Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-06-2011) 22-09-2011, n. 34434

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Perugia, in composizione monocratica, con sentenza, in data 24.09.2005, riteneva G.E. e D.S. G. responsabili della violazione del D.Lgs 26 dicembre 1995, n. 504, art. 43, comma 1, lett. a) (capi A e B dell’imputazione) assorbiti i capi D ed E, condannandoli alla pena di Euro 9.000.000,00 di multa ciascuno.

Proposta impugnazione la Corte d’Appello dello stesso capoluogo riformava la sentenza dichiarando estinto i reati per prescrizione.

Con sentenza del 21.02.2008 questa Corte, Terza sezione, annullava con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze la sentenza impugnata emessa in violazione del principio del contraddittorio.

La Corte d’Appello fiorentina, in data, 12.10.2009, ha emesso sentenza di n.d.p. per estinzione dei reati per prescrizione.

Ricorrono in cassazione gli imputati ponendo a base dei propri atti i seguenti motivi:

1) Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 129 e 578 c.p.p. in relazione al principio del favor rei. In sostanza dagli atti emerge la prova evidente della non colpevolezza degli imputati per cui la Corte territoriale, in applicazione della disposizione dell’art. 129 c.p.p., li avrebbe dovuto mandare assolti. Si argomenta che i giudici di appello hanno omesso di considerare la sussistenza di un altissimo interesse ad ottenere una sentenza di assoluzione piena in ragione della pendenza di un procedimento civile innanzi al Tribunale di Perugia tra "Le distillerie G. Di Lorenzo s.r.l." ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, avente ad oggetto l’accertamento della debenza o meno dell’imposta (accise) relative al quantitativo di alcole (litri anidri 1.032.520) la cui perdita è oggetto dell’accusa penale. La sentenza a SS.UU. n. 35490 del 19.09.2009 ha stabilito il principio di dare prevalenza all’assoluzione nel merito, pur in presenza di una causa estintiva del reato, anche nel caso di prove ambivalenti o contraddittorie. Per i ricorrenti il principio stabilito dalle SS.UU. della Cassazione con la richiamata sentenza vale anche nel caso in cui non vi sia costituzione di parte civile in quanto si usa la locuzione "fini civilistici" che sono qualcosa di più ampio delle mere "statuizioni civili" legate alla costituzione e presenza della parte civile nel processo. E quindi i fini civilistici, per avere una giustizia sostanziale fondata sulla parità di trattamento, debbono avere il loro peso anche quando, come nella specie, sia pendente un giudizio civile per l’accertamento delle cause della dispersione dell’alcole, e quindi la non debenza o meno dell’accisa, in relazione all’accidentalità dell’evento.

2) Vizio di motivazione risultante dagli atti del processo. Si deduce che innanzi alla Corte d’appello fiorentina era stato prodotto il certificato di pendenza della causa civile prima indicata, ma di tanto la Corte territoriale non ha tenuto conto.

Con memoria depositata in termini gli imputati ribadiscono le argomentazioni poste a base del primo motivo del ricorso.

Motivi della decisione

I motivi esposti sono manifestamente infondati sicchè i ricorsi vanno dichiarati inammissibili.

I due motivi in effetti si sovrappongono e possono essere trattati unitariamente.

E necessario premettere che Le SS.UU. di questa corte di recente (sentenza n. 35490 del 28.05.2009, Rv. 244275, provvedimento per altro richiamato dagli stessi ricorrenti) hanno affermato il principio di diritto secondo cui in presenza di una causa di estinzione del reato (nella specie, prescrizione), non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione.

In sostanza, in presenza di una avvenuta declaratoria di improcedibiltà per intervenuta prescrizione del reato è precluso alla Corte di Cassazione un riesame dei fatti finalizzato ad un eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione. Il sindacato di legittimità circa la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., comma 2 deve essere circoscritto all’accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire ad una sua pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte: la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità ad esso dell’imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l’operatività estintiva, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata: qualora, dunque, il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall’art. 129 c.p.p., l’esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all’imputato, deve prevalere l’esigenza della definizione immediata del processo.

Nella richiamata sentenza delle SS.UU. è dato leggere che, per quel che riguarda il presupposto della evidenza della prova dell’innocenza dell’imputato – ai fini della prevalenza della formula di proscioglimento sulla causa estintiva del reato -, in giurisprudenza è stato costantemente affermato, senza incertezze o oscillazioni di sorta, che il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale e la non commissione del medesimo da parte dell’imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, al punto che la valutazione da compiersi in proposito appartiene più al concetto di "constatazione" (percezione ictu oculi), che a quello di "apprezzamento", incompatibile, dunque, con qualsiasi necessità di accertamento o approfondimento; in altre parole, l’"evidenza" richiesta dall’art. 129 c.p.p., comma 2, presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione oltre la correlazione ad un accertamento immediato, concretizzandosi così addirittura in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia.

Ebbene escluso per il caso di specie che il primo motivo integri violazione di legge non potendo, certo, il processo penale essere influenzato dagli interessi civili derivanti dal fatto contestato, trovandosi le due azioni, quella penale e quella civile, su piani completamente differenti tranne i casi di pregiudiziale civile espressamente regolata dal codice di rito all’art. 3), il tutto si risolve in un palese denunciato vizio di motivazione non adducibile come evidenziato alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite richiamata.

Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili, i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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