Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-06-2011) 22-09-2011, n. 34427

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Caltanisetta ha confermato, per quanto qui rileva, la responsabilità di N.C. per i reati di coltivazione e detenzione di stupefacente e, concesse al medesimo attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante della ingente quantità, ha ridotto la pena, tenuto conto altresì della diminuente correlata al rito abbreviato, a sei anni e due mesi di reclusione ed Euro 22,000,00 di multa.

2. Nell’azienda agricola di N.C. era stata rinvenuta una piantagione di marijuana costituita da circa 2500 piante distribuite all’interno di quattro serre dove erano impiantate anche altre coltivazioni a copertura della marijuana, un laboratorio per essiccare e confezionare lo stupefacente, oltre 100 chili di marijuana, alcuni chili di semi e circa un chilo di marijuana in essiccazione; il N. aveva affermato di essere stato costretto a tollerare che altre persone coltivassero nelle sue serre le piante in questione perchè minacciato ripetutamente da una persona, non meglio identificata, che mandava degli uomini a curarsi della coltivazione dopo il tramonto; in precedenza aveva subito atti intimidatori quali alcuni furti e l’uccisione del proprio gatto; egli si limitava a coltivare le piantagioni lecite (fagioli, pomodori e quant’altro) con due ragazzi che aveva assunto da pochi giorni (sorpresi a raccogliere i fagioli, dapprima imputati ma assolti).

3. I giudici non avevano ritenuto credibili tali giustificazioni, in quanto sfornite di prova, ed avevano escluso la sussistenza dello stato di necessità anche perchè ben avrebbe potuto il N. denunciare l’accaduto e sottrarsi così alle intimidazioni.

4. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato. Con un primo motivo deduce violazione di legge con riferimento alla ritenuta responsabilità; sostiene che avrebbe dovuto essere riconosciuta in suo favore la esimente dello stato di necessità, reale o putativa, per essere egli stato costretto a tollerare la coltivazione dalle minacce rivolte a lui e ai suoi familiari; minacce che gli avevano impedito di denunciare il fatto almeno fino a quando non vi era stato l’intervento delle forze dell’ordine e che erano comunque provate dall’epoca immediatamente successiva al suo arresto; egli era incensurato e il controllo dei suoi conti dimostrava che non aveva avuto benefici dalla coltivazione. Con un secondo motivo lamenta il difetto di motivazione per non aver dato la Corte nissena giustificazione della ritenuta sola equivalenza delle attenuanti generiche, senza tenere conto del ruolo da lui avuto nella vicenda e del comportamento processuale;

circostanze che ben avrebbero potuto portare ad un giudizio di prevalenza.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi dedotti.

L’affermazione di responsabilità ha trovato corretto e puntuale riscontro nei fatti positivamente accertati e nelle ragioni addotte dai giudici di primo e secondo grado che hanno rilevato come non potesse ritenersi credibile, per l’assenza di elementi di riscontro alla dichiarazione stessa, l’affermazione dell’imputato di essere stato costretto a tollerare che venisse impiantata nelle proprie serre la piantagione di marijuana; l’imputato aveva riferito di piccoli danneggiamenti subiti e di aver ricevuto minacce alla incolumità propria e dei propri familiari e di essersi indotto a tollerare la coltivazione per il timore che ne era derivato; ma di tutto ciò non vi era riscontro fattuale alcuno; e tale non potevano considerarsi le telefonate e gli episodi successivi all’arresto del N. che, appunto per essere stati successivi a tale fatto e per lo stesso contenuto degli inviti a non parlare, erano evidentemente rivolte a indurlo a non rivelare i nomi degli altri soggetti coinvolti nella illecita attività di coltivazione riscontrata nelle serre; viceversa la presenza dei sacchi con la marijuana ed i semi e il possesso delle chiavi del magazzino dove gli stessi erano custoditi erano circostanze che confermavano la ritenuta responsabilità. Si tratta di una valutazione di non attendibilità della versione difensiva resa dall’imputato pienamente congrua e che, come tale, costituisce un accertamento in fatto non sindacabile da parte di questa Corte.

Neppure censurabile è la valutazione di sola equivalenza delle attenuanti generiche, giudizio di cui può ritenersi data una motivazione implicita laddove la Corte si riferisce allo stato di incensuratezza dell’imputato come unico elemento di positiva, formale, valutazione ed all’assenza però di elementi ulteriori e concreti attinenti la personalità e il comportamento dell’imputato;

valutazione che peraltro non necessitava di più ampia motivazione dal momento che la richiesta di attenuanti generiche era stata meramente enunciata nei motivi di appello. Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e da ciò deriva l’onere delle spese del procedimento nonchè del versamento di una somma in favore delle cassa delle ammende che, in considerazione dei motivi dedotti, stimasi equo fissare, anche dopo la sentenza della Corte Cost. n.186 del 2000, in Euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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