Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-05-2011) 22-09-2011, n. 34421 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza 15 aprile 2010 il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, pronunciando sull’opposizione ai sensi degli artt. 676 e 667 c.p.p., comma 4, avanzata nell’interesse di D. B.M. in relazione al provvedimento 17.2.2010 emesso de plano dallo stesso giudice dell’esecuzione respingeva il gravame.

Osservava che l’ordinanza oggetto di opposizione era stata emessa de plano perchè il giudice adito aveva ritenuto l’inidoneità dell’istituto azionato ai fini del dedotto vizio di nullità. La difesa infatti assumeva la nullità della sentenza contumaciale sul presupposto che sarebbe stata notificata ad un soggetto non convivente e chiedeva che fosse dichiarata la non esecutività della sentenza e, per l’effetto, fosse disposta la rinnovazione della notificazione. Riteneva il tribunale che l’ordinanza dovesse essere invece confermata perchè la riforma legislativa dell’art. 175 c.p.p., pur ampliando le ipotesi di restituzione in termini, non ne ha fatto venire meno il presupposto, che è quello dell’esistenza di una valida notificazione della sentenza per la cui impugnazione si chiede la remissione in termini. Per tali motivi rigettava l’opposizione e confermava ordinanza impugnata.

2.-Propone ricorso D.B.M. assumendo quali motivi:

a) violazione dell’art. 606, lett. C) e E) codice di procedura penale in relazione agli artt. 125, 175, 178 lettera C), artt. 179 666 e 670 c.p.p.. Lamenta il ricorrente che il giudice dell’esecuzione abbia erroneamente ritenuto che nel caso di specie non dovesse essere adito il giudice dell’esecuzione ma dovesse essere proposta, impugnazione tardiva. Eccepisce la nullità del provvedimento impugnato perchè emesso de plano dal giudicante il quale avrebbe dovuto provvedere nelle forme disciplinate dall’art. 666 segg. c.p.p., comma 3, con fissazione dell’udienza e rituale comunicazione alle parti e difensori e non già de plano. Vi è quindi violazione del contraddittorio e in ogni caso, il provvedimento impugnato è totalmente illegittimo laddove esclude l’applicabilità al caso di specie dell’istituto di cui all’art. 175 c.p.p.. Nel caso di specie, infatti, poichè la sentenza della (forte d’appello veniva notificata all’imputato contumace, ma ricevuta da altro soggetto, sussistevano tutti i presupposti di cui al novellato art. 175 c.p.p.. Secondo i principi alla base della riformulazione dell’art. 175 citato, infatti, non incombe più sull’imputato l’onere di dimostrare di aver ignorato l’esistenza del procedimento o del provvedimento senza sua colpa, ma il giudice che deve provare, sulla base degli atti di causa, che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e che abbia volontariamente rinunciato a comparire o proporre gravami. Nè può ritenersi, come affermato dal giudice dell’ordinanza impugnata che il fatto che in data 11.12.2009, la difesa del ricorrente abbia estratto il certificato di stato di famiglia del padre dell’odierno ricorrente, che allegava all’originaria originaria richiesta ex art. 670 c.p.p., costituisca prova della conoscenza del provvedimento.

3.- Il Procuratore Generale dott. Oscar Cedrangolo, ha chiesto con atto depositato il 20 settembre 2010, il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente il pagamento delle spese processuali.

Motivi della decisione

1.- Osserva il Collegio che con la prima richiesta rivolta al giudice dell’esecuzione il D.B. domandava che fosse dichiarata la non esecutività della sentenza 7.4.2008 del Tribunale monocratico di Palermo e che fosse disposta la rinnovazione della notificazione dell’estratto contumaciale non validamente eseguita.

Il giudice dell’esecuzione senza procedere alla convocazione delle parti in camera di consiglio riteneva di dichiarare non luogo a provvedere, con ciò sostanzialmente affermando la propria incompetenza e la manifesta infondatezza della richiesta.

Avverso il provvedimento, qualificato come ordinanza ma reso de plano ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 2, l’interessato proponeva opposizione davanti allo stesso giudice dell’esecuzione il quale, con ordinanza 15.4.2010, rigettava il ricorso confermando l’ordinanza impugnata.

Invero, rileva il Collegio, che lo strumento di impugnazione previsto per fare valere le censure avverso i provvedimenti adottati dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 2 è, per espressa previsione della norma, il ricorso per cassazione e non l’opposizione ex art. 667 c.p.p., comma 4.

Dunque il giudice dell’esecuzione investito dell’opposizione impropriamente promossa avrebbe dovuto procedere alla qualificazione della stessa come ricorso per cassazione e adottare le determinazioni conseguenti in forza del principio generale di conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis stabilito dall’art. 568 c.p.p., comma 5.

Ne consegue che l’ordinanza, resa de plano il 15.4.2010 dal Tribunale Monocratico di Palermo in difetto funzionale di competenza a decidere sull’impugnazione, e in ogni caso in violazione dell’art. 666 c.p.p., comma 3, deve essere dichiarata nulla e questa Corte, qualificata l’originaria opposizione come ricorso per cassazione, deve procedere all’esame delle censure con essa dedotte avverso il provvedimento primigenio adottato dal giudice dell’esecuzione il 17.2.2010.

Riguardo tale provvedimento è fondata, con carattere di pregiudizialità e portata assorbente rispetto alle altre, la censura relativa alla adozione del provvedimento stesso in assenza di contraddittorio ed in violazione delle forme procedurali stabilite dall’art. 666 c.p.p., comma 3, sul rilievo che il potere del giudice dell’esecuzione di dichiarare l’inammissibilità- o comunque di pronunciarsi sulla palese infondatezza dell’istanza pur adottando diversa formula- senza contraddittorio è limitato ai casi in cui appaiano ictu oculi insussistenti i presupposti normativi della richiesta, rimanendo riservate al rito camerale sia la pronuncia di incompetenza sia questioni di diritto di non univoca soluzione (Cass. Sez. 1, sent. 27.4.2004 n. 24164, Rv. 228996).

In proposito è d’uopo rilevare come nel caso di specie la questione sottoposta al giudice dell’esecuzione concerne questione di diritto sicuramente complessa, anche alla luce delle numerose pronunce di questa Corte che hanno stabilito, tra l’altro, il principio, secondo cui "Spetta al giudice dell’esecuzione la competenza a provvedere sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione che sia accompagnata dalla richiesta di declaratoria di non esecutività della sentenza (nella specie, contumaciale) per invalidità della notificazione e quindi per inesistenza del titolo esecutivo" ( Cass. Sez. 1 , sent. 20.4.2010, n. 16645, Rv. 247561), ovvero "Determina la nullità della decisione di incompetenza la violazione della regola di competenza funzionale, di cui all’art. 670 cod. proc. pen., comma 3, che impone al giudice dell’esecuzione, se non deve dichiarare la non esecutività del provvedimento, di decidere sulla richiesta di restituzione nel termine, contestualmente proposta dal condannato." (Cass. Sez. 1, sent. 28.4.2010, n. 18734, Rv. 248996).

Per le ragioni sopraesposte deve essere annullata senza rinvio l’ordinanza emessa il 15.4.2010 in sede di opposizione mentre, in accoglimento dell’opposizione proposta dall’interessato e qualificata quale ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 2, deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale monocratico di Palermo l’ordinanza emessa il 17.2.2010.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio l’ordinanza emessa il 15.4.2010.

Qualificata l’opposizione contro l’ordinanza emessa il 17.2.2010 come ricorso per cassazione annulla l’ordinanza predetta e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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