Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-06-2011) 22-09-2011, n. 34468

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 12.7.2001, il Tribunale di Milano dichiarò D. N.A. responsabile dei reati di cui agli artt. 81 e 643 c.p., art. 61 c.p., n. 7, e – concesse le attenuanti generiche equivalenti sull’aggravante contestata – lo condannò alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 2500,00 di multa.

Avverso tale pronunzia proposero gravame l’imputata, e la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 21.1.2011, in parziale riforma della decisione di primo grado dichiarava non doversi procedere nei confronti della D.N. per i fatti reato contestati e commessi fino al 21.7.2003, perchè estinti per intervenuta prescrizione e, per l’effetto, riduceva la pena ad anni due mesi tre di reclusione ed Euro 2250,00 di multa.

Ricorre per cassazione l’imputata, deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per errata interpretazione della legge penale e mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in riferimento all’elemento psicologico del reato di circonvenzione di incapace, all’induzione agli atti di disposizione patrimoniale, al diniego della concessione della sospensione condizionale della pena.

Deduce altresì la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata.

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

In ordine al primo e al secondo motivo (mancanza di motivazione in ordine alla consapevolezza da parte della ricorrente dello stato di incapacità della parte offesa e all’induzione agli atti di disposizione patrimoniale), osserva il Collegio che, su entrambi i motivi, peraltro del tutto generici, il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, sia per la assoluta genericità delle censure che per la violazione del divieto di "novum" in Cassazione. A riguardo, rilevasi, che – nell’atto d’appello – la ricorrente si era limitata a censurare la sentenza di primo grado evidenziando l’assenza dello stato di infermità e di deficienza psichica della persona offesa, e senza contestazione alcuna circa le circostanze e i fatti riportati in sentenza, nonchè a chiedere in maniera del tutto generica l’assoluzione anche ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, e – in subordine – la concessione delle attenuanti generiche prevalenti e la sospensione condizionale della pena.

Per quanto riguarda la terza doglianza, rileva il Collegio che la misura della pena non consente il beneficio della sospensione condizionale; la comparazione delle circostanze è, poi, rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, e come tale sottratta al sindacato di legittimità, ove – come appunto nel caso di specie (la Corte territoriale ha evidenziato che – per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio – il giudizio di comparazione non può essere modificato nel senso della prevalenza delle attenuanti generiche, tenuto conto della gravità dei fatti e "del numero e la durata temporale delle condotte di appofittamento, protratte in modo da evidenziare una pervicacia criminosa del colpevole" v. pagg. 11 e 12 della sentenza) – corredata da una motivazione idonea a far emergere la ragione della concreta scelta operata.

Quanto alla prescrizione, l’inammissibilità originaria del ricorso comporta il passaggio in giudicato della sentenza di merito, con la conseguente impossibilità di dichiarare l’eventuale, sopravvenuta prescrizione del reato ex art. 129 cod. proc. pen. in relazione agli episodi commessi successivamente al 21.7.2003 (cfr. Cass. Sez. 1, Sent. n. 24688/2008 Rv. 240594).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, nonchè alla rifusione in favore della parte civile C.A., nella qualità, delle spese sostenute per questo grado di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 3000,00 oltre IVA e CPA e spese generali.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione in favore della parte civile C.A. n.q. delle spese sostenute per questo grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 3000,00 oltre IVA e CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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