Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-05-2011) 22-09-2011, n. 34416

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Svolgimento del processo

A seguito di giudizio abbreviato, il GUP del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, con sentenza in data 15.7.2009, riconosciuta l’attenuante del risarcimento del danno prevalente sull’aggravante dei motivi futili, condannava R.A. alla pena di dieci anni di reclusione (pena base: anni 22 e mesi 6, ridotta ad anni 15 per l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, ulteriormente ridotta ad anni 10 per la scelta del rito abbreviato) per il delitto di cui all’art. 575 c.p., avendo il predetto cagionato la morte di S. A., esplodendogli contro, da breve distanza, un colpo di fucile automatico cal. 12 che lo attingeva all’altezza della regione toracica. In (OMISSIS).

Il fatto veniva ricostruito soprattutto attraverso le dichiarazioni rese dal teste oculare S.A., cugino della vittima:

R.A., nel corso di una battuta di caccia, si era introdotto in una zona in cui i cugini S. avevano collocato un richiamo sonoro per poi appostarsi ad una certa distanza dal richiamo; i S., vedendo il R. cacciare nella zona da loro controllata, si erano recati con la loro autovettura nel luogo in cui si trovava il R.; S.A., sceso dall’auto, si era avvicinato a R. e aveva avuto con lo stesso un litigio molto acceso, pretendendo che si allontanasse immediatamente da quella zona e, intimandogli alla fine di andarsene, aveva – con la mano sinistra usata a mò di schiaffo contro il viso del R. – spinto lo stesso all’indietro; il R., subito dopo aver ricevuto questo schiaffo, dalla distanza di circa tre metri aveva puntato il fucile ed esploso un colpo che aveva attinto il R. al petto; prima di fuggire subito dopo avere ferito mortalmente S.A., aveva anche puntato il fucile contro S.A. che, restando nei pressi dell’auto, aveva assistito a tutta la scena.

Nel giudizio di appello, prima della relazione della causa, il difensore dell’imputato, munito di procura speciale, rinunciava ai motivi di impugnazione, tranne quelli con i quali aveva richiesto l’attenuante della provocazione e le attenuanti generiche, con conseguente riduzione della pena inflitta.

La Corte di assise di appello di Napoli, con sentenza in data 20.10.2010, riconosceva l’attenuante della provocazione e rideterminava la pena in anni 8 di reclusione (pena base anni 21, ridotta ad anni 14 per l’attenuante del risarcimento del danno, ulteriormente ridotta ad anni 12 per l’attenuante della provocazione, ridotta infine di 1/3 per la diminuente del rito abbreviato).

La Corte riteneva preclusa dalla rinuncia ai motivi (uno dei quali riguardava la sussistenza dell’aggravante dei futili motivi) l’esame dell’aggravante de qua, e riteneva comunque sussistente l’attenuante della provocazione, avendo provocato la spinta a mò di schiaffo – certamente un fatto ingiusto – uno stato d’ira e un’immediata reazione che aveva dato luogo all’azione criminosa, compiuta sotto l’effetto dell’offesa ricevuta.

Non accoglieva, invece, la richiesta delle attenuanti generiche, avuto riguardo alla capacità criminale del R., alla spietata freddezza dimostrata nell’esecuzione dell’azione criminosa e alla gravità delle conseguenze.

Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale e il difensore dell’imputato.

Il Procuratore Generale ha chiesto l’annullamento della sentenza per erronea applicazione della legge penale, essendo costante la giurisprudenza nel ritenere incompatibile l’attenuante della provocazione con l’aggravante dei motivi futili.

Il difensore ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata nella parte concernente la mancata esclusione dei motivi futili, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la mancata ulteriore riduzione di pena. Ha chiesto anche che fosse dichiarato inammissibile o infondato il ricorso del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli.

