Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-05-2011) 22-09-2011, n. 34423 Liberazione anticipata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza 7 giugno 2010 il Tribunale di sorveglianza di Trento respingeva il reclamo proposto da di B.F. avverso l’ordinanza del magistrato di sorveglianza di della stessa sede, emessa in data 4 maggio 2010, con la quale veniva rigettata l’istanza di liberazione anticipata relativamente al semestre di pena espiata dal 4.10.2009 al 3.4.2010. Rilevava il tribunale che il beneficio era stato rigettato a cagione dell’atteggiamento di protervia posto in essere dal d.B. nel sollecitare, attraverso ripetute telefonate effettuate il 2 e il 3 marzo 2010 all’ufficio di sorveglianza di Trento, la definizione di un procedimento concernente istanza di liberazione anticipata presentato nel novembre 2009 e concernete i semestri dal 4.10.2006 al 4.10.2009.

Nelle due circostanze il d.B. aveva rimarcato che la concessione del beneficio era un suo diritto e che con essa egli sarebbe pervenuto al fine pena il 2 marzo 2010.

Secondo il tribunale la suggestiva pressione fatta adducendo il diritto a un beneficio che avrebbe determinato l’immediata scadenza della pena è stata correttamente valutata dal Magistrato di sorveglianza come segnale di protervia posto che il prevenuto non poteva ignorare che nel corso dei semestri dal 4.10.2006 al 4.10.2009, per i quali sollecitava la concessione la liberazione anticipata, egli aveva subito addirittura denunce per evasione, una delle quali approdata nel giugno 2010 a sentenza di condanna in primo grado. Quindi il D.B. avrebbe dovuto astenersi dall’esternare l’aspettativa di beneficio immediatamente liberatorio.

Inoltre rilevava il tribunale che per il reclamo in esame all’udienza camerale si erano aggiunti altri elementi i quali, sebbene relativi ad episodi successivi al semestre in trattazione, confermavano il già emerso radicamento di palese insofferenza all’espiazione e ai relativi vincoli; in particolare il 18.5.2010 il ricorrente, fatto oggetto di due controlli alle 8,20 e alle 9,27, prima sbuffava al cospetto dei carabinieri e poi usava frasi insolenti nei confronti dei militari. Tali circostanze, unitamente valutate inducevano, il tribunale a ritenere che l’istante non avesse profuso il minimo impegno in una seria prospettiva di rieducazione.

2.- Proponeva ricorso per cassazione il difensore di D.B. F. avvocato Mario Dapor assumendo a motivo la violazione della L. n. 354 del 1975, art. 54, anche in relazione agli artt. 2, 3, 21, 24, 27, 97 Cost., nonchè per motivazione illogica è solo apparente. Assume il ricorrente che il tribunale abbia negato il beneficio al d.B. per il suo atteggiamento protervo e petulante consistito nell’esercizio di un diritto: quello di richiedere informazioni circa un altro procedimento di liberazione anticipata relativa semestri precedenti e nell’essersi doluto dei ritardi con cui il Magistrato di sorveglianza esaminava la sua precedente richiesta. Ritiene quindi il tribunale che sia ad apprezzare negativamente ai fini della liberazione anticipata aver sollecitato l’amministrazione a maggior efficienza, negando al cittadino D.B.S. il diritto costituzionale alla libera espressione del suo pensiero e ciò per il solo fatto di essere ristretto in espiazione di pena. E’ poi superflua la motivazione del tribunale là dove afferma che i ritardi nella definizione della pratica di liberazione anticipata erano giustificati perchè il punto è se il condannato avesse il diritto di esprimere la sua critica per i ritardi. Deve infatti ritenersi che il requisito la partecipazione all’opera di rieducazione richiesto dall’art. 54 O.P. non possa mai consistere nella compressione dei diritti costituzionalmente sanciti, nè tantomeno, nell’imposizione al condannato di modalità comportamentali che, lungi dal dimostrare la resipiscenza suggerita dall’art. 27 Cost., dimostrano solo un furbesco poco dignitoso opportunismo.

3.-Il Procuratore Generale presso questa Corte dott. Tindari Baglione, con atto in data 16.9.2010, chiede che la Corte dichiari inammissibile il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

Motivi della decisione

1.- Rileva preliminarmente il Collegio che, come da comunicazione in data 10.5.2011 del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, il ricorrente D.B.F., che aveva fatto ingresso nella Casa Circ. di Rovereto il 3 giugno 2010, a seguito di sospensione della misura della detenzione domiciliare, il 2 dicembre 2010 è stato scarcerato per fine pena.

E’ condizione di ammissibilità per qualunque impugnazione, secondo quanto richiesto dall’art. 568 c.p.p., comma 4, che sussista un interesse effettivo, in quanto volto alla rimozione delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dal provvedimento impugnato (Cass. Sez. 6, Sent. 21.4.2006, n. 24637, Rv. 234734); tale interesse deve poi persistere sino alla decisione e non può consistere nella mera ed astratta pretesa alla esattezza teorica del provvedimento impugnato" (Cass. S.U. Sent. 12.10.1993 n. 20) priva cioè di incidenza pratica sull’economia del procedimento e sulla situazione reale del ricorrente.

Nel caso di specie l’avvenuta espiazione della pena in relazione alla quale era domandato il beneficio della liberazione anticipata ha determinato, dopo la proposizione del ricorso, il venir meno dell’interesse del D.B. alla decisione in quanto non potrebbe, in ogni caso, essere abbreviata una pena ormai estinta per essere stata totalmente eseguita potrebbe trovare applicazione l’istituto della fungibilità non essendo la liberazione anticipata menzionata nell’art. 657 c.p., comma 2.

Dunque, essendo venuto meno l’interesse a coltivare l’impugnazione avverso l’ordinanza che respingeva la richiesta di liberazione anticipata ormai non più concedibile, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Il venir meno dell’interesse, sopraggiunto alla proposizione del ricorso, non configura un’ipotesi di soccombenza e pertanto si ritiene che il ricorrente non debba essere condannato nè alle spese processuali nè al pagamento della sanzione in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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