Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-05-2011) 22-09-2011, n. 34422 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza in data 7 aprile 2010 il Tribunale monocratico di Verbania, in funzione di (giudice dell’esecuzione, decideva unitamente due distinti incidenti di esecuzione promossi: uno dal Procuratore della Repubblica con richiesta depositata il 4.12.2009, l’altro dall’avvocato Palumbo difensore di J.S., con richiesta depositata il 12.2.2010. Il pubblico ministero chiedeva l’applicazione del beneficio dell’indulto ex L. n. 241 del 2006 in relazione alla pena di Euro 300,00 di multa inflitta alla J. con sentenza 11.5.2007 del Tribunale per i minorenni di Ancona; la difesa invece domandava l’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione alle seguenti sentenze: 1) Tribunale per i minorenni di Venezia dell’8.5.2001, irrevocabile il 3.10.2002; 2) Tribunale per i minorenni di Genova del 6.12.2000, irrevocabile il 11.2.2001; 3) Corte di appello per i minorenni di Venezia del 18. 4. 2000, irrevocabile il 12.3.1998; 4) Tribunale per i minorenni di Ancona dell’11.5.2007; irrevocabile il 9.10.2008; 5) Tribunale per i minorenni di Firenze del 26.5.2004, il 20.11.2004; 6) Tribunale per i minorenni di Genova del 12.10.2004, irrevocabile il 5.4.2006; 7) Tribunale di Torino del 20.5.2005, irrevocabile il 16.10.2005; otto) Tribunale di Torino del 13.2.2002, irrevocabile il 9.10.2002; 9) Tribunale di Crema del 7.12.2002, irrevocabile il 22.10.2003; 10) Tribunale di Rimini 16.7.2003, irrevocabile e il 16.10.2003. Il giudice dell’esecuzione riteneva preliminarmente infondata l’eccezione di incompetenza sollevata all’udienza camerale, affermava, infatti, che pur essendo passata in giudicato il 12.1.2010 la sentenza del Tribunale di Pavia n. 148/2007, poichè la domanda di applicazione del beneficio dell’indulto era stata depositata il 4.12.2009, restava radicata la competenza in capo al giudice dell’esecuzione adito prima del passaggio in giudicato della ulteriore condanna, in forza della sentenza del Tribunale di Verbania divenuta revocabile il 1.3.2009.

Accoglieva,quindi, la richiesta del pubblico ministero e applicava l’indulto in relazione alla pena di Euro 300,00 di multa inflitta alla J. con la sentenza 11.5.2007 del Tribunale per i minorenni di Ancona. Respingeva, invece, la richiesta del difensore della J. di applicazione del vincolo della continuazione tra i reati giudicati con i titoli indicati non ritenendo sufficiente per assumere la previa comune ideazione dei reati, e quindi l’identità del disegno criminoso, la circostanza che gli stessi riguardassero le medesime o analoghe fattispecie penali e presentassero una certa contiguità temporale. Rilevava inoltre che reati erano stati commessi non solo a diversi mesi di distanza gli uni dagli altri, ma altresì in luoghi distanti anche centinaia di chilometri l’uno dall’altro e questi risultavano elementi sintomatici di una abitualità al crimine, piuttosto che dell’attuazione di un progetto criminoso anticipato e unitario.

2- Avverso l’ordinanza propone ricorso il difensore di J. S., avvocato Cosimo Palumbo, per i seguenti motivi:

1)- Erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 665 c.p.p., comma 4. Si duole il ricorrente che il giudice abbia ritenuto la propria competenza a decidere in quanto la domanda di applicazione del beneficio dell’indulto da parte della procura di Verbania era stata depositata il 4.12.2009 e, dunque in data anteriore al passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Pavia ed evidenziava come, invece, l’incidente di esecuzione ex art. 671 c.p.p., era stato depositato dal difensore presso la cancelleria del Tribunale di Verbania il 12.2.2010, in epoca, quindi, successiva al passaggio in giudicato della suddetta sentenza del Tribunale di Pavia divenuta irrevocabile il 12.1.2010. Si trattava infatti di due distinte procedure la prima relativa all’applicazione dell’indulto doveva e poteva essere decisa de plano senza fissazione della camera di consiglio come previsto dagli artt. 672, 667 c.p.p., comma 4, la seconda, invece, doveva essere comunque trattata in camera di consiglio e per la stessa non può ritenersi applicabile il principio della perpetuatici jurisdizionis enunciato dal giudice dell’esecuzione, posto che l’ultimo titolo esecutivo non è sopravvenuto al deposito dell’istanza ex art. 671 c.p.p.. Il Tribunale di Verbania avrebbe dovuto dichiarare la propria incompetenza e trasmettere gli atti al Tribunale di Pavia, giudice competente ai sensi dell’art. 665 c.p.p., comma 4, già al momento della presentazione della domanda. E si tratta di nullità che può essere rilevata d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del procedimento.

