Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 11-10-2011, n. 648

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 1532 del 2004 il T.A.R. Palermo ha respinto il ricorso proposto dalle signore Gr. avverso la delibera di adozione del nuovo P.R.G. del comune di Bagheria.

Le soccombenti hanno impugnato tale sentenza avanti a questo Consiglio di Giustizia Amministrativa il quale con la decisione n. 960 del 2010 ha accolto l’appello, annullando l’atto impugnato.

A sostegno del decisum il Consiglio ha rilevato che il comune – alterando la corretta scansione procedimentale – aveva formulato le direttive da seguirsi nell’elaborazione del piano solo dopo aver affidato il relativo incarico al Dipartimento universitario di storia e progetto dell’architettura.

Di tale decisione il comune di Bagheria, con il ricorso all’esame, domanda la revocazione per contrasto di giudicati ai sensi dell’art. 395 n. 5 cod. proc. civ.

Osserva a tal fine il comune che il Consiglio, con le coeve decisioni nn. 825/2009, 933/2009 e 126/2010, ha respinto altri ricorsi proposti contro il P.R.G., reputando infondata la censura che la decisione revocanda ha invece accolto.

Si sono costituite le originarie appellanti instando per l’inammissibilità e l’infondatezza della domanda.

Si è altresì costituita l’Università degli Studi di Palermo.

Hanno spiegato intervento ad opponendum i soggetti in epigrafe indicati, i quali eccepiscono l’inammissibilità della domanda.

Le parti hanno presentato memorie e note di replica, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.

All’udienza dell’8 giugno 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Come riferito nelle premesse il comune ricorrente domanda la revocazione della decisione di questo Consiglio n. 960 del 2010, ritenendola viziata per contrasto di giudicati ai sensi dell’art. 395 n. 5 del codice di procedura civile.

In tal senso il ricorrente evidenzia che con la citata decisione questo Consiglio, adito dalle signore Gr., ha accolto il loro appello annullando la delibera di adozione del nuovo P.R.G. di Bagheria.

A sostegno del decisum il Consiglio ha in quell’occasione rilevato che il comune – alterando la corretta scansione procedimentale – formulò le direttive da seguirsi nell’elaborazione del piano solo dopo aver affidato il relativo incarico al Dipartimento universitario di storia e progetto dell’architettura.

Ciò premesso osserva il comune ricorrente che il Consiglio, con le coeve decisioni nn. 825/2009, 933/2009 e 126/2010, ha respinto ricorsi proposti da altri cittadini contro lo stesso P.R.G., reputando infondata proprio la censura che la decisione revocanda ha invece accolto.

Ne consegue, secondo il comune, che la decisione n. 960/2010 contrasta irrimediabilmente con le statuizioni contenute nelle altre decisioni ora citate e va perciò revocata.

Nè a tal fine rileverebbe la circostanza che le Parti nei cui confronti furono pronunciate le sentenze poste a raffronto siano diverse: dal momento che l’annullamento per ragioni formali del Piano regolatore non può che spiegare effetti erga omnes, deve conseguentemente ammettersi, secondo il ricorrente, una interpretazione estensiva del disposto dell’art. 395 n. 5.

Il ricorso in revocazione è inammissibile.

Per costante giurisprudenza, infatti, ai fini dell’applicazione dell’art. 395 n. 5 cod. proc. civ., perché una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, e, quindi, essere oggetto di revocazione, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale concordanza degli estremi sui quali deve essere espresso il secondo giudizio, rispetto agli elementi distintivi della decisione emessa per prima. Nel caso all’esame le decisioni con le quali la statuizione contenuta nella decisione revocanda contrasta sono state pronunciate nei confronti di parti private diverse, con conseguente inapplicabilità del rimedio revocatorio divisato dall’art. 395 n. 5.

Tale rimedio non è infatti esperibile per richiedere – come in sostanza fa il comune – una sorta di terzo grado di giudizio al fine di ottenere la riforma di una statuizione pregiudizievole o il riesame di una controversia risoltasi sfavorevolmente, sia pure per effetto di un mutamento (stabile o temporaneo) dell’indirizzo giurisprudenziale seguito in casi consimili dal Giudice amministrativo di ultima istanza.

Manifestamente infondata risulta infine la questione di incostituzionalità prospettata dal ricorrente comune con riferimento all’art. 395 n. 5, come costantemente interpretato dalla giurisprudenza.

L’estensione di tale fattispecie revocatoria ai giudicati formatisi tra parti differenti per un verso stravolgerebbe infatti la natura del giudizio di revocazione, consentendo un uso impropriamente generalizzato e "a critica libera" di un mezzo di impugnazione avente invece struttura "strettamente vincolata"; per altro verso procrastinerebbe irragionevolmente quella formazione del giudicato formale ( art. 324 cod. proc. civ.) cui tende l’ordinamento processuale. Il ricorso in revocazione è quindi inammissibile.

Ogni altro motivo od eccezione può essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese di questa fase del giudizio possono essere compensate, avuto riguardo alle peculiarità della vicenda esaminata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso in revocazione in epigrafe.

Compensa spese e onorari di questa fase del giudizio tra tutte le parti costituite.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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