Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-06-2011) 22-09-2011, n. 34436

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza in data 5.3.2010, ha dichiarato estinti per intervenuta prescrizione i reati di cui ai capi A), B) e D) ed ha condannato P.C. alla pena di un anno e sei mesi di reclusione ed Euro 300,00 di multa per il reato di cui al capo C) previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 2. 2. Ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato sostenendo che anche per il reato di cui al capo C) si era verificata la prescrizione prima della pronuncia della sentenza impugnata e che la prova del ritenuto furto della autovettura non è sorretta da prove sicure, atteso che la presenza di un’impronta dell’imputato sullo specchietto dell’auto dimostra, al massimo, la sua presenza sull’auto, ma non una sua partecipazione al fatto contestato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

1.1 Rileva il Collegio, con riferimento al primo motivo proposto, che non può ritenersi avvenuta la prescrizione del reato dovendosi avere riguardo alla disciplina dettata dal codice penale prima delle modifiche intervenute con la L. 5 dicembre 2005, n. 251. La norma transitoria prevista dalla citata Legge, art. 10, come modificata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 393 del 2006, ha infatti stabilito che la nuova disciplina non si applica ai procedimenti già pendenti in grado di appello. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza del 29.10.2009 n.47008 D’Amato, rv.244810) hanno precisato che ai fini dell’operatività di tali disposizioni, la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado determina la pendenza in grado d’appello del procedimento, ostativa all’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli, pronuncia che, nel presente caso, è avvenuta il 2 dicembre 2005.

Deve dunque aversi riguardo al termine di prescrizione decennale, stabilito dall’art. 157 c.p. vecchio testo, in relazione alla pena prevista per il reato di furto aggravato ex art. 625 c.p., n. 7, e altresì al termine massimo di 15 anni, termine che, con riferimento alla data del 15.5.1998 in cui è stato commesso il reato e agli atti interruttivi avvenuti, non è in alcun modo decorso.

2. Per quanto riguarda la affermazione di responsabilità, la stessa ha trovato congruo riscontro nella motivazione fornita dai giudici di merito che hanno rilevato la pacifica esistenza all’interno dell’auto, di cui era stato denunciato il furto, di un’impronta digitale pienamente coincidente con quella dell’imputato e della cui presenza non è stata fornita alcuna giustificazione. Trova allora applicazione il principio, già affermato da questa Corte (sez. 2, 21.4.2010 n.22651 Di Perna rv.247426) secondo cui al giudice non è precluso valutare la condotta processuale dell’imputato, coniugandola con ogni altra circostanza sintomatica, con la conseguenza che egli, nella formazione del suo libero convincimento, ben può considerare, in concorso di altre circostanze, la portata significativa del silenzio su circostanze potenzialmente idonee a scagionarlo.

3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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