Secondo il ricorrente, l’art. 597 c.p.p., comma 5, che consente al giudice d’appello di applicare d’ufficio una o più circostanze attenuanti, consente al medesimo giudice anche di escludere d’ufficio le circostanze aggravanti incompatibili con le circostanze attenuanti da lui applicate d’ufficio. Peraltro, nella motivazione della sentenza era stata sostanzialmente esclusa la sussistenza dell’aggravante dei motivi futili.

La motivazione della sentenza, invece, appariva contraddittoria nella parte in cui aveva negato le attenuanti generiche, perchè aveva indicato come freddamente spietato il comportamento dell’imputato, mentre poco prima, nel riconoscere l’attenuante della provocazione, aveva osservato che l’imputato aveva perduto il controllo di se stesso e dei suoi freni inibitori. Inoltre, nel considerare le modalità di esecuzione del delitto, si sarebbe dovuto considerare che l’imputato aveva con sè il fucile carico perchè impegnato in una battuta di caccia; aveva sparato solo un colpo, subito dopo essere stato ingiustamente aggredito; aveva puntato il fucile verso S.A. per timore di una reazione di costui; aveva subito avvertito i Carabinieri dell’accaduto.

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati.

Con riguardo al ricorso proposto dal Pubblico Ministero, è vero che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la circostanza dei futili motivi è incompatibile con l’attenuante della provocazione, non potendo coesistere stati d’animo contrastanti, dei quali l’uno esclude l’ingiustizia dell’azione dell’antagonista (V. ex multis Sez. 5 sent. n. 17686 del 26.1.2010, Rv. 247222).

Nel caso di specie, però, la Corte di appello non ha ritenuto compatibile l’attenuante della provocazione con l’aggravante dei futili motivi ma, ravvisando nel fatto in esame l’attenuante della provocazione, non ha potuto tecnicamente escludere l’aggravante dei futili motivi a causa della rinuncia dell’imputato ai motivi di impugnazione, tranne quelli con i quali aveva richiesto il riconoscimento dell’attenuante della provocazione e delle attenuanti generiche. In effetti, per il disposto dell’art. 597 c.p.p., comma 1, l’effetto devolutivo dell’impugnazione circoscrive la cognizione del giudice del gravame ai soli punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti e, una volta che essi costituiscano oggetto di rinuncia, non può il giudice di appello prenderli in considerazione nè può farlo il giudice di legittimità sulla base di un’ipotetica implicita revoca di tale rinuncia, stante l’irrevocabilità di tutti i negozi processuali ancorchè unilaterali (V. Sez. 2 sent. n. 3593 del 3.12.2010, Rv. 249269). D’altra parte la Corte di appello, regolarmente investita da un motivo d’appello con il quale veniva richiesta l’attenuante della provocazione, non poteva non riconoscere detta attenuante, della quale ricorrevano tutti i presupposti – come neppure il Pubblico Ministero ricorrente ha contestato -, e correttamente ha trascurato l’astratto effetto preclusivo della suddetta aggravante, che ha ritenuto sostanzialmente insussistente e che peraltro non aveva già in alcun modo inciso sulla determinazione della pena, per effetto del giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti, non oggetto di impugnazione da parte del Pubblico Ministero. Risulta infatti evidente dalla ricostruzione del fatto ad opera dei giudici di merito che l’imputato, nell’immediatezza del fatto e sotto l’effetto di uno stato d’ira, ha reagito ad un’offesa ingiusta, costituita da un’aggressione fisica alla sua persona che aveva anche, per le sue modalità (schiaffo in faccia), una indubbia carica di disprezzo.

Dalla motivazione della sentenza impugnata risultano adeguatamente giustificati il diniego delle richieste attenuanti generiche e la determinazione della pena, essendosi tenuto conto dei criteri di cui all’art. 133 c.p., considerando in particolare l’allarmante capacità criminale del R., per la facilità con la quale ha ucciso un uomo per l’offesa ricevuta, la gravità delle conseguenze della sua azione e il comportamento complessivo dell’imputato dopo la commissione del fatto.

Pertanto, i ricorsi devono essere rigettati, e al rigetto del ricorso dell’imputato consegue per legge la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna l’imputato ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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