T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 10-10-2011, n. 2417 Patente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Preliminarmente, ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti (il ricorrente non è comparso in camera di consiglio).

2. Il ricorrente, con ricorso depositato il 27 giugno 2011, ha impugnato il provvedimento in epigrafe con il quale il Prefetto ha disposto nei suoi confronti la revoca della patente di guida essendo questi stato condannato per il reato di cui all’art. 73 DPR n. 309/1990, con sentenza del 24 giugno 2009, divenuta irrevocabile in data 8 novembre 2009.

3. Il provvedimento è immune dalle censure dedotte. Sono necessarie alcune brevi notazioni ricostruttive.

3.1. L’art. 120 d.lgs. n. 285 del 1992, recante la disciplina dei requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all’articolo 116, è stato recentemente modificato prima ad opera dell’art. 3, comma 52, lettera a), l. 15 luglio 2009, n. 94 e, poco successivamente, dall’art. 19 legge 29 luglio 2010, n. 120; da ultimo, ulteriori modifiche sono state introdotte, ma con effetto soltanto dal 19 gennaio 2013, dall’articolo 8, comma 1, lettera a), d.lgs. 18 aprile 2011 n. 59.

3.2. Nel testo risultante dalle predette novellazioni, si legge, al primo comma, che: "non possono conseguire la patente di guida… le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi". Il secondo comma recita "…. se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida"; ed, inoltre, "…. la revoca non può essere disposta se sono trascorsi più di tre anni dalla data…. del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1".

4. Veniamo ora ai motivi di ricorso.

4.1. Con la prima censura si deduce che l’atto sarebbe nullo in quanto recante la sottoscrizione del Vice Prefetto Aggiunto (e non del Prefetto) senza alcun riferimento all’atto di delega. Il motivo è infondato dal momento che, ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 139/2000 (recante disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell’art. 10 della legge 28 luglio 1999, n. 266), i funzionari della carriera prefettizia con qualifica di viceprefetto e di viceprefetto aggiunto adottano i provvedimenti e le iniziative connessi all’espletamento dei servizi d’istituto nell’ambito delle aree funzionali cui sono preposti.

4.2. Con riferimento alla denunciata compressione delle garanzie partecipative, osserva il Collegio che quello impugnato è provvedimento avente natura vincolata, imponendo il tenore letterale della norma di revocare in ogni caso la patente di guida a coloro che sono stati condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (è questo il caso del ricorrente), senza che residui in capo all’amministrazione prefettizia alcun potere discrezionale. Ne consegue la portata non viziante della omessa comunicazione di avvio del procedimento, trovando applicazione la previsione contenuta nell’art. 21 octies l. 7 agosto 1990 n. 241, così come introdotto dalla l. 11 febbraio 2005 n. 15, a termini del quale "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

4.3. Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1 della legge 689/1981 e dell’art. 11 disp. prel. cod. civ., i quali impedirebbero di disporre la revoca della patente in ordine a condotte poste in essere prima dell’entrata in vigore delle citate disposizioni sopravvenute.

Invero, la stessa premessa del discorso non è condivisibile.

Difatti, il provvedimento prefettizio col quale, ai sensi degli art. 120 e 219 codice della strada, viene disposta la revoca della patente di guida non può essere annoverata tra le sanzioni amministrative, poiché esso non costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, bensì la constatazione dell’insussistenza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti morali prescritti per il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida. Del resto, quando la revoca della patente di guida integra una sanzione amministrativa accessoria rispetto ad illeciti amministrativi o penali, connessi a violazioni del codice stradale, neppure sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo. A questo punto, poiché il decreto prefettizio impugnato, nel disporre la revoca della patente di guida, non ha fatto altro che verificare il venir meno dei requisiti soggettivi prescritti dalla legge, non viene in evidenza il principio secondo cui nessuno può essere punito per un fatto che, per una legge successiva, non costituisca più reato, bensì la regola che disciplina il rapporto tra atto amministrativo e potere di emanazione dell’atto stesso, assoggettato al diverso canone del "tempus regit actum".

4.4. Il ricorrente si duole, altresì, della violazione dell’art. 120, comma 2, ultima parte. Sul punto, in particolare, egli afferma che la sentenza della Corte di Appello di Catania si sarebbe limitata ad operare un aumento per la sussistenza del vincolo della continuazione ex art. 81 c.p. tra il reato "satellite" per il quale era intervenuta la condanna (Trib. Catania del 4 luglio 2003) ed il reato principale accertato con altra precedente sentenza (Appello Firenze 5 maggio 1998); a questa stregua, il provvedimento di revoca sarebbe illegittimo, essendo trascorsi più di tre anni dalla data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna, per tale intendendosi quella della Corte di Appello di Firenze divenuta definitiva in data 18 dicembre 1998.

La tesi secondo cui la sentenza del 24 giugno 2009 della Corte di Appello di Catania (divenuta irrevocabile in data 8 novembre 2009) non sarebbe tecnicamente una sentenza di condanna, sebbene una sentenza che ha semplicemente riconosciuto la sussistenza della continuazione tra il reato più grave e quello satellite, è priva di fondamento. Nella sentenza, sulla cui scorta il Prefetto ha disposto la revoca della patente (acquisita d’ufficio da questo Tribunale), il ricorrente figura quale imputato appellante la sentenza del Tribunale di Catania del 4 luglio 2003. Nel processo di primo grado, egli era imputato del reato di detenzione a fini di illecita cessione di sostanza stupefacente, in concorso con altri (reato commesso in Milano nei mesi di novembre e dicembre 1995, quando avrebbe detenuto, trasportato e ceduto rilevanti quantità di sostanza stupefacente di tipo eroina), ed è stato ritenuto colpevole dei reati ascrittogli. L’appello è stato giudicato infondato ed il collegio giudicante, ritenuta la continuazione fra il fatto di reato giudicato in quella sede e la precedente condanna della Corte di Appello di Firenze del 5 maggio 1998 n. 1573 ha determinato "in anni uno di reclusione l’aumento della pena con detta sentenza inflitta".

In definitiva, la sentenza della Corte di Appello di Catania 24 giugno 2009 è sentenza di condanna per il reato (commesso in Milano nei mesi di novembre e dicembre 1995) di cui all’art. 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309, per il quale la legge vincola la prefettura a disporre la revoca della patente. La circostanza che il dispositivo abbia, in occasione della quantificazione della pena, doverosamente applicato la continuazione con altro precedente reato è del tutto ininfluente rispetto alla qualificazione del fatto giudicato e del reato ascritto (ed questo ciò che rileva ai fini dell’art. 120 codice della strada, non certo il dato tecnico per cui "il trattamento sanzionatorio originariamente previsto per i reati satelliti non esplica più alcuna efficacia dovendosi solo aumentare la pena prevista per la violazione più grave").

4.5. Con riferimento alla censura di carenza istruttoria e motivazionale, deve per contro ritenersi che, non richiedendo l’esercizio del potere di revoca particolari apprezzamenti in quanto vincolato alla sussistenza dei presupposti previsti dalla norma, sia legittima la revoca della patente di guida disposta unicamente in ragione del presupposto applicativo previsto dalla norma, espressamente richiamato nella motivazione del provvedimento.

5. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma; il Collegio, ai fini della liquidazione, non può non tener conto del fatto che la difesa erariale si costituita in giudizio con memoria di puro stile.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RIGETTA il ricorso;

CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente che si liquida in Euro 220,00, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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