Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-01-2012, n. 1295 Sospensione dei termini processuali in periodo feriale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.F. e Bo.El.Gi. propongono ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Torino depositata il 25/9/08 che ha respinto il loro appello contro la sentenza di primo grado del Tribunale di Alessandria che aveva rigettato la loro domanda diretta ad ottenere la declaratoria di nullità, annullabilità o inefficacia dell’iscrizione ipotecaria del 4/6/02 su beni da essi costituiti in fondo patrimoniale con atto del 5/4/89, effettuata a favore della Caralt S.p.A., concessionaria della riscossione dei tributi per la provincia di Alessandria.

La Caralt S.p.A., resiste con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso ex art. 327 cod. proc. civ., sul rilievo che la controversia sia qualificabile come opposizione all’esecuzione e quindi non sia applicabile la sospensione feriale dei termini.

Motivi della decisione

1.- Il Collegio ha disposto la redazione di motivazione semplificata.

2.- L’eccezione di tardività del ricorso è infondata.

Il presente giudizio, avente ad oggetto la illegittimità dell’iscrizione dell’ipoteca prevista dal D.P.R. n. 602 de 1973, art. 77, su beni facenti parte di un fondo patrimoniale, non costituisce infatti una opposizione all’esecuzione, cui non si applica la sospensione dei termini processuali in periodo feriale, in quanto non è in discussione una pretesa esecutiva ma il diritto ad iscrivere la garanzia, pur strumentale al successivo pignoramento del bene.

3.- Con il primo motivo i ricorrenti, sotto il profilo della violazione degli artt. 169, 170 e 2740 c.c., e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 50 e 77, censurano la sentenza impugnata quanto alla sua intera ratio decidendi, ed in conclusione formulano il seguente quesito di diritto: "Può essere iscritta ipoteca legale, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale?". 3.1.- Il mezzo è inammissibile per inidoneità del quesito di diritto, del tutto astratto e non idoneo a dar conto delle ragioni della decisione. Il giudice di merito ha infatti respinto la domanda ritenendo che gli attori non avessero fornito la prova, su di essi gravante, della estraneità del debito ai bisogni familiari e della conoscenza di tale estraneità in capo al creditore.

4.- Con il secondo motivo i ricorrenti, sotto il profilo della violazione di legge, censurano la sentenza nella parte in cui afferma che il debito tributario rientra nel novero dei debiti sorti per far fronte ai bisogni della famiglia, formulando in conclusione il seguente quesito: "Il debito tributario e/o fiscale, anche derivante da evasione fiscale, e più in generale il debito da illecito è per sua natura estraneo ai bisogni della famiglia ex art. 170 c.c.?" 4.1.- Il secondo motivo è inammissibile. A parte che l’accertamento relativo alla riconducibilità dei beni alle esigenze della famiglia costituisce accertamento di fatto, istituzionalmente rimesso al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione (Cass. 30 maggio 2007 n. 12730), il quesito appare inadeguato, non dando conto delle ragioni della decisione, quali esposte sub 3.1. 5.- Con il terzo motivo i ricorrenti, sempre sotto il profilo della violazione di legge, censurano sostanzialmente la sentenza per analoghe ragioni, formulando in conclusione il seguente quesito: "La prova dell’estraneità del debito fiscale e/o tributario, anche derivante da evasione fiscale, ai bisogni della famiglia può essere desunta ex art. 115 c.p.c., comma 2, ed ex art. 2729 c.c.?". 5.1.- Anche il terzo motivo è inammissibile, per le medesime ragioni di cui al punto 4.1. 6.- Con il quarto motivo la sentenza è censurata sotto il profilo del vizio di motivazione nella parte in cui ritiene il debito tributario rientrante nel novero dei debito sorti per i fabbisogni della famiglia.

6.1.- Il mezzo è inammissibile in difetto di chiara indicazione dei fatto controverso, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

7.- Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 20.200, di cui Euro 20.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 20.200, di cui Euro 20.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *