Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-06-2011) 22-09-2011, n. 34466

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza del 28.3.2001, il Tribunale di Pesaro dichiarò M. D.F. responsabile dei reati di cui all’art. 646 c.p., art. 61 c.p., n. 7, e lo condannò alla pena di mesi nove di reclusione ed Euro 500,00 di multa.

Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte d’Appello di Ancona, con sentenza del 19.7.2010, confermava la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), per errata interpretazione della legge penale in riferimento agli artt. 8, 9 e 491 c.p.p., essendo stato il reato commesso in Catania, ed essendo pertanto incompetente per territorio il Tribunale di Pesaro. L’eccezione di incompetenza è stata, poi, ritualmente proposta con l’atto d’appello, in quanto all’imputato detenuto dal dicembre 2005 non è stato regolarmente notificato l’atto di citazione in giudizio, con conseguente nullità degli atti del giudizio medesimo. Deduce altresì la nullità della querela e l’insussistenza dell’aggravante contestata.

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Il ricorso va rigettato, per la non condivisibilità delle censure articolate nei motivi che lo compongono.

I motivi attinenti la nullità del giudizio di primo grado a seguito della nullità della citazione a giudizio dell’imputato sono infondati. Premesso che, per giurisprudenza consolidata (v.,da ultimo, Cass. Sez. 1, sent. n. 44629/2007), l’irreperibilità considerata dall’art. 159 c.p.p. non va intesa in senso assoluto, ma ha natura processuale e si verifica tutte le volte in cui l’autorità procedente, dopo aver eseguito le ricerche, non sia pervenuta all’individuazione della residenza o della dimora effettiva dell’imputato, rammenta il Collegio che la legittimità delle notificazioni, eseguite nelle forme stabilite per l’imputato irreperibile, deve essere valutata con riferimento al momento in cui dette formalità furono adempiute, ossia con riferimento alla situazione accertata in quel momento, senza che possano aver rilevanza eventuali successivi avvenimenti che modifichino la situazione preesistente, ivi compreso lo stato di detenzione successivo all’emissione del decreto di irreperibilità ed alla conseguente notifica del decreto di citazione; stato di detenzione che può rilevare, solo ai fini dello stato di legittimo impedimento a comparire, nei casi in cui esso sia conosciuto dal giudice (v.

Cass. S.U., sent. n. 37483/2006 Riv. 234560).

Risulta dagli atti del procedimento – che questa Corte può esaminare (anche indipendentemente dalle innovazioni contenute dalla L. n. 46 del 2006) essendo state dedotte violazioni di natura processuale sulle quali il giudice di legittimità è giudice del fatto – che le ricerche dell’imputato sono state regolarmente effettuate sia nel luogo di residenza che nel luogo di nascita, come emerge dalle note dei Carabinieri di Acireale e Montecchio in data 1.5.2005 e 13.5.2005 (e dalle quali risulta in particolare che l’imputato non era più reperibile a (OMISSIS)).

Correttamente, quindi, la Corte territoriale ha ritenuto la ritualità del decreto di irreperibililità emesso dopo opportune vane ricerche, e quindi della notifica della citazione diretta a giudizio.

Ne consegue il rigetto degli ulteriori motivi in rito, in quanto lo stato di detenzione dell’imputato successivo all’emissione del decreto di irreperibilità ed alla conseguente notifica del decreto di citazione, sconosciuto all’autorità procedente, non preclude l’espletamento del giudizio nella contumacia dell’imputato, mentre l’eccezione di incompetenza è chiaramente tardiva, in quanto non sollevata nei termini di cui all’art. 491 c.p.p., bensì solo con l’atto d’appello.

Parimenti infondate le doglianze di cui ai punti 5 e 6 del ricorso.

In merito ai poteri di rappresentanza del querelante, questa Suprema Corte ha più volte ribadito il principio – condiviso dal Collegio – che la querela proposta dal legale rappresentante di una persona giuridica, di un ente o di un’associazione deve ritenersi contenere l’indicazione della fonte dei poteri di rappresentanza, qualora il querelante si qualifichi come soggetto cui essa, competa "ex lege", dal momento che deve intendersi implicito ed automatico il riferimento alla norma giuridica quale fonte, (v. Cass. Sez. 5, Sent. n. 7599/1999 – Rv. 213789; Sez. 6, Sent. n. 10274/2000 Rv. 217647;

Sez. 2, Sent. n. 32970/2002 – Rv. 222582).

Pertanto in tema di formalità della querela, l’onere della indicazione dei poteri di rappresentanza di cui all’art. 337 c.p.p., comma 3, è correttamente adempiuto, se la parte offesa si qualifichi come soggetto a cui compete "ex lege" detto potere e può, quindi, limitarsi alla mera indicazione della legale rappresentanza non essendo necessaria l’indicazione della norma statutaria o della delibera che conferisca tale potere (cfr. Cass. Sez. 5, Sent. N. 19368/2006 – Rv. 234539; Sez. 2, Sent. n. 33444/2005 – Rv. 234962).

Si osserva, poi, che per il principio di tassatività delle nullità, l’omessa indicazione, nella querela proposta dal legale rappresentante della persona giuridica o dell’ente, della fonte dei poteri di rappresentanza, non ne determina la nullità perchè la previsione dell’adempimento, di cui all’art. 337 c.p.p., comma 3, non è assistita da sanzioni processuali, (cfr. Cass. Sez. 2, Ord. n. 4055/2006 – Rv. 233343).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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