Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-01-2012, n. 1292 Somministrazione di energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Italcable s.p.a. convenne in giudizio l’Acea per sentirla dichiarare responsabile di un’interruzione di energia elettrica e quindi per sentirla condannare al risarcimento dei danni conseguenti a tale interruzione.

L’Acea contò ogni sua responsabilità affermando che la suddetta interruzione era stata causata da un violento incendio ed era quindi attribuibile a caso fortuito.

All’udienza del 18 maggio 1998 si costituì la Telecom s.p.a., per mutamento di denominazione sociale da Stet s.p.a. che aveva assorbito, per fusione, la Sip la quale aveva a sua volta incorporato per fusione la Italcable s.p.a..

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 22391/2002 accolse la domanda della Telecom s.p.a. (già Italcable), ritenendo accertata la responsabilità dell’Acea nella produzione del danno derivante dall’omessa erogazione di energia elettrica e condannò la stessa al risarcimento dei danni in favore della Telecom.

L’Acea chiese la riforma della sentenza impugnata affermando che il danno non era ad essa addebitabile in quanto cagionato da caso fortuito, dovendosi escludere ogni sua negligenza; criticò l’impugnata sentenza sotto il profilo del quantum debeatur; chiedeva il rigetto dell’originaria domanda della Telecom.

La Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello.

Propone ricorso per cassazione l’Acea s.p.a. con quattro motivi e presenta memoria.

Resiste con controricorso la Telecom Italia s.p.a..

Motivi della decisione

Con i quattro mezzi d’impugnazione parte ricorrente denuncia: 1) "Violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 cod. civ., nonchè dei principi e norme che regolano la liquidazione equitativa del danno: art. 360 c.p.c., n. 3"; 2) "Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., nonchè dei principi e norme che regolano l’onere della prova e, in particolare, del principio che impone a chi assume di aver subito un danno l’onere di provare il danno lamentato:

art. 360 c.p.c., n. 3"; 3) "Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. nonchè dei principi e norme che regolano la valutazione delle prove: art. 360 c.p.c., n. 3"; 4) "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia:

art. 360 c.p.c., n. 5".

Sostiene parte ricorrente che la Corte territoriale ha violato e falsamente applicato l’art. 1226 c.c., nonchè i principi e le norme che disciplinano la liquidazione equitativa del danno; ha violato l’art. 2697 c.c., nonchè i principi e le norme che regolano l’onere della prova; ha violato e falsamente applicato l’art. 116 c.p.c., nonchè i principi e le norme che regolano la valutazione delle prove; ha motivato in modo insufficiente e contraddittorio. Infatti, pur avendo riconosciuto l’erroneità della statuizione con cui il Tribunale aveva ritenuto che l’interruzione di energia elettrica si era verificata dal 22 al 28 gennaio 1991, e quindi dopo aver correttamente riconosciuto che detta interruzione vi era stata solo dal 22 al 25 gennaio 1991, ha fatto proprie le statuizioni della sentenza di primo grado che, sull’errato presupposto della sussistenza di un più lungo periodo di interruzione dell’energia elettrica, aveva proceduto ad una errata quantificazione dei danni.

I motivi devono essere rigettati.

Le censure vengono trattate dalla ricorrente congiuntamente, in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, rendendo necessaria un’attività interpretativa, volta ad attribuire a ciascuna censura le argomentazioni addotte, cui questa Corte non è tenuta, e sono comunque infondate.

Inoltre, con accertamento di merito insindacabile in sede di legittimità, la Corte distrettuale ha aderito al criterio della liquidazione del quantum del risarcimento, adottato dal Tribunale, fondandosi sulle risultanze istruttorie e in specie sulla consulenza tecnica d’ufficio, senza fare riferimento a criteri equitativi.

In tal senso l’impugnata sentenza ha precisato come il risarcimento costituisca il ristoro degli esborsi che il creditore della prestazione ha dovuto sostenere in conseguenza della mancata attività della controparte per cui i relativi esborsi vanno considerati con riferimento all’intero periodo per il quale è stato necessario far fronte alla situazione determinata dall’inadempimento.

A tal riguardo risulta, in particolare dalla testimonianza dell’ A., che i generatori furono spenti solo in data 28 gennaio allorchè l’Acea confermò di aver riparato il guasto.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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