Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-06-2011) 22-09-2011, n. 34455 Competenza per territorio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.A., C.S.E., S.A. ricorrono in cassazione avverso l’ordinanza, in data 2.03.2011, del Tribunale di Milano – sezione Riesame – di conferma, in sede di appello, dell’ordinanza del GIP del Tribunale dello stesso capoluogo, pronunciata in sede di udienza preliminare il 24.01.2011, di rigetto dell’eccezione difensiva di perdita di efficacia, ai sensi dell’art. 27 c.p.p., della misura coercitiva applicata ad essi imputati, nonchè ad altri, con ordinanza del GIP presso il Tribunale di Trento in data 18.01.2010, trasmessa dalla Procura della Repubblica di Trento alla Procura di Milano il 20.05.2010 e pervenuta il 3.06.2010, a seguito di determinazione della Procura Generale presso la Corte di cassazione ex art. 54 quater c.p.p., comma 3 in data 19.05.2010.

Precisa il Tribunale che il GIP, presso il Tribunale di Milano, aveva emesso, in data 23.09.2010, ordinanza cautelare in carcere nei confronti di altri imputati, nell’ambito della medesima inchiesta, per i quali il Tribunale del Riesame di Trento aveva dichiarato, con ordinanza del 6.09.2010, l’incompetenza per territorio. E, pertanto, l’eccezione sollevata dai difensori degli odierni ricorrenti, è stata ritenuta infondata in quanto non si può estendere gli effetti della dichiarazione di incompetenza a soggetti diversi (i ricorrenti) da quelli nei cui confronti è stata pronunciata.

I ricorrenti denunciano violazione degli artt. 27 e 291 c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per vizio di motivazione. Si premette che, in data 6.09.2010, il Tribunale di Trento, in funzione di riesame, in sede di rinvio, dichiarava l’incompetenza territoriale in favore dell’autorità giudiziaria di Milano nei confronti di altri coimputati in quanto "parte dell’attività di consorteria nonchè i capi che la gestivano vivevano a (OMISSIS)".

La motivazione del Tribunale, posta a base della conferma del provvedimento impugnato (V. sopra nella parte narrativa), è assolutamente illogica stante l’imputazione, associazione per delinquere per la detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente, che è ascritta non solo a coloro per i quali è stata dichiarata l’incompetenza, ma anche agli attuali ricorrenti.

L’incompetenza dichiarata non è personalizzabile nel senso di attribuire gli effetti solo alle posizioni giunte di nuovo avanti al Tribunale di Trento in forza di annullamento della S.C., ma essa deve intendersi dichiarata, e spiegare i propri effetti per tutti coloro per i quali è stata riconosciuta l’incompetenza a decidere sul fatto reato loro ascritto.

Inoltre, si argomenta che non si comprende altra parte della motivazione del provvedimento impugnato con il quale si afferma che "nel caso di specie il provvedimento del GIP del Tribunale di Milano sarebbe intervenuto a distanza di mesi dalla trasmissione degli atti tra le procure con una totale incertezza sul termine di emissione del nuovo provvedimento, condizionato alla eventuale dichiarazione di incompetenza nei confronti di alcuni degli imputati".

I motivi esposti sono manifestamente infondati, sicchè i ricorsi vanno dichiarati inammissibili.

Le S.U. di questa Corte con la sentenza n. 18823 del 25/03/2010 (Rv.

246273) hanno affermato un principio giurisprudenziale applicabile al caso che ci occupa.

La questione che le Sezioni Unite sono state chiamate a decidere era quella ben diversa di stabilire se l’ordinanza cautelare emessa dal giudice della convalida sia soggetta alla perdita di efficacia prevista dall’art. 27 c.p.p., anche in mancanza di una formale declaratoria di incompetenza, quando il luogo dell’arresto o del fermo sia diverso da quello di commissione del reato.

Le S.U. concludono con l’affermare che nell’ipotesi in cui la misura cautelare sia stata disposta dal giudice della convalida ex art. 391 c.p.p., comma 5, e il luogo dell’arresto o del fermo sia diverso da quello di commissione del reato, solo la formale dichiarazione di incompetenza da parte del giudice determina l’inefficacia della misura cautelare che non sia stata rinnovata dal giudice competente entro venti giorni dall’ordinanza di trasmissione degli atti.

Nel pervenire a tali conclusioni le S.U. hanno osservato, e questo è il punto che rileva per la vicenda che ci occupa, che il tenore letterale dell’art. 27 c.p.p. è inequivoco nel senso che la cessazione degli effetti della misura cautelare non dipende dall’incompetenza del giudice che la ha emessa, ma dalla contestuale o dalla successiva dichiarazione di incompetenza da parte di questo giudice nell’ordinanza di trasmissione degli atti. Dato lessicale sul quale converge quello logico per cui, senza una tale ordinanza di trasmissione, non sarebbe fissato un dies a quo di decorrenza del termine di venti giorni per la perdita di efficacia della misura o per la sua rinnovazione da parte del giudice competente (cfr. S.U. n. 3 del 2001, Buffoli, Rv. 218299). Osservazioni che si completano con la riflessione tratta dal parallelo art. 291 c.p.p., comma 2. La disposizione prevede che l’incompetenza del giudice adito non esime, se v’è urgenza, dall’emanare la misura cautelare richiesta, ma comporta che la dichiarazione di incompetenza sia contenuta nella stessa ordinanza che dispone la misura, applicandosi, quindi, l’art. 27 c.p.p.. Ed anche nella formulazione di tale articolo è dunque la dichiarazione di incompetenza l’elemento che il legislatore ribadisce essere necessario perchè si attivi il meccanismo dell’art. 27 c.p.p., in modo che l’ordinanza emessa abbia efficacia interinale. E’ dunque corretto l’assunto dell’ordinanza impugnata laddove ha evidenziato che appare del tutto arbitrario (in quanto ipotesi non prevista dalla legge) estendere a soggetti diversi da quelli nei cui confronti è stata dichiarata l’incompetenza da parte del giudice cautelare gli effetti della dichiarazione stessa. Il punto significativo per l’applicazione del principio enunciato è che nel caso in esame il Tribunale del Riesame di Trento non ha valutato la competenza territoriale con riferimento ad altri soggetti (gli attuali ricorrenti) per i quali, come rileva il provvedimento impugnato/ non è dato sapere quale decisione avrebbe assunto.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di Euro 1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

La Corte dispone inoltre che copia di presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p..
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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