di rappresentanza dei funzionari firmatari dell’atto, ha erroneamente applicato l’art. 2384 c.c., comma 2, mentre avrebbe dovuto applicare la normativa tedesca, non essendo in discussione che la società ricorrente era una società costituita nella Repubblica Federale Tedesca, circostanza non contestata dalla controparte.

Deduce, inoltre, che dai dati ricavabili dalla numerosa certificazione esibita, risultava che i soggetti firmatari dell’atto erano privi dei poteri per vincolare la società ricorrente.

2. Con il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2384 c.c. e difetto di motivazione perchè i firmatari dell’atto, come dimostrato, non erano amministratori della società ricorrente, in quanto il sig. S. non aveva alcun potere di rappresentanza ed il sig. R. era un procuratore abilitato a rappresentare la società solo congiuntamente ad un altro procuratore.

3. I primi due motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica e sono inammissibili.

Si osserva che il tema dell’applicabilità della normativa tedesca risulta introdotto per la prima volta in questa fase di legittimità, essendosi il giudizio di appello incentrato unicamente sull’esistenza o meno dei poteri rappresentativi della società in capo ai soggetti firmatari dell’atto dell’11-10-1996 e della sua successiva integrazione, valutati alla luce della normativa italiana.

Il ricorrente non ha neanche allegato in quale fase processuale o con quale atto sia stato introdotto il tema dell’applicabilità della normativa tedesca nelle precedenti fasi di merito.

4.Certamente, con l’entrata in vigore della L. 31 maggio 1995, n. 218, per effetto dell’art. 14 (secondo il quale l’accertamento della legge straniera è compiuta di ufficio dal giudice), la conoscenza della legge straniera da parte degli organi giudicanti nazionali, al pari della sua interpretazione secondo i criteri del successivo art, 15, non è più regolata come una questione di fatto, ma è divenuta una quaestio iuris. Nondimeno, i presupposti di applicabilità di una determinata legge straniera dipendono pur sempre dalla sussistenza di criteri di collegamento fondati su elementi di fatto, che devono essere ritualmente acquisiti alla causa.

5. La L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 25, che è volto ad individuare i criteri in base ai quali definire lo statuto personale di una società straniera, stabilisce che si applica la disciplina legislativa dello Stato in cui si è perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica tuttavia la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale deila società. 6. Risultano perciò con evidenza i molteplici elementi di fatto che avrebbero dovuto essere allegati e sottoposti ritualmente, ai fini del contraddicono, all’accertamento del giudice del merito per l’individuazione della legge applicabile al rapporto: procedimento di formazione, sede dell’amministrazione, oggetto principale dell’attività. In conclusione, è stata proposta per la prima volta in Cassazione una questione la cui soluzione dipende da accertamenti di fatto che avrebbero dovuti essere richiesti al giudice del merito e nel rispetto del principio del contraddittorio. Da ciò l’inammissibilità della censura.

7. In ordine alla mancanza di poteri dei firmatari dell’atto ed all’erronea applicazione dell’art. 2384 c.c. in quanto i firmatari erano semplici funzionari della società, si osserva che per il principio dell’autosufficienza del ricorso il ricorrente aveva l’obbligo di riprodurre i documenti e le certificazioni a cui fa riferimento, primi fra tutti a scrittura dell’11-10-1996 e la sua integrazione, per consentire a questa Corte di verificare la fondatezza delle cesure.

8. Come terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 1362 c.c. in relazione agli artt. 1321 e 1326 c.c. e omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c..

Sostiene la ricorrente che la Corte di appello ha violato i canoni di ermeneutica contrattuale nell’interpretazione del documento del 11-10- 96, ritenendo che fosse un contratto e non invece un semplice documento preparatorio.

9. Il motivo è inammissibile.

In tema di interpretazione del contratto, le valutazioni del giudice di merito sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione, al fine di far valere la ricorrenza dei suddetti vizi, il ricorrente per Cassazione, in applicazione del principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, deve riportare il testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto nella sua originaria formulazione ovvero della parte in contestazione, precisare quali norme ermeneutiche siano state in concreto violate e specificare in qual modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sia discostato (cfr. Cass. 1 aprile 2003 n. 4905).

10. Nella specie la ricorrente si è limitata a sostenere che la scheda dell’11-10-1996 era solo un atto preparatorio, con il riferimento a specifiche indicazioni contenute nel documento, senza indicare quali siano i criteri di ermeneutica violati, ed ha omesso di riprodurre il testo di tale documento, non consentendo così a questa Corte di legittimità di valutare il fondamento della censura.

La motivazione su punto risulta rispettosa dei canoni di interpretazione ed esente da contraddizioni o illogicità. 11. Con il quarto motivo di denunzia difetto di motivazione in ordine ad un fatto decisivo individuato nella circostanza che il comportamento tenuto dalla ricorrente successivamente alla scrittura dell’11-10-1996 costituiva ratifica dell’operato dei funzionari sottoscrittori.

12. Il motivo è infondato, Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta da giudice de merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.

13. Nel caso di specie la Corte di Appello ha ritenuto che la società avesse comunque ratificato il contenuto della scrittura dell’11-10-96 sul rilievo che l’invio successivo di 35 tonnellate di materiale non poteva considerarsi "campionatura" e che nelle successive tre proposte contrattuali la ricorrente aveva fatto esplicito riferimento alla cessazione del contratto dell’11-10-96.

Della linea argomentativa così sviluppata la ricorrente non segnala alcuna caduta di consequenzialità, mentre l’impugnazione si risolve nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella del giudice di merito: il che non può trovare spazio nel giudizio di cassazione. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali dei giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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