Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-06-2011) 22-09-2011, n. 34465 Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 22.10.2010, il Tribunale di Lecce dichiarò S. L. responsabile dei reati di cui alla L. n. 689 del 1991, art. 37, artt. 81 e 640 cpv c.p., e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione – concesse le attenuanti generiche equivalenti – la condannò alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 400,00 di multa.

Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputata, e la Corte d’Appello di Lecce, con sentenza del 22.10.2010, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’appellante in ordine al reato di truffa aggravata limitatamente all’episodio del gennaio 2003, perchè estinto per prescrizione, ed eliminata per l’effetto la relativa pena, valutate prevalenti le già concesse attenuanti generiche riduceva la pena residua in mesi cinque, giorni venticinque ed Euro 295,00 di multa.

Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per errata interpretazione della legge penale e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in riferimento al soggetto attivo dei reati di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 37 e art. 640 c.p. – in quanto per l’individuazione del soggetto titolare e destinatario egli obblighi di legge, al di là della mera intestazione fittizia dell’azienda, contrariamente a quanto affermato dalla Corte, bisognava aver riguardo al criterio delle "mansioni di fatto" esercitate all’interno dell’azienda e agli elementi emersi in sede dibattimentale – e all’elemento soggettivo del reato di truffa aggravata.

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Il ricorrente, dimenticando i limiti del sindacato del giudice di legittimità, e pur avendo denunciato, formalmente, il vizio di erronea applicazione della legge penale sia in riferimento al soggetto attivo del reato che all’elemento soggettivo del reato di truffa, e nell’illustrazione dei motivi, anche il vizio di motivazione (fondandolo sull’asserita carenza di motivazione, e travisamento del fatto) ha, tuttavia, nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono una critica del logico apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello, con la finalità di ottenere una nuova valutazione delle prove stesse; e ciò non è consentito in questa sede.

E’ pacifico, in proposito, che ai sensi del disposto dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicchè dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che detto testo è manifestamente carente di motivazione e/o di logica e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, degli atti processuali (Cass., Sez. un., 19 giugno 1996, De Francesco).

Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione da parte del ricorrente di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenuta più adeguata (Cass., Sez. un., 2 luglio 1997, Dessimone). Nè i limiti del sindacato della Corte paiono mutati a seguito della nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), intervenuta a seguito della L. 20 febbraio 2006, n. 46, laddove si prevede che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la motivazione della pronuncia: a) sia "effettiva" e non meramente apparente; b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente "contraddittoria", ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo", che devono essere indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo ricorso per Cassazione, in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Alla Corte di Cassazione, infatti, non è tuttora consentito di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti magari finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal giudice del merito.

Così come non sembra affatto consentito che, attraverso il richiamo agli "atti del processo", possa esservi spazio per una rivalutazione dell’apprezzamento del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamento riservato in via esclusiva al giudice del merito.

In altri termini, al giudice di legittimità resta tuttora preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Nel caso di specie, va poi ricordato che ci si trova dinanzi ad una "doppia conforme" e cioè ad una doppia pronuncia di eguale segno, e pertanto il vizio di "travisamento della prova", di cui alla lett. e) come modificato dalla L. n. 46 del 2006 (che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva), può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado, "non potendo, nel caso di cd. doppia conforme, superarsi il limite del "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice" (v. Cass. 4, sez. 4, sent. n. 19710/2009 Rv. 243636; Cass., n. 5223/07, Rv.

236130). Le motivazioni svolte dal giudice d’appello non risultano, poi, viziate da illogicità manifeste e sono infine esaustive, avendo risposto correttamente a tutte le doglianze contenute nell’atto d’appello, sia in riferimento all’individuazione del soggetto attivo dei reati di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 37 e art. 640 c.p. che alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato. La Corte territoriale ha quindi correttamente rilevato che non può valere ad escludere la responsabilità della ricorrente la circostanza che la gestione della società fosse di fatto nelle mani del di lei genitore, essendo ella la diretta destinataria degli obblighi di legge, pur se mera prestanome di altri, nonchè responsabile delle dichiarazioni obbligatorie di legge in tal veste sottoscritte e presentate, evidenziando quindi che anche il meccanismo fraudolento che ha indotto in errore l’INPS tradottosi in un mancato versamento i ritenute per complessivi Euro 12.730,00 è stato attuato proprio mediante l’esposizione di fittizie anticipazioni nei modelli di denuncia obbligatoria provenienti dalla S..

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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