Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 30-01-2012, n. 1274 Retribuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 18.2.2009, in parziale accoglimento dell’appello proposto della srl SOFT nei confronti di B.M. e B.A., avverso la sentenza di primo grado – che aveva disposto la condanna della società, al pagamento, in favore dei predetti, di somme per differenze retributive e 13 mensilità, ferie non godute, festività soppresse, differenze per lavoro straordinario, t.f.r. e differenze per indennità di preavviso – condannava la società al pagamento della minore somma complessiva di Euro 24.520,50, in favore di B.M., e di quella di Euro 3.606,27, in favore di B.A., oltre rivalutazione monetaria ed interessi dalla maturazione dei singoli diritti al saldo. Rilevava la Corte del merito che per B.M. non poteva ritenersi provata la subordinazione per il periodo anteriore al 15.9.1982, antecedente alla sua assunzione a tempo indeterminatò che la prescrizione quinquennale non operasse che per il periodo successivo alla cessazione del rapporto; che trovava applicazione in via parametrica il c.c.n.l. di settore; che doveva ritenersi dimostrata l’effettuazione di lavoro extraorario di notte e nei giorni festivi, onde, non risultando contestati specificamente i conteggi allegati in ricorso e sulla base delle conclusioni della CTU espletata, potevano riconoscersi, in favore dei lavoratori, le somme suindicate, nelle quali era stato aggiunto l’importo per il preavviso, non calcolato dall’ausiliare.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la Soft con cinque motivi.

Resistono, con controricorso, B.M. e B.A., che propongono anche ricorso incidentale fondato su due motivi e depositano memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Va, preliminarmente, disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale, la società denuncia la erroneità della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, individuando lo stesso nella correttezza dei conteggi allegati ai ricorsi introduttivi dei giudizi di primo grado e nell’asserita mancata contestazione specifica. Rileva che la Corte di Appello aveva respinto le richieste riguardanti lo straordinario, questione coperta da giuramento decisorio, e la pretesa di B. M. di pagamento dei compensi per l’attività svolta anteriormente al settembre 1982 ed accolto la richiesta riguardante le altre differenze salariali, ritenendo non contestati specificamente i conteggi, laddove la contestazione della pretesa dei ricorrenti doveva intendersi riferita anche i calcoli, essendosi asserito di contestare il presupposto della prima, ossia la prestazione di attività lavorativa per un tempo superiore a quello indicato nelle buste paga, con la conseguenza che non vi era necessità di contestazione specifica anche dei conteggi.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta l’erroneità od omissione della motivazione circa una fatto controverso decisivo per il giudizio, individuando il fatto controverso nella prova dell’effettivo svolgimento di attività lavorativa per i periodi per i quali viene richiesta la differenza contributiva ed evidenzia che le differenze reclamate non dipendono dallo straordinario reso, ma dalla prestazione di attività lavorativa a tempo pieno e non a tempo parziale, che i testi hanno, invece, confermato.

Con il terzo motivo, la società assume la mancanza di motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, indicando come fatto controverso il mancato esame delle osservazioni del consulente tecnico di parte, l’erroneità dei criteri adottati dal C.t.u. nel calcolo delle differenze dovute, pur ridotte dalla Corte di Appello rispetto a quelle riconosciute in primo grado.

Con il quarto motivo, la società rileva il difetto di motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dal pagamento delle differenze dell’indennità di preavviso e, con il quinto, censura la decisione per asserita violazione o falsa applicazione del CNNL del settore industriale metalmeccanico privato per le piccole aziende relativamente all’applicazione del periodo di preavviso, formulando specifico quesito con il quale chiede stabilirsi che il c.c.n.l. del settore, vigente nell’anno 1995, riconosceva agli impiegati con anzianità di otto anni il diritto all’indennità di preavviso pari ad una mensilità.