2) Vizio di motivazione art. 606 c.p.p., comma 1 lett. e). Assume il ricorrente che le motivazioni del giudice dell’esecuzione per rigettare l’istanza di applicazione della disciplina del reato continuato non siano idonee. Osserva in proposito che l’istanza difensiva conteneva una richiesta principale di riconoscimento del vincolo della continuazione tra tutte le sentenze indicate nell’ordinanza impugnata ed una richiesta subordinata riguardante le suddette sentenze divise in due distinti gruppi. La richiesta principale si fondava, oltre che sull’omogeneità delle violazioni e sul lasso di tempo intercorso tra le violazioni stesse, sulla circostanza che il vincolo della continuazione era stato già riconosciuto, in sede di giudizio di merito, per reati giudicati con le sentenze 26.5.2004 del Tribunale per i minorenni di Firenze e 13.2.2002 del Tribunale di Torino. La motivazione del provvedimento impugnato, che non ha tenuto conto delle specifiche deduzioni difensive, è generica ed apodittica e può essere classificata come una motivazione apparente. Neppure il giudice dell’esecuzione ha preso in considerazione la richiesta formulata, in subordine, dalla difesa di riconoscere il vincolo della continuazione tra due diversi gruppi di sentenze di provvedimento impugnato risulta pertanto affetta da vizio di mancanza di motivazione anche in relazione alla richiesta subordinata.

3.- Il Procuratore Generale presso questa corte con atto depositato il 20 settembre 2010 chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle Ammende.

Motivi della decisione

1.- Il ricorso è fondato in relazione al primo motivo dedotto l’accoglimento del quale preclude l’esame del secondo.

2.- E’ principio di diritto del tutto pacifico che quando un soggetto ha subito più condanne definitive da giudici diversi, la competenza a provvedere in ordine all’esecuzione delle diverse sentenze è del giudice del provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo, anche qualora si tratti dell’esecuzione di un provvedimento, sentenza o decreto emesso da un giudice diverso.

L’art. 665 c.p.p., comma 4, nel dettare le regole per la determinazione della competenza del giudice dell’esecuzione stabilisce che essa deve essere fissata sulla base della sentenza divenuta irrevocabile per ultima, ancorchè questa non sia compresa nel cumulo (Cass., Sez. 1, sent. 1,6.1994, n. 2650, Rv. 198934).

Altrettanto pacifico, sulla base della costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità è che tale competenza, che ha carattere funzionale ed è, perciò, assoluta ed inderogabile, pertanto la nullità conseguente alla sua inosservanza può essere rilevata d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del procedimento (tra le tante: Cass., Sez. 1, sent. 15.2.2006, n. 8849, Rv. 198934;; Cass., Sez. 1, sent. 4.7.2008, n. 31946, Rv. 240775; Cass. Sez. 1 sent.

2.12.2009, n. 49378, Rv. 245953; Cass. Sez. 1 sent. 28.4.2010, n. 18734, Rv. 247455).

Nel caso di specie il Tribunale di Verbania nell’affermare la propria competenza a decidere quale giudice dell’esecuzione sulla richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato, nonostante prima della presentazione di tale richiesta fosse passata in giudicato il 12.1.2010 la sentenza Tribunale di Pavia n. 148/2007, ha violato i principi in materia di competenza funzionale incorrendo in una nullità di carattere generale, assoluta e rilevabile d’ufficio.

Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio in relazione alla richiesta ai sensi dell’art. 671 c.p.p. e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale di Pavia per quanto di sua competenza.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla richiesta ai sensi dell’art. 671 c.p.p. e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Pavia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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