Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-01-2012, n. 1296

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Z.A. convenne in giudizio l’Axa Assicurazioni s.p.a. e C.P. chiedendone la condanna in solido al risarcimento del danno alla persona subito a seguito di un incidente stradale verificatosi il (OMISSIS) quando, viaggiando alla guida del suo ciclomotore, era stato urtato dalla vettura condotta dal medesimo C., di proprietà dello stesso.

Secondo l’attore incombeva sul convenuto l’obbligo di dare la precedenza perchè la Via (OMISSIS), dalla quale proveniva il C., era una strada interpoderale non soggetta ad uso pubblico.

Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda attrice e dichiarava il convenuto responsabile dell’evento dannoso in misura del 40% mentre affermava la corresponsabilità dell’attore in misura del 60%. Il medesimo giudice condannava quindi i convenuti in solido al pagamento della somma di Euro 106.651,60, oltre accessori, in favore dello Z..

Quest’ultimo proponeva appello.

La Corte d’Appello rigettava il gravame compensando fra le parti le spese di lite.

Propone ricorso per cassazione Z.A. con due motivi e presenta memoria.

Resiste con controricorso la Axa Assicurazioni s.p.a..

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso parte ricorrente denuncia "Violazione/falsa applicazione di norme di diritto ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)" e formula il seguente quesito: "Accerti la Corte se vi è stata violazione dell’art. 145 C.d.S., comma 5 e dell’art. 2 C.d.S. e dell’art. 6 C.d.S., comma 9, nel caso in cui una strada interpoderale al servizio dei limitati proprietari dei fondi finitimi venga considerata di uso pubblico".

Il motivo deve essere dichiarato inammissibile in quanto contiene un quesito di diritto che si limita a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge (Cass. 17 luglio 2008, n. 19769).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve infatti compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie.

In altri termini, poichè a norma dell’art. 366 bis c.p.c., la formulazione dei quesiti in relazione a ciascun motivo del ricorso deve consentire in primo luogo la individuazione della regula iuris adottata dal provvedimento impugnato e, poi, la indicazione del diverso principio di diritto che il ricorrente assume come corretto e che si sarebbe dovuto applicare, in sostituzione del primo, è palese che la mancanza anche di una sola delle due predette indicazioni rende inammissibile il motivo di ricorso.

Infatti, in difetto di tale articolazione logico giuridica il quesito si risolve in una astratta petizione di principio o in una mera riproposizione di questioni di fatto con esclusiva attinenza alla specifica vicenda processuale o ancora in una mera richiesta di accoglimento del ricorso come tale inidonea a evidenziare il nesso logico giuridico tra singola fattispecie e principio di diritto astratto, oppure infine nel mero interpello della Corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nella esposizione del motivo (Cass. 26 gennaio 2010, n. 1528, specie in motivazione, nonchè Cass., sez. un., 24 dicembre 2009, n. 27368).

Il motivo è anche infondato.

Nel caso di specie, in assenza di segnaletica, deve infatti applicarsi l’art. 145 C.d.S., comma 2, che assegna la precedenza a chi proviene da destra.

Con il secondo motivo si denuncia "Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)".

Secondo parte ricorrente la Corte d’appello ha dato per provate la natura pubblica della strada e l’eccesso di velocità del motociclo condotto dallo stesso Z., mentre l’istruttoria processuale non ha fornito alcun elemento di riscontro.

Il motivo è inammissibile.

Questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis c.p.c. – è infatti fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (allorchè, cioè, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione: ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603).

Nel caso in esame manca il suddetto momento di sintesi.

Il motivo ha comunque ad oggetto valutazioni di merito, insindacabili in sede di legittimità in quanto la sentenza è congruamente motivata.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e parte ricorrente deve essere condannata il rimborso delle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per onorario, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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