Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-06-2011) 22-09-2011, n. 34470

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il difensore di C.F. ricorre avverso la sentenza, in data 16.12.2010, del Gup del Tribunale di Como, con la quale, su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è stata applicata al C. la pena di anni due mesi due di reclusione ed Euro 600,00 di multa per i reati di cui agli artt. 81 e 110 c.p., art. 628 c.p., comma 3, n. 1 e, chiedendone l’annullamento, deduce l’inosservanza e/o erronea applicazione della legge in riferimento all’art. 133 c.p., e la mancanza di motivazione in relazione all’art. 129 c.p.p..

Ricorre avverso la predetta sentenza anche il Procuratore Generale nei confronti di C.F., Ca.Bi. e M.D., imputati di concorso in rapina aggravata e tutti recidivi specifici nel quinquennio, deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), per errata interpretazione della legge penale in riferimento all’art. 99 c.p., comma 5 nel testo modificato dalla L. n. 251 del 2005, art. 4, in quanto il Gup ha applicato le pene concordate tra le parti, ratificando il riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza (nei confronti di C. e Ca.) e di prevalenza (nei confronti del M.) rispetto alle aggravanti e alla recidiva contestata, nonostante che – nella fattispecie – il carattere obbligatorio della recidiva precludesse l’esclusione della recidiva a seguito del giudizio di equivalenza o di prevalenza (per il M.) tra le opposte circostanze.

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

In via preliminare, va disposto lo stralcio per la posizione del solo M.D., difeso d’ufficio, in quanto dagli atti non risulta nei suoi confronti la notifica dell’avviso dell’odierna udienza.

Per quanto riguarda il ricorso di C.F., rileva il Collegio che il ricorso è, da un lato, privo della specificità prescritta dall’art. 581, lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p. e, dall’altro, manifestamente infondato, in quanto la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. (Cass. Sez. 1, Sent. n. 4688/2007 Rv. 236622); in tema di patteggiamento, l’obbligo di motivazione in ordine all’entità della pena va poi ritenuto assolto da parte del giudice quando egli dia atto di avere positivamente effettuato la valutazione della correttezza della qualificazione giuridica del fatto, dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle parti e della congruità della pena (Cass. Sez. 5, Sent. n. 489/2000 Rv. 215489).

Risultando dal testo della gravata sentenza effettuata una tale indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, e verificata l’insussistenza di elementi che importino decisioni ex art. 129 c.p.p., l’obbligo di motivazione è stato assolto.

Il ricorso del C. va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato C.F. che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Il ricorso del Procuratore Generale nei confronti di C. F. e Ca.Bi. è infondato, e va rigettato.

L’art. 99 c.p., comma 5, come modificato dalla L. n. 251 del 2005 che statuisce l’obbligatorietà dell’aumento di pena per la recidiva per i delitti indicati dall’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a) (tra i quali, anche quello di rapina aggravata ai sensi dell’art. 628 c.p.p., comma 3) non limita, però, il potere – dovere del giudice di adeguamento della pena al caso concreto, introducendo un "automatismo sanzionatorio" correlato ad una presunzione "iuris et de iure" di pericolosità del recidivo. Al riguardo, questa Corte ha, infatti, affermato che, anche quando per la tipologia del reato ascritto, l’aumento di pena per la recidiva sia obbligatorio, non sussiste, in presenza di attenuanti, il divieto di bilanciamento tra quest’ultime e la recidiva, essendo precluso unicamente quello di prevalenza delle prime sulla seconda ai sensi dell’art. 69 c.p., comma 4 (v. Cass. Sez. 2, sent. n. 6950/2011 Rv. 249458; Sez. 1, sent. n. 17313/2008 Rv. 239620).

Considerato che per il C. e per il Ca. le circostanze attenuanti sono state ritenute equivalenti all’aggravante contestata e alla recidiva, e che quindi – per quanto riguarda gli imputati in questione – la sentenza, non avendo recepito un accordo "contra legem", non è inficiata da violazione di legge, il ricorso del Procuratore Generale va rigettato.

P.Q.M.

Dispone lo stralcio della posizione di M.D. per omessa notifica dell’avviso dell’odierna udienza all’imputato difeso d’ufficio; rigetta il ricorso del Procuratore Generale nei confronti di C.F. e Ca.Bi.. Dichiara inammissibile il ricorso di C.F. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *