T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 10-10-2011, n. 2415 Studenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’istituto superiore "Fausto Melotti" comprende il liceo artistico e l’istituto d’arte: l’istituto d’arte prevede due corsi, quello ordinamentale e quello sperimentale detto "Michelangelo" (cui afferiscono sia i corsi di "pittura e decorazione pittorica", che quello di "moda e costume"). Al termine dell’anno scolastico 2009/2010, la classe 3E, corso sperimentale "Michelangelo" con indirizzo "moda e costume", frequentata dalla minore M.L., è stata smembrata. A questo punto, M.L., unitamente ad altri studenti della medesima classe, è andata a comporre la classe 4E, nell’ambito della quale erano assegnati sia alunni dell’indirizzo "moda e costume", sia studenti dell’indirizzo "pittura e decorazione pittorica".

1.1. Al termine del primo quadrimestre, M.L. ha riportato insufficienze nelle seguenti materie: inglese (4 scritto, 5 orale); storia dell’arte (5, scritto, 5 orale); filosofia (5); matematica (4); fisica (4); geometria descrittiva (5). Al termine dello scrutinio finale, la stessa ha riportato le seguenti insufficienze: inglese (5); storia dell’arte (5); filosofia (5); matematica (4); fisica (5); non è stata, pertanto, ammessa alla classe successiva.

1.2. Con ricorso depositato il 29 luglio 2011, il ricorrente, nella qualità di genitore esercente la patria potestà, ha impugnato il provvedimento (meglio in epigrafe indicato) di non ammissione alla classe 5 della figlia M.L., chiedendo al Tribunale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione, in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, chiedendo il rigetto del ricorso.

1.3. Con ordinanza istruttoria del 25 agosto 2011, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, ha ritenuto necessario acquisire dall’amministrazione relazione sui fatti di causa.

Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa all’odierna udienza del 29 settembre 2011.

2. Preliminarmente, ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti.

3. Nel merito, il provvedimento dell’amministrazione scolastica è immune dalle censure dedotte.

3.1. E’ bene ripetere la consueta premessa della Sezione, secondo cui, in tema di pubblica istruzione, i giudizi espressi dal consiglio di classe ai fini della ammissione alla classe successiva sono connotati da discrezionalità tecnica. Difatti, il livello di apprendimento e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione riservata dalla legge al suddetto organo collegiale, il cui giudizio riflette specifiche competenze solo da esso possedute. Pertanto, al giudice della legittimità spetta solo di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati previamente dal collegio stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.

Veniamo ora ai singoli motivi di ricorso.

4. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la mancata ammissione alla classe successiva sarebbe stata adottata in aperto contrasto con il piano dell’offerta formativa dell’istituto. In particolare, si deduce che farebbero difetto le condizioni stesse in presenza soltanto delle quali potrebbe perfezionarsi un giudizio di non ammissione alla classe successiva (si citano le pagine 25/41); ciò, avendo la ricorrente meritato una sola insufficienza grave (essendo le altre quattro non gravi), e registrandosi le insufficienze in materie non di indirizzo (nelle materie caratterizzanti il corso di "moda e costume", invece, la studentessa avrebbe ricevuto votazioni lusinghiere).

4.1. Invero, ai fini del rigetto del motivo, è sufficiente richiamare il d.P.R. 22 giugno 2009 n. 122 (art. 4, comma 5), alla cui stregua il mancato conseguimento della sufficienza in uno o più discipline di studio comporta la non ammissione alla classe successiva (parimenti recita il programma della offerta formativa del 17 gennaio 2011, punto 11.5.: all. 6, resistente), a prescindere dal tipo di insegnamento (purché si tratti di disciplina valutata con l’attribuzione di un unico voto secondo l’ordinamento vigente).

5. Secondo il ricorrente, ulteriore illegittimità deriverebbe dall’aver l’istituto scolastico illegittimamente ritenuto di accorpare studenti afferenti ad indirizzi diversi, così diversi da prevedere il conseguimento di un titolo di studio non omogeneo (difatti, al termine del corso di pittura e decorazione pittorica, lo studente accederebbe al diploma di maturità artistica; mentre al termine del corso di moda e costume, l’allievo conseguirebbe il diploma di arte applicata). Ancorché entrambi gli indirizzi afferiscano al programma sperimentale "Michelangelo", tuttavia, si tratterebbe di corsi differenti per finalità ed obiettivo, come risulterebbe chiaro dalla lettura dei programmi ministeriali (di cui il ricorso introduttivo del giudizio riporta ampi stralci).

Sia aggiunge, poi, che la scelta di accorpare gli anzidetti indirizzi, si porrebbe in contrasto anche con la riforma dell’ordinamento nei licei (che fa espressamente salvi gli ordinamenti didattici in corso); difatti, come risulta dagli allegati al d.p.r. 15 marzo 2010 n. 89, l’indirizzo "moda e costume" viene a confluire nell’indirizzo "design" del liceo artistico, mentre l’indirizzo "pittura e decorazione pittorica" rifluisce nell’indirizzo "arti figurative" del liceo artistico.

5.1. In sostanza, con l’ordine di censure appena citato, si vuole sostenere che M.L. sarebbe stata costretta a confrontarsi con un programma didattico di livello superiore rispetto a quello previsto per l’ordine di studi prescelto. Il motivo è destituito di fondamento.

In primo luogo, è bene sottolineare che, essendo l’accorpamento dei gruppi rimasti dopo le bocciature prescritto dal d.p.r. 81 del 2009 (all. 9 resistente), è evidente che la continuità didattica non è garantita con assolutezza dall’ordinamento scolastico.

Venendo poi al cuore della questione sollevata, è bene specificare che gli indirizzi in commento ("decorazione pittorica" e "moda e costume"), tutti afferenti al progetto Michelangelo, non sono professionali ma rientrano nei percorsi dell’istituto statale d’arte. Il livello dell’insegnamento è di pari livello come dimostra il fatto che entrambi consentono il conseguimento al termine quinquennio del medesimo titolo (ovvero il diploma di maestro d’arte applicata) che permette di accedere a tutte le facoltà universitarie. Nella specie, gli alunni sono stati accorpati in un’unica classe per l’insegnamento delle materie comuni caratterizzanti il citato corso sperimentale (dividendosi per le ore di laboratorio specifico), materie uguali per tutte le specializzazioni all’interno del corso; per di più, tutte le classi del quarto anno del corso Michelangelo hanno svolto lo stesso programma con la stessa docente.

Orbene, se i vari indirizzi del progetto "Michelangelo", per quanto riguarda le materie comuni, sono perfettamente uguali quanto a programma ed obiettivo di formazione (nel senso di essere propedeutiche al conseguimento di un titolo di studio di pari livello), non si comprende in base a quale circostanza di fatto o di diritto si possa sostenere che il consiglio di classe abbia illegittimamente imposto un programma di livello più elevato rispetto a quello previsto per la sezione "moda e costume".

5.2. Le medesime considerazioni consentono di superare l’analogo argomento secondo cui, a riprova del taglio ingiustamente "liceale" che avrebbe avuto la programmazione didattica, starebbe il programma di filosofia che avrebbe ampiamente debordato quanto previsto per l’istituto d’arte applicata, indirizzo moda e costume. Invero, oltre a quanto sostenuto al punto precedente, può ulteriormente replicarsi che il programma di filosofia (impartito per tutti dalla stessa docente) è previsto in tutte le classi del corso sperimentale "Michelangelo" (a differenza del corso ordinamentale).

6. Con ulteriore censura, il ricorrente lamenta che l’istituto scolastico, dopo lo scrutinio del primo quadrimestre, non avrebbe attivato i corsi di recupero previsti dalla piano dell’offerta formativa e dal decreto ministeriale n. 80/2007.

6.1. Contrariamente a quanto dedotto, la documentazione versata in atti (allegato H), attesta come il consiglio di classe, come da verbale relativo allo scrutinio del primo quadrimestre 2010/2011, abbia deliberato le specifiche modalità di recupero (corsi di recupero, studio assistito) della allieva M.L.

7. Ci si duole, inoltre, del fatto che l’istituto avrebbe ridotto l’orario delle singole lezioni da 60 a 55 minuti o addirittura da 60 a 50 minuti, in violazione della circolare ministeriale 247/79; tale riduzione oraria delle lezioni avrebbe comportato una prestazione settimanale totale di sole 36,15 ore complessive, contro le 40 ore settimanali previste dalla tabella oraria. Si calcola, a tal fine, una riduzione di ben 116 ore di insegnamento rispetto alle ore obbligatorie previste dal decreto legislativo n. 297/1994 (art. 74, comma 3).

7.1. Il calendario regionale per l’anno scolastico prevedeva l’inizio delle lezioni il 13 settembre 2010 con termine il giorno 11 giugno 2011 (all. 3, resistente). Il decreto legislativo n. 297/1994 (art. 74, comma 3), prescrive che, allo svolgimento delle lezioni, sono assegnati almeno 200 giorni. Il d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 (regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della l. 15 marzo 1997, n. 59), consente che, nell’esercizio dell’autonomia didattica, le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni; a tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l’altro definire unità di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria della lezione.

Tanto premesso, il ricorrente non ha dedotto circostanze concrete atte a dimostrare che la riduzione delle lezioni da 60 a 55 minuti (nonché l’utilizzo di una quota di 6 giorni, denominata "learning week", per iniziative extra curriculari) abbia determinato effettivamente il mancato rispetto del monte ore annuale previsto per le singole discipline ed attività obbligatorie. Ciò stante la possibilità di recupero dei minuti sottratti alle singole ore, sia tramite la loro distribuzione tra le varie materie in modo proporzionale alle ore settimanali curricolari, sia attraverso altre modalità di recupero ?essibili comunque idonee a consentire una fruizione ottimale dell’offerta formativa.

8. Da ultimo, il ricorrente lamenta il difetto di ponderazione della decisione di non ammissione assunta dall’amministrazione, quale si evincerebbe dal fatto che il consiglio di classe, convocato il 14 giugno 2011, ha iniziato i lavori alle 16.00 e li ha terminati alle 17.00; in soli 60 minuti, il collegio, formato da 18 insegnanti, avrebbe effettuato la discussione generale sulla classe ed avrebbe poi proceduto all’esame delle singole posizioni.

8.1. Orbene, che l’esiguità del tempo medio impiegato per lo svolgimento degli scrutini, in mancanza di altri elementi di valutazione, possa essere sintomo di una decisione non particolarmente approfondita, è premessa già di per sé non condivisa dal Collegio. In termini generali, l’eventuale brevità del tempo complessivamente impiegato non può costituire motivo che "ex se" possa inficiare la legittimità delle operazioni, avuto riguardo al fatto che, di norma, non è possibile stabilire quali studenti hanno fruito di maggiore o minore attenzione da parte del consiglio di classe e se, quindi, il vizio denunciato inficia in concreto il giudizio dal singolo allievo contestato; inoltre, il tempo occorrente per la valutazione non è predeterminato, ben avendo gli insegnanti la facoltà di utilizzare tempi differenti in relazione alle diverse posizioni degli studenti, a seconda che questi presentino o meno particolari problematiche e che sia necessaria una maggiore o minore ponderazione. Tutto ciò, ovviamente, salvo che non emergano profili di assoluta arbitrarietà o illogicità.

In ogni caso, nel caso di specie, esaminata la documentazione raccolta, ritiene il Collegio che il giudizio di insufficienza espresso all’unanimità dai docenti sia stato compiutamente motivato e giustificato dalle numerose carenze di preparazione manifestate dalla discente al termine del lavoro formativo e didattico svolto nel corso dell’ultimo anno scolastico. Il consiglio di classe ha rilevato, che la preparazione della minore nella maggior parte delle discipline si è dimostrata assai lacunosa (difatti, i voti inferiori alla sufficienza, riguardano ben cinque materie), non consentendole di affrontare la classe successiva con adeguati strumenti. In particolare, si legge che l’alunna presenta un "quadro di diffuse lacune terminologico concettuali relative alle programmazione svolte", nonché "difficoltà di rielaborazione delle conoscenze"; "tali carenze sono dovute ad una preparazione di base decisamente lacunosa e non colmata, malgrado l’impegno profuso"; "non sono state inoltre recuperate alcune discipline che risultavano insufficienti nel primo quadrimestre". Si precisano, per di più, nella griglia concernente le singole materie, specifici giudizi negativi, quali: il "metodo di studio inadeguato", la "carenza di base", la "difficoltà di applicazione delle regole", la "acquisizione di conoscenze scarse", la "produzione scritta imprecisa" (cfr. all. 2, resistente). La valutazione del consiglio di classe è, del resto, coerente con i giudizi emersi negli anni precedenti (da cui si evince, all. A e B, come in ragione dei risultati ottenuti, M.L., dal secondo anno in poi, ha sempre dovuto sostenere i recuperi); nonché dall’esito del primo quadrimestre (laddove M.L. aveva riportato sei insufficienze, di cui due gravi).

9. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

9.1. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma. Il Collegio, ai fini della liquidazione, non può non tener conto del fatto che la difesa erariale si costituita in giudizio con memoria di puro stile.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RIGETTA il ricorso;

CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente che si liquida in Euro 220,00, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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