Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-01-2012, n. 1298

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.F. impugna per cassazione, sulla base di due motivi, la sentenza della Corte d’appello di Roma, depositata il 22 giugno 2009 e notificata il successivo 14 settembre, che ha dichiarato inammissibile l’appello dello stesso avverso quella di primo grado, sul presupposto che, mentre in quest’ultima l’ A. aveva chiesto dichiararsi l’inefficacia del contratto di vendita dell’appartamento dell’INPDAP, da lui condotto in locazione, alla Coop. Colli Aniene, essendo tale vendita avvenuta ad un prezzo inferiore a quello per il quale era stato invitato ad esercitare la prelazione prevista dalle norme sulla dismissione degli immobili di enti pubblici, mentre in appello aveva proposto un’azione d’inadempimento contrattuale, per violazione, da parte dell’Istituto conduttore, della L. n. 392 del 1978, artt. 38, 39 e 40, richiamati nel contratto di locazione. Resistono con rispettivi controricorsi l’INPDAP ed il terzo acquirente, il quale ha presentato anche memoria, e chiedono il rigetto del ricorso.

2. L’ A. deduce:

2.1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 345. c.p.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

2.2. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (rappresentato dalla domanda di nullità ed inefficacia del contratto di compravendita stipulato tra l’INPDAP e la Cooperativa Colli Aniene e conseguente domanda di trasferimento coattivo.

3. Come raccomandato dal Collegio, viene adottata una motivazione in forma semplificata.

1. I motivi si rivelano tutti inammissibili per mancanza del momento di sintesi, da formulare in relazione al secondo ed a parte del primo di essi, e del quesito di diritto da formulare in relazione alla violazione di legge dedotta ne primo motivo. Infatti, l’art. 366-bis cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (la sentenza è stata depositata il 22.06.09) prevede le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, disponendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso se, in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ. all’enunciazione del principio di diritto ovvero a dieta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza; mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (Cass. n. 4556/09).

3.2. Orbene, nel caso in esame, rispetto al secondo motivo, così come all’ultima parte del primo,che deducono vizi motivazionali, non è stato formulato il momento di sintesi, che come da questa Corte precisato richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

L’individuazione del denunziato vizio di motivazione risulta perciò impropriamente rimessa all’attività esegetica del motivo da parte di questa Corte (Cass. n. 9470/08). Senza contare che, anche sotto il profilo della trattazione del mezzo, esso non coglie nel segno, in quanto prospetta come vizio motivazionale quello che intrinsecamente rappresenterebbe, ove sussistente, un errar in procedendo, ferie si assume essere) consistito nell’omessa pronuncia sulla domanda originariamente proposta dall’attore in primo grado, rappresentando una violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, da far valere esclusivamente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 26598 e 25825/09; 12952/07; 24856, 3190 e 1701(06; 9707/03: 9159/02).

3.3. Invece, rispetto alla parte del primo motivo, spiegata a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, non e stato formulato il previsto quesito di diritto. Deve essere, al riguardo, ribadito che il quesito di diritto deve compendiare; a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. n. 19769/08; 24339/08: 4044/09, nonchè S.U. 20360/07).

Il quesito di diritto deve essere formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso non sorretto da quesito, ovvero quello corredato da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis si risolva sostanzialmente in un’omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (Cass. n. 12712/10; 7197/09; SU. n. 26020/08).

3.4. In ogni caso, tale parte della censura è impropriamente formulata sotto il profilo della violazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Invero, deve riaffermarsi che l’interpretazione dell’atto di appello è compito istituzionalmente demandato al giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata (Cass. 27789/05; 19513/05;

15643/03; 11667/03; 10979/03; 11010/00), dato che anche l’interpretazione operata dal giudice di appello riguardo al contenuto e all’ampiezza della domanda giudiziale è assoggettabile al controllo di legittimità limitatamente alla valutazione della logicità e congruità della motivazione (Cass. 1777947 e 2467/06).

Pertanto, nella specie, la censura è prospettabile solo sotto il profilo della violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 ma ciò è avvenuto senza il rispetto del paradigma previsto per tali mezzi dall’art. 366 bis applicabile ratione temporis (v. precedente punto 3.2).

4. Ne deriva l’inammissibilità del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e i liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida a favore di ciascuno dei resistenti in Euro 2.200=, di cui Euro 2.000= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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