Il primo motivo involge questioni di fatto, valutate dal giudice del merito in applicazione del principio della non contestazione, in forza dell’onere in tal senso imposto al soggetto processuale che intenda resistere alla pretesa avversaria. Nel rito del lavoro, il convenuto ha l’onere della specifica contestazione dei conteggi elaborati dall’attore, ai sensi dell’art. 167 c.p.c., comma 1 e art. 416 c.p.c., comma 3, e tale onere opera anche quando il convenuto contesti in radice la sussistenza del credito, poichè la negazione del titolo degli emolumenti pretesi non implica necessariamente l’affermazione dell’erroneità della quantificazione, mentre la contestazione dell’esattezza del calcolo ha una sua funzione autonoma, sia pure subordinata, in relazione alle caratteristiche generali del rito del lavoro, fondato su un sistema di preclusioni diretto a consentire all’attore di conseguire rapidamente la pronuncia riguardo al bene della vita reclamato, con la conseguenza che la mancata o generica contestazione in primo grado rende i conteggi accertati in via definitiva (cfr, tra le altre, da ultimo, Cass 18 febbraio 2011 n. 4151).

Il secondo motivo riguarda questioni di fatto e le censure mirano a sollecitare una rivisitazione del merito, non consentita nella presente sede di legittimità, atteso che il ricorso per cassazione, con il quale si facciano valere vizi di motivazione della sentenza, impugnata a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve contenere – in ossequio al disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 4, che per ogni tipo di motivo pone il requisito della specificità sanzionandone il difetto – la precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato, ovvero la specificazione d’illogicità, consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio considerati un significato fuori dal senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi. Ond’è che risulta inidoneo allo scopo il far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito all’opinione che di essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’"iter" formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma in esame. Diversamente, sì risolverebbe il motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni effettuate ed, in base ad esse, delle conclusioni raggiunte dal giudice del merito; cui, per le medesime considerazioni, neppure può imputarsi d’aver omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio ritenuti non significativi, giacchè nè l’una nè l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente di quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, che siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo (in tali termini, cfr. Cass. 23 maggio 2007 n. 120520). Nella specie non risulta che la doglianza abbia evidenziato i profili di omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione nei termini consentiti in sede di legittimità, indicati dalla pronunzia richiamata.

Con il terzo motivo, pur denunziandosi il mancato esame, da parte del giudice del merito, dei rilievi formulati dal consulente tecnico di parte, in dispregio di ogni criterio di autosufficienza del ricorso non si specificano gli errori in cui il giudicante sarebbe incorso, se non richiamando la relazione di c.t.p. il cui contenuto deve ritenersi preso in esame del predetto in mancanza di elementi che dimostrino il contrario e, peraltro, non si precisa in che maniera l’asserito mancato esame delle richiamate osservazioni abbia inciso in termini di decisività sul contenuto della decisione adottata in sede di gravame.

Va, poi, anche osservato che in sede di legittimità la denuncia di un vizio consistente in acritica adesione alla consulenza di primo grado, pur in presenza di elementi richiedenti specifico esame, non può limitarsi alla generica espressione della doglianza di motivazione inadeguata, essendo, invece, onere della parte, in considerazione del principio di autosufficienza del ricorso e del carattere limitato del mezzo di impugnazione, quello di indicare quali siano le circostanze e gli elementi rispetto ai quali si invoca il controllo di logicità sub specie dell’apprezzamento della "causalità dell’errore", ossia della decisività di tali circostanze. A questi fini non basta fare menzione, senza alcuna indicazione, sia pure sintetica e riassuntiva delle relative osservazioni critiche, di una relazione tecnica di parte, come documento non considerato dal giudice a, quo, poichè, in tal guisa, quand’anche si dia per certo il contenuto critico del documento, non è dato apprezzarne la rilevanza nel senso suesposto, atteso che la contestazione dell’esattezza delle conclusioni dell’espleta consulenza mediante la pura e semplice contrapposizione ad esse delle diverse valutazioni espresse dal consulente tecnico di parte non serve, di per se, ad evidenziare alcun errore delle prime – con conseguente insufficienze della motivazione della sentenza che ad esse si sia limitata a riferirsi -, ma solo la diversità dei giudizi formulati dagli esperti (cfr., in tali termin, Cass. 28 marzo 2006 n. 7078).

