Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-06-2011) 22-09-2011, n. 34428 Tutela delle condizioni di lavoro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Lecce ha confermato la condanna a due mesi di reclusione, pronunciata dal Tribunale della stessa città nei confronti di D.L.P.F., imputato del reato di cui all’art. 590 c.p. per le lesioni riportate dal dipendente S. A..

L’incidente era avvenuto il (OMISSIS) allorchè il S., che stava rientrando da un cantiere alla guida di una betoniera, si fermava per effettuare la pulizia della cisterna in cui era stato impastato il cemento; terminato il lavaggio si accorgeva di alcuni grumi induriti rimasti nel bocchettone e, per rimuoverli, infilava la mano nella c.d. valvola ad esse, riportando lesioni che rendevano necessaria la amputazione della falange distale del terzo dito della mano destra; si accertava che tale valvola era priva di blocco automatico, come avevano quelle dei nuovi automezzi, ma si bloccava solo premendo un apposito interruttore che l’infortunato diceva di avere attivato, affermazione peraltro contrastata da quelle di altri operai che sostenevano che l’operazione di pulizia era possibile solo con la valvola in funzione così che si doveva avere l’accortezza di tenere la mano a debita distanza. Entrambi i giudici ravvisavano la colpa del D.L. per non avere sufficientemente formato il proprio dipendente (che dichiarava di aver appreso solo dagli altri operai le modalità che doveva seguire per il lavaggio) ed altresì per aver affidato al medesimo un mezzo obsoleto e non conforme alle norme di sicurezza che prescrivono l’adozione di dispositivi atti ad impedire il contatto del lavoratore con parti di macchinari in movimento (D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 3 e 4).

Precisava il giudice di appello che il comportamento del S. non poteva ritenersi abnorme e come tale interruttivo del nesso di causalità, in quanto egli aveva adottato una modalità di lavoro sicuramente pericolosa ma altrettanto sicuramente non imprevedibile, tanto più che era emerso che si trattava di una pratica nota in azienda e tollerata.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato. Lamenta erronea applicazione della legge penale e difetto d motivazione ed in particolare che vi è stata un’ eccessiva estensione dell’obbligo di controllo del datore di lavoro fino a pretendere una sorveglianza continua e a configurare una ipotesi di responsabilità oggettiva; l’obbligo di controllo del datore di lavoro, tanto più imprese che come quella in questione, siano di rilevanti dimensioni (200-300 dipendenti), si estrinseca soprattutto nel fornire una adeguata informazione (obbligo nella specie osservato con la fornitura di apposito manuale) e non può prescindere dall’obbligo del lavoratore, rafforzato nella più recente legislazione, di prendersi cura della propria salute e sicurezza rispettando le norme previste; sostiene poi che il comportamento del lavoratore è stato abnorme, non esistendo alcuna prassi del genere di quella seguita, ed essendo il S. operaio esperto e alle dipendenze della ditta da due anni; sarebbe stato sufficiente premere l’interruttore per azionare il dispositivo di blocco delle lame di cui la macchina era regolarmente dotata; è stata invece operata una scelta assolutamente imprudente e cioè un abnorme comportamento del lavoratore.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

Le censure che con esso vengono rappresentate sono le stesse che sono state svolte con l’appello, in ordine alle quali la sentenza impugnata ha effettuato considerazioni precise, puntuali e corrette.

E’ stato escluso che l’imputato avesse consegnato il manuale di istruzione ai dipendenti e si è rilevato che tanto meno risultava effettuato l’aggiornamento periodico degli stessi; è stato accertato che la pratica di infilare la mano nella cisterna con le lame in movimento era tollerata ed è stato ribadito che la betoniera era di tipo vecchio e non era dotata, come invece le nuove e come avrebbe dovuto, di blocco automatico delle lame.

Sono stati dunque accertati plurimi profili di colpa del D.L., tenuto a curare la formazione e l’aggiornamento dei propri dipendenti a prescindere dal numero degli stessi e tenuto altresì a fornire loro macchinari sicuri. Il comportamento del S., anche ammesso che sia stato imprudente, non elide il nesso di causalità.

Esiste infatti in capo al datore di lavoro una posizione di garanzia che gli impone di apprestare tutti gli accorgimenti, i comportamenti e le cautele necessari a garantire la massima protezione del bene protetto, la salute e l’incolumità del lavoratore appunto, posizione che esclude che il datore di lavoro possa fare affidamento sul diretto, autonomo, rispetto da parte del lavoratore delle norme precauzionali, essendo invece suo compito non solo apprestare tutti gli accorgimenti che la migliore tecnica consente per garantire la sicurezza degli impianti o macchinari utilizzati ma anche di adoperarsi perchè la concreta esecuzione del lavoro avvenga nel rispetto di quelle modalità. In particolare secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte (Cass. sez. 4, 27.11.96 n.952 m.u.206990; sez. 4, 3.6.2004 n. 40164, Giustiniani rv 229564) è possibile definire abnorme il comportamento imprudente del lavoratore solo quando sia stato posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti, scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro, situazione di cui, per quanto sopra detto, si è esclusa la ricorrenza nel presente caso.

2.Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e da ciò deriva l’onere delle spese del procedimento nonchè del versamento di una somma in favore delle cassa delle ammende che, in considerazione dei motivi dedotti, stimasi equo fissare, anche dopo la sentenza della Corte Cost. n.186 del 2000, in Euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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