Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-06-2011) 22-09-2011, n. 34429 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di M.F. avverso la sentenza emessa in data 17.5.2010 dalla Corte di Appello di Catania che confermava quella in data 15.5.2003 del GUP del Tribunale di Siracusa che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva condannato il ricorrente, con attenuanti generiche, alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 10.000,00 di multa per due delitti di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, art. 80, comma 1, lett. c) (plurime azioni di illegale detenzione, acquisto e cessione di eroina a numerosi tossicodipendenti, nell'(OMISSIS)). Deduce i seguenti motivi, così sintetizzati:

1. La nullità della sentenza per omessa notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello (non notificato alla residenza di (OMISSIS) dell’imputato, ma ex art. 161 c.p.p. presso l’Avv. Cannizzo di Siracusa e non già del difensore di fiducia indicato nell’atto di appello).

2. La nullità per omessa indicazione della imputazione e per diversità del fatto per cui si procedeva e correlata omessa motivazione (secondo quanto esposto in motivazione: "detenzione" dello stupefacente, invece dell’imputazione che prevedeva varie attività: detenzione, vendita, cessione etc).

3. La mancanza di motivazione in ordine al 2 motivo d’appello relativo alla eccessività della pena inflitta e la mancata esclusione delle aggravanti contestate.

4. La violazione dell’art. 129 c.p.p. per la mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione (assumendo, fra l’altro, che il termine prescrizionale applicabile era quello di anni cinque per effetto della riduzione di un terzo della pena edittale massima a causa delle concesse circostanze attenuanti generiche).

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va respinto.

Giova anzitutto precisare che non risulta affatto decorso il termine prescrizionale per il reato ritenuto in sentenza. Infatti, benchè per il reato de quo, attenuato ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, fosse prevista (anche all’epoca del fatto), per lo stupefacente del tipo eroina, la pena da uno a sei anni di reclusione (oltre a quella pecuniaria), attesa la data della sentenza di primo grado, intervenuta il 15.5.2003, va applicato, ai sensi della L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3, il regime prescrizionale di cui al testo previgente dell’art. 157 c.p. (comma 1, n. 3) e art. 160 c.p., (u.c.) e, quindi, il complessivo termine di quindici anni (compresa l’interruzione intervenuta nel giudizio di primo grado) scadente (senza tener conto delle sospensioni) nel 2014: a nulla vale, infatti, il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in virtù delle quali, ai fini della determinazione del termine prescrizionale, si deve tener conto solo della riduzione minima prevista dalla legge (un giorno: art. 157 c.p., comma 2 nel testo previgente).

Inoltre, va evidenziato che lo stupefacente oggetto di illecita cessione era, nel caso di specie, l’eroina e non già la marijuana, come si evince sia dalla motivazione delle sentenze di merito sia dalla rubrica di quella di primo grado, onde l’indicazione della "marjuana" nella parte narrativa della sentenza impugnata è palesemente frutto di un refuso.

Del tutto infondata e pretestuosa è l’eccezione di nullità della sentenza per omessa notifica del decreto di citazione a giudizio in grado d’appello.

Invero, come risulta dagli atti, correttamente si è proceduto alla notifica all’imputato ai sensi dell’art. 161 c.p.p., non essendo stata possibile, per l’originaria prima udienza (del 4.2.2010), la notifica all’indirizzo indicato "perchè sconosciuto". Per la successiva nuova udienza, del 17.5.2010, la notifica presso il difensore di fiducia l’avv. G. Sena, nel suo studio di (OMISSIS), non sortì effetto perchè il plico fu rifiutato. Successivamente, però, in data 19.3.2010, la notifica presso l’Avv. G. Sena andò a buon fine, essendo stata effettuata nel suo studio di Siracusa (c/o avv. Cannizzo), nelle mani della segretaria: da ricerche espletate, risulta, infatti, come l’avv. G. Sena abbia due distinti studi, uno in (OMISSIS) e l’altro in (OMISSIS): risulta, altresì, che nel medesimo studio in (OMISSIS), munito del medesimo numero di telefono e fax, si trova anche l’avv. Cannizzo Sebastiano. Ne consegue la ritualità della notificazione del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., al difensore di fiducia avv. G. Sena.

E’ chiaro, poi, come non vi sia alcuna violazione per l’omessa indicazione dell’imputazione: infatti, "La mancata o incompleta indicazione in sentenza – nel caso di specie di appello – del capo di imputazione non ne determina la nullità, in quanto l’enunciazione dei fatti e delle circostanze ascritti all’imputato può essere desunta dal contenuto complessivo della decisione" (Cass. pen. Sez. 5, n. 1137 del 17.12.2008, Rv. 242548). Inoltre, la mera "detenzione" (a fine di spaccio) dell’eroina (e non già della "marjuana", come sopra chiarito), è stata indicata nel preambolo espositivo in fatto della sentenza impugnata per riassumere le plurime attività probatoriamente accertate (cessioni, acquisti, taglio di stupefacente) e non già per ritenere un’imputazione diversa da quella contestata e per la quale era intervenuta la condanna: invero, dalla parte motiva successiva ben si comprende come ci si sia voluti riferire al complesso dell’illecita attività quale contestata ed accertata a carico del M..

Ampia e corretta risulta la motivazione addotta in ordine al secondo motivo di appello concernente il trattamento sanzionatorio, laddove ha rilevato la congruità della dosimetria della pena a fronte di fatti gravi e seriali riguardanti il concorso nel reato di detenzione (ed altro) di stupefacenti finalizzato allo spaccio.

Analogamente, la richiesta di "esclusione delle aggravanti" e cioè "dell’aver indotto a commettere il reato persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti" (di cui al contestato D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. e) che richiama il ricorrente come prospettato con l’atto d’appello, è anche ab origine infondata, dal momento che, essendo state concesse sia le circostanze attenuanti generiche sia quella di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, le stesse devono ritenersi valutate con criterio di prevalenza sulla contestata aggravante e quindi già inglobate nella determinazione della pena base indicata nella motivazione della sentenza di primo grado, come già esplicitato nella parte motiva della sentenza impugnata, laddove ha congruamente controdedotto alla censura concernente la misura della pena.

Nè può comunque ritenersi che l’aggravante de qua, come adombrato nell’atto di appello, non possa rimanere integrata laddove l’autore del fatto sia anch’egli tossicodipendente, non essendo esplicitata alcuna eccezione in ordine alle condizioni soggettive dell’autore ed attesa la finalizzazione della norma che la prevede a scongiurare lo spregevole approfittamento della condizione fisica e psicologica di particolare vulnerabilità di una persona tossicodipendente da chiunque esso provenga. Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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