Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-05-2011) 22-09-2011, n. 34424 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza 29 aprile 2010 la Corte d’appello di Caltanissetta quale giudice dell’esecuzione, decidendo su istanza proposta da P.G.C., riconosceva nei suoi confronti il vincolo della continuazione tra i reati di cui alle sentenze emesse dal Tribunale di Gela in data 11.7.2000, irrevocabile 6.12.2006; dalla Corte d’appello di Caltanissetta in data 13.12.2002, irrevocabile il 14.1.2004; dalla Corte di appello di Caltanissetta il 18.9.2007, irrevocabile il 4.11.2009. Rideterminava la pena inflitta al richiedente con le tre sentenze nella misura complessiva di anni quattro di reclusione così calcolata: pena base per il reato a) di cui alla sentenza 13.12.2002 Corte d’appello Caltanissetta anni uno e mesi sei di reclusione, aumentata di mesi quattro di reclusione per il reato C) della medesima sentenza, aumentata di anni uno di reclusione per i reati di cui alla sentenza 11/7/2000 del Tribunale di Gela, aumentata ancora di anni uno mesi due di reclusione per il reato di cui alla sentenza 18.9.2007 della Corte di appello di Caltanisetta. Con la stessa ordinanza la corte d’appello eliminava la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici nei confronti del P. e respingeva la richiesta di revoca dell’indulto proposta dal pubblico ministero.

2 – Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione l’avvocato Fabrizio Ferrara difensore di P.G.C., adducendo censurandone la mancanza di motivazione in punto di quantificazione della pena. Lamenta il ricorrente che la Corte non ha in alcun modo motivato in ordine al criterio utilizzato per la determinazione dei singoli aumenti di pena e tale omissione non consente di cogliere e di sottoporre a valutazione le ragioni che hanno condotto a stabilire la pena finale in anni quattro di reclusione. L’omissione complica la comprensione del provvedimento perchè in alcuni casi la forte d’appello ha determinato l’aumento di pena in misura inferiore al minimo edittale del relativo reato, in altri casi, l’aumento è invece superiore al minimo editale come per il reato di cui alla sentenza 18.9.2007 della Corte d’appello di Caltanissetta.

3.- Il Procuratore Generale con atto del 20.9.2010 ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile perchè le questioni dedotte costituiscono censura di fatto della decisione impugnata in ordine alla determinazione della pena per reati satelliti.

Motivi della decisione

4.- Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Invero, come affermato da questa Corte di legittimità anche con riferimento all’applicazione in sede esecutiva della continuazione, se nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti di molto dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo di motivazione stabilito dall’art. 125 c.p.p.,comma 3, adoperando espressioni come "pena congrua", "pena equa", "congruo aumento";

qualora ritenga, invece, di stabilire l’entità della pena in misura non prossima ai minimi edittali, egli deve esplicitare le ragioni per cui ha così quantificato la pena, facendo ricorso a tutti o ad alcuni dei parametri di cui all’art. 133 c.p., non potendo ritenersi adempiuto il dovere di motivazione con il solo ricorso a mere clausole di stile (Cass. Sez. 1, sent. 22.1.2009, n. 16691, Rv.

243168; Sez. 1, sent. 14.5.2009, n. 23041, Rv 244115).

L’art. 132 c.p. regola la commisurazione discrezionale della pena, sia come scelta della specie e della misura della pena da irrogare che con riguardo ai parametri edittali, in tutti quegli istituti che comportano l’uso del potere discrezionale del giudice. Strettamente connesso alla spendita di discrezionalità nell’esercizio del potere punitivo -riconosciuta al giudice al fine di adeguare la norma astratta al caso concreto- è l’obbligo di motivazione il quale, solo, consente di poter effettuare un controllo esterno del percorso logico seguito dal giudice -con riferimento anche solo a alcuni dei parametri individuati dall’art. 133 c.p.- sia al fine di assicurare una perequazione nei casi consimili, vuoi per ragioni di dignità propria del condannato che ha diritto di essere reso edotto dei motivi per i quali gli è stata irrogata quella determinata pena.

Sotto questo profilo, l’obbligo di motivazione è generale, indisponibile e completo dovendo seguire i canoni della logica e del diritto.

Per quanto l’art. 671 c.p.p. non richiami esplicitamente l’art. 133 c.p. il giudice dell’esecuzione ha comunque il dovere, nell’esercizio del suo potere valutativo discrezionale entro i limiti quantitativi di legge di cui allo stesso art. 671 c.p.p., di dar contezza non solo degli elementi che sono stati oggetto del suo ragionamento, ma anche dei criteri adottati, sia pure con espressioni concise caratteristiche dei provvedimenti esecutivi, onde pervenire alla valutazione unitaria e complessiva dei dati oggetto del suo esame.

Nel caso di specie la forte d’appello ha del tutto omesso di indicare i canoni seguiti nella determinazione degli aumenti di pena applicati per i singoli reati ritenuti in continuazione rispetto a quello considerato più grave, pur avendo fissato gli aumenti stessi talvolta in misura superiore e talvolta in misura inferiore a quella edittale.

Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con riguardo ai criteri di determinazione della pena con rinvio per nuovo esame la Corte di appello di Caltanisetta.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Caltanisetta.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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