Il quarto motivo, erroneamente indicato con il n. 5), indica quale fatto controverso il pagamento delle differenze dell’indennità di preavviso senza, tuttavia, indicare in termini di specificità i termini della doglianza, onde deve ritenersi inammissibile, così come il quinto, con il quale si censura la violazione o falsa applicazione del c.c.n.l. del settore industriale metalmeccanico privato relativamente all’individuazione del periodo di preavviso spettante. Il motivo si profila inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, non essendo riportato il contenuto della disposizione contrattuale che si assume violata.

Deve in proposito osservarsi che, anche con riferimento al regime processuale anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, ad integrare il requisito della ammissibilità ed autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione concernente, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (ma la stessa cosa dicasi quando la valutazione deve essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio ai sensi dell’art. 360, n. 3 o di un vizio costituente error in procedendo ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 di detta norma), la valutazione da parte del giudice di merito di prove documentali, è necessario non solo che tale contenuto sia riprodotto nel ricorso, ma anche che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità essa è rinvenibile. L’esigenza di tale doppia indicazione, in funzione dell’autosufficienza, si giustificava al lume della previsione del vecchio n. 4 dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, che sanzionava (come, del resto, ora il nuovo) con l’improcedibilità la mancata produzione dei documenti fondanti il ricorso, producibili (in quanto prodotti nelle fasi di merito) ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., comma 1 (cfr. Cass. 25.5.2007 n. 12239; Cass. 20594/2007; 20437/2008; 4056/2009).

Con il ricorso incidentale, gli intimati denunziano la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione con l’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, relativamente al mancato esame ed alla conseguente mancata motivazione in ordine alla questione relativa alla ammissibilità del giuramento. Assumono che era stato ammesso un giuramento decisorio inammissibile perchè deferito su circostanze di fatto nuove, ossia inserite nella fase di impugnazione, costitutive di una eccezione nuova non proposta in primo grado nè con i motivi di impugnazione, deferito su un fatto illecito (ricorso a fatture false per spiegare una uscita in nero) e deferito a persona che non aveva avuto contezza diretta dei fatti su cui era chiamata a giurare. Osservano che è necessario che la domanda o l’eccezione, di cui il giuramento mira a provare la fondatezza, sia stata tempestivamente proposta, stante il divieto di nuove domande in grado di appello.

Pur se il sostanziale contenuto del motivo mira a sostenere la violazione delle norme sul giuramento decisorio, che trova riscontro nel richiamo all’art. 2739 c.c., la formulazione dei quesiti risulta non conforme al criterio della specificità e della riferibilità al caso esaminato. Il quesito di diritto, richiesto a pena di inammissibilità del relativo motivo, in base alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, deve, infatti, essere formulato in maniera specifica e deve essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in giudizio (v. ad es. Cass. S.U. 5.1.2007 n. 36), dovendo, pertanto, ritenere come inesistente un quesito generico e non pertinente. In particolare, "deve comprendere l’indicazione sia della "regola iuris" adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo" e "la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile" (v. Cass. 30.9.2008 n. 24339).

Del resto, è stato anche precisato che "è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla corretta fattispecie" (v.

Cass. S.U. 30.10.2008 n. 26020), dovendo il quesito integrare (in base alla sola lettura) la sintesi logico-giuridica della questione specifica sollevata con il relativo motivo (cfr. Cass. 7.4.2009 n. 8463).

Alla genericità dei quesiti e della stessa censura proposta (circostanza nuova e fatto illecito), che non precisa gli elementi dai quali sarebbe dato rilevare la novità della circostanza asseritamente dedotta con il giuramento deferito in grado d’appello ed alla inconferenza ed infondatezza del rilievo espresso con la prima doglianza, in quanto il giudice ha implicitamente deciso sulle questioni circa l’ammissibilità del giuramento deferito e poi riferito, ammettendolo, consegue la reiezione del ricorso incidentale.

La reciproca soccombenza, per il rigetto di entrambi i ricorsi, giustifica la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa le spese del presente giudizio tra le parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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