Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-01-2012, n. 1291 Espropriazione forzata presso terzi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In esecuzione della sentenza n. 402/2003 del Tribunale di Napoli, resa nella causa di appello proposta da B.G. contro Assitalia s.p.a., l’Avv. S.S. (attributario delle spese legali) instaurava un procedimento di pignoramento presso terzi (R.G.E. n. 223/2004) nei confronti dell’Assitalia s.p.a. e del terzo Agenzia Generale di Pozzuoli dell’Assitalia.

Quest’ultima proponeva opposizione deducendo di aver adempiuto tutte le obbligazioni nei confronti dell’Avv. S. ed invocava la sospensione dell’esecuzione.

Con ordinanza del 12 maggio 2005 il Giudice dell’esecuzione respingeva l’istanza di sospensione dell’esecuzione e, rilevato che per la trattazione del merito non sussisteva la sua competenza per valore, assegnava alle parti termine di 90 giorni per la riassunzione del giudizio di opposizione dinanzi al Giudice di Pace.

In ottemperanza a tale ordinanza, con atto di citazione in riassunzione notificato il 29 dicembre 2005 l’Assitalia ha riassunto il giudizio di opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Pozzuoli al fine di sentir dichiarare di aver adempiuto e quindi estinto tutte le obbligazioni nei confronti dell’Avv. S. nonchè del B., suo rappresentato. Chiedeva altresì, in caso di assegnazione delle somme nel corso del procedimento di pignoramento presso terzi, condannarsi l’Avv. S. a restituire ad essa Assitalia la differenza tra gli importi già a lui corrisposti in virtù della sentenza di primo grado (L. 5.537.458 = Euro 2.859,86) e quelli eventualmente assegnati in sede di esecuzione.

Con l’opposizione l’Assitalia deduce quindi:

a) che l’Avv. S. ha già percepito i diritti e gli onorari liquidati con la sentenza di primo grado in Euro 1.032,91;

b) che il giudice di secondo grado ha accolto solo parzialmente l’appello del B. liquidando, in riforma della sentenza di primo grado, complessivamente Euro 1.047,38 così modificando le spese giudiziarie già assegnate all’Avv. S.;

c) che è pertanto dovuta a quest’ultimo una differenza di Euro 14,16;

d) che in virtù di ciò essa opponente aveva pagato in favore del medesimo Avv. S. la ulteriore somma di Euro 25,60;

e) che detta somma è stata regolarmente ricevuta da quest’ultimo;

f) che l’obbligazione dell’Assitalia nei confronti del S. deve considerarsi completamente estinta per effetto dei suddetti due pagamenti e che tuttavia lo stesso S. ha iniziato il procedimento di pignoramento presso terzi.

L’Avv. S. eccepiva:

1) la carenza della legitimatio ad processum della compagnia assicuratrice;

2) la inammissibilità e tardività della riassunzione del giudizio di opposizione;

3) nel merito chiedeva il rigetto della opposizione sul presupposto che la sentenza di primo grado del Giudice di Pace e quella di secondo grado del Tribunale di Napoli costituiscono due autonomi e diversi titoli giuridici per cui è stata legittimamente precettata la somma disposta nella sentenza di appello;

4) chiedeva quindi l’assegnazione delle somme non contestate.

Ritenuta la causa comune a B.G. il giudice ordinava la chiamata in causa di quest’ultimo con ordinanza del 16 marzo 2007.

Nessuna delle parti vi provvedeva entro l’udienza del 28 settembre 2007 e l’Assitalia chiedeva nuovo termine per la notificazione della chiamata in causa del B..

L’Avv. S. impugnava l’ordinanza del 16 marzo 2007 e chiedeva l’estinzione del processo.

Il Giudice di Pace di Pozzuoli accoglieva l’opposizione e rigettava la domanda di restituzione compensando le spese tra le parti.

Propone ricorso per cassazione l’Avv. S.S. con cinque motivi.

Parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia "Violazione degli artt. 81, 100 e 182 c.p.c. in riferimento all’art. 360, n. 4 (error in procedendo) – Carenza di legittimazione passiva in capo all’Avv. S.S. del giudizio di opposizione".

Secondo parte ricorrente essendo carente la legittimazione passiva in capo all’Avv. S. va dichiarata l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione, ovvero il rigetto dell’opposizione stessa.

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: "E’ legittima la interpretazione e/o l’applicazione della disposizione normativa ex art. 81 c.p.c., come seguita dal Giudice impugnato che ritiene l’opposizione all’esecuzione accoglibile in quanto l’odierno ricorrente avrebbe agito (dove lo avrebbe letto non è dato sapere) in veste di sostituto processuale, non avendone titolo? Oppure vada applicato il principio che in caso di manifesta (e dichiarata dallo stesso giudicante) carenza di legittimazione passiva in capo all’Avv. S. (odierno ricorrente), vada dichiarata l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione ovvero il rigetto dell’opposizione stessa, stante la titolarità del diritto di credito in capo a soggetto diverso (signor B.G.), come si legge dal titolo giudiziale e dall’ordinanza di assegnazione del Tribunale di Pozzuoli?" Il motivo è inammissibile.

Poichè a norma dell’art. 366-bis c.p.c. la formulazione dei quesiti in relazione a ciascun motivo del ricorso deve consentire in primo luogo la individuazione della regula iuris adottata dal provvedimento impugnato e, poi, la indicazione del diverso principio di diritto che il ricorrente assume come corretto e che si sarebbe dovuto applicare, in sostituzione del primo, è palese che la mancanza anche di una sola delle due predette indicazioni rende inammissibile il motivo di ricorso.

Infatti, in difetto di tale articolazione logico giuridica il quesito si risolve in una astratta petizione di principio o in una mera riproposizione di questioni di fatto con esclusiva attinenza alla specifica vicenda processuale o ancora in una mera richiesta di accoglimento del ricorso come tale inidonea a evidenziare il nesso logico giuridico tra singola fattispecie e principio di diritto astratto oppure infine nel mero interpello della Corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nella esposizione del motivo (Cass. 26 gennaio 2010, n. 1528, specie in motivazione, nonchè Cass., sez. un., 24 dicembre 2009, n. 27368).

Con il secondo e terzo motivo parte ricorrente denuncia rispettivamente denuncia: 2) "Violazione dell’art. 107 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, irritualità del provvedimento di chiamata di terzo nel giudizio di opposizione all’esecuzione"; 3) "Violazione degli artt. 107 e 270 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4 – Omessa cancellazione della causa dal ruolo in caso di inottemperanza all’ordine del magistrato".

Sostiene parte ricorrente che, essendo il giudizio di opposizione all’esecuzione un giudizio che vede un debitore e un creditore già accertati, con un titolo esecutivo di formazione giudiziale, non si può estendere il giudizio stesso ad altri soggetti. Il giudice a quo ha perciò errato nel disporre la chiamata in causa del B.. Si lamenta inoltre che il medesimo Giudice non abbia disposto la cancellazione della causa dal ruolo, in violazione dell’art. 270 c.p.c., comma 2.

I motivi devono essere rigettati.

Quando il convenuto contesti di esser titolare dell’obbligazione dedotta in giudizio indicando un terzo quale esclusivo soggetto passivo della pretesa attrice non v’è necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di detto terzo, in quanto potendo emettersi la pronunzia di accertamento della sussistenza o no di quella titolarità pur con effetti limitati alle parti in causa, non si versa in situazione di impossibilità di adottare una pronunzia idonea a produrre gli effetti giuridici voluti senza la partecipazione al giudizio di determinati soggetti. Ne consegue che nella indicata ipotesi l’intervento del terzo nel giudizio può esser disposto in corso di causa ex art. 107 cod. proc. civ., solo dal giudice di primo grado nell’esercizio di un potere discrezionale ed insindacabile, con l’ulteriore conseguenza che se detto giudice, essendone rimasto inosservato l’ordine di intervento, non abbia provveduto a cancellare la causa dal ruolo a norma dell’art. 270 cod. proc. civ., deve ritenersi che tale ordine sia stato implicitamente revocato (Cass., 1 luglio 1998, n. 6415).

Nel caso in esame l’ordinanza che disponeva la chiamata in causa del terzo è stata implicitamente revocata dal giudice che l’ha emessa.

Si deve altresì rilevare che l’inosservanza dell’ordine di chiamare un terzo, non seguita dalla cancellazione della causa dal ruolo, implica un’implicita revoca dell’ordinanza medesima e la regolare prosecuzione del processo.

Con il quarto motivo si denuncia "Violazione degli artt. 50 e 307 c.p.c. e art. 184 disp. att. c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4 – Inammissibilità e tardività della riassunzione – estinzione del giudizio".

Si sostiene che la riassunzione è stata effettuata con citazione mentre andava effettuata con ricorso, che la riassunzione è comunque tardiva e che il giudizio andava dichiarato estinto.

Il motivo deve essere rigettato.

La riassunzione davanti al giudice dichiarato competente deve essere fatta con comparsa notificata nel termine di legge al procuratore costituito.

Nel caso di specie la comunicazione dell’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione è avvenuta il 5 ottobre 2005 e la notifica della citazione in riassunzione è avvenuta il 29 dicembre 2005, quindi entro il termine stabilito.

L’impugnata sentenza ammette l’irregolarità dell’atto di citazione non effettuato con ricorso, ma lo ritiene utile allo scopo di consentire la prosecuzione del processo dinanzi al giudice competente (Cass., 1 settembre 1995, n. 9217).

Comunque la dedotta irregolarità dell’atto di riassunzione resta sanata dall’avvenuta costituzione in giudizio dell’opposto. Ciò a dimostrazione della idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo.

Con il quinto motivo si denuncia "Violazione art. 615 c.p.c. e art. 2909 c.c. – Intervenuto giudicato formale e sostanziale – Inammissibilità di deduzione di fatti costitutivi, modificativi ed estintivi precedenti alla formazione del titolo esecutivo giudiziale".

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: "E’ legittima la interpretazione e/o l’applicazione della disposizione normativa ex art. 615 c.p.c. e art. 2909 c.c., come eseguita dal Giudice impugnato il quale ritiene che i fatti (ovvero le eccezioni) antecedenti alla formazione del titolo esecutivo giudiziale sono opponibili al creditore esecutante? – oppure – vada applicato il principio generale e consolidato in giurisprudenza che in sede di opposizione del processo di esecuzione, la pretesa fatta valere dal creditore può essere neutralizzata soltanto con la deduzione di fatti modificativi o estintivi del rapporto sostanziale consacrato dal giudicato, che si siano verificati successivamente alla formazione del giudicato stesso, e non anche sulla base di quei fatti che, in quanto verificatisi in epoca precedente, avrebbero potuto essere dedotti nel giudizio di cognizione preordinato alla costituzione del titolo giudiziale, e risulterebbero perciò in contrasto con l’accertamento contenuto nel giudicato, il quale a norma dell’art. 2909 c.c. fa stato ad ogni effetto tra le parti?".

Il motivo è inammissibile in quanto il relativo quesito si limita a chiedere a questa Corte puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o no la violazione di una determinata disposizione di legge (Cass., 17 luglio 2008, n. 19769).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve infatti compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e in assenza di attività difensiva di parte intimata non v’è luogo a disporre sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e non dispone sulle